https://www.huffingtonpost.it/ 22/09/2019
La risoluzione dell'Europarlamento su comunismo e nazismo è un capolavoro di propaganda di Simone Oggionni Responsabile nazionale Cultura di Articolo Uno
Ci sono fatti che sono veri segni del tempo. Fatti e atti. Atti parlamentari. Nello specifico, giovedì scorso, la risoluzione approvata dal Parlamento europeo “sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” (2019/2819). Leggetela, è un capolavoro di propaganda, un esempio di scuola di cattiva storiografia e di strumentalizzazione in chiave politica della storia. Non so chi l’abbia scritto, ma purtroppo so chi l’ha votato, compresi buona parte dei deputati del Pse e del Pd. Cosa dice questa risoluzione? Innanzitutto che il patto Molotov-Ribbentrop (23 agosto 1939) è la causa scatenante della II guerra mondiale e che dunque la responsabilità ultima del più devastante conflitto del Novecento è - in misura condivisa - di Hitler e dell’Unione Sovietica. Si dimenticano, colpevolmente, molti tasselli che precedono e spiegano quel patto: innanzitutto il patto di non aggressione siglato tra la Germania nazista e la Polonia nel gennaio 1934. In secondo luogo le reiterate richieste sovietiche rivolte a Gran Bretagna e Francia allo scopo di stringere un patto anti-tedesco, anche a difesa della Polonia, sin dal 1937. In terzo luogo il rifiuto opposto da parte del governo polacco, ancora a metà del mese di agosto 1939, a un aiuto militare sovietico, che era stato esplicitamente offerto dalla diplomazia sovietica e da Molotov in prima persona. Infine, lo scellerato patto di Monaco del settembre 1938 con cui Francia e Gran Bretagna legittimarono e avallarono l’invasione tedesca dei Sudeti, punto di approdo di una politica di appeasement (di acquiescenza e subalternità, tutta in chiave anti-comunista, affidando al fascismo europeo e a Hitler in particolare il compito di baluardo anti-sovietico nel cuore dell’Europa) che dalla rimilitarizzazione della Renania del 1936 all’annessione dell’Austria porta, appunto, all’invasione dei Sudeti. Bene: alla fine dell’agosto del 1939, con i motori della guerra già accesi, e l’Unione Sovietica strategicamente nel mirino nazista (ricordiamoci che la lotta per lo spazio vitale e la guerra al giudeo-bolscevismo erano gli assi strategici del nazionalsocialismo e gli obiettivi militari dell’Asse, come l’operazione Barbarossa del 1941, l’invasione dell’Urss, dimostrò incontrovertibilmente), prendere il tempo necessario per riorganizzare l’apparato militare-industriale sovietico, in funzione dello scontro inevitabile, risultò decisivo. Ma la risoluzione del Parlamento europeo non si ferma qui: dipinge l’Europa del secondo dopoguerra (anzi: l’Europa tra il 1945 e il 1989) con la retorica della guerra fredda, con il manicheismo del rapporto Kennan, con l’enfasi del discorso di Churchill del marzo 1946 sulla “cortina di ferro”. Da una parte l’Europa occidentale come patria della libertà e della democrazia. Dall’altra il mostro sovietico e l’Europa orientale come teatro della dittatura e del terrore. Non capisco, la guerra fredda dovrebbe essere finita da un pezzo. E il tema di un Continente a sovranità limitata dovrebbe essere - a distanza di trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino - affrontato con maggiore onestà intellettuale, consapevoli che quell’Europa era divisa in sfere d’influenza e che il processo di integrazione nacque - specularmente al sistema del Cominform e del patto di Varsavia - all’interno del piano Marshall e nel sistema militare del Patto Atlantico. Inoltre - sulla base di queste premesse - la risoluzione propone l’equiparazione esplicita tra nazismo e comunismo, cioè tra il male assoluto del Novecento e una forza storica che, sul piano morale e militare, fu decisiva, al prezzo di venti milioni di morti, per sconfiggerlo. Una forza storica che compì errori tragici, errori e orrori come spesso si è detto, ma che in alcun modo può essere equiparata al nazismo. E una forza morale e ideale, in nome della quale in Italia e in tutta Europa generazioni di donne e uomini hanno pensato e lottato per migliorare le condizioni di vita di milioni di lavoratori e cittadini. Infine, coerentemente, il Parlamento europeo invita “gli Stati a formulare una valutazione chiara sui crimini dei regimi comunisti”, chiedendo cioè ai governi di occuparsi di storia (secondo le linee guida contenute nella risoluzione); ed esalta la legislazione di alcuni Paesi preda di regimi post-democratici e autoritari, come Ungheria, Polonia, Ucraina, nei quali il comunismo è reato. Si capisce qual è il senso di tante sgrammaticature e il testo della risoluzione, in alcuni punti, lo dice esplicitamente: attaccare la Russia, già oggetto di sanzioni. Anche sul terreno tattico, questo isolamento, questa nuova guerra fredda è un errore. A maggior ragione se viene combattuta con le armi (spuntate) della propaganda ideologica.
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