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giovedì 31 ottobre 2019

 

Catalogna: anarchici o nazionalisti?

di Tomás Ibáñez

 

Catalogna, ottobre 2019: quando veniamo accecati dalle fiamme delle barricate ed assordati dagli spari della polizia. 

 

A proposito dei recenti avvenimenti, e tuttora in corso, in Catalogna, voglio proporre qui il punto di vista di Tomás Ibáñez, di Barcellona:

« Come non potrebbe rallegrarsi, un cuore anarchico, quando c’è un certo numero di persone che non solo sfida, ma addirittura attacca le forze repressive, assumendosi tutti i rischi che ne derivano?

 

Come potrebbe, la fibra anarchica, non vibrare all’unisono quando ci sono persone che gridano contro gli arresti, esigendo la liberazione dei prigionieri e domandando la fine della monarchia?

Come non lasciarsi coinvolgere da una rivolta tumultuosa e, se il nostro fisico lo permette, come non cercare di essere in prima linea in una simile battaglia?
È chiaro che le barricate, gli incendi, gli scontri corpo a corpo contro la polizia infiammano quello che è il nostro immaginario libertario, e fanno ribollire il nostro sangue. Inoltre, siamo ben consapevoli che è a partire da episodi di lotta di questo tipo che a volte nascono avvenimenti sovversivi imprevedibili che superano di gran lunga quelle che sono le motivazioni e le circostanze iniziali delle rivolte.
È quindi inutile dire che capisco perfettamente come un settore dell’anarchismo abbia potuto rispondere energicamente all’appello lanciato dal governo catalano e dalle organizzazioni nazionali indipendentiste per protestare contro la condanna di alcuni membri del precedente governo e dei due dirigenti delle stesse organizzazioni nazionali indipendentiste. Inoltre, comprendo perché questi settori dell’anarchismo affermino di non aver risposto a quegli appelli, ma che comunque sarebbero scesi per conto proprio e di propria iniziativa nella strada. Capisco tutto questo, ma mi è difficile riuscire a nascondere alcuni dubbi che mi tormentano.
Quello stesso cuore anarchico al quale alludevo non dovrebbe forse rimanere in qualche modo perplesso nel trovarsi coinvolto in una rivolta incoraggiata da quelle che sono le più alte istanze del potere politico?

Quella fibra anarchica, non dovrebbe sentirsi un po’ a disagio a causa degli innegabili echi nazionalisti della lotta cui partecipa? Tale perplessità e tale disagio, a mio avviso, forse dovrebbero indurre ad una piccola pausa dello slancio combattivo, in modo di cerca delle risposte ad alcuni interrogativi. Perché:

Siamo d’accordo (oppure no?) sul fatto che le istituzioni catalane e le organizzazioni nazionali indipendentiste è dato tempo che sollecitano, e lo fanno in maniera reiterata, nel momento in cui sarebbe stata resa nota la sentenza, lo scatenarsi di una massiccia reazione popolare?

Siamo d’accordo (o no?) sul fatto che questa risposta popolare, oltre a suscitare la naturale simpatia da parte di coloro che lottano contro il sistema, fa parte integrante di quello che è il lungo “processo” messo in atto al fine di avanzare verso l’indipendenza nazionale della Catalogna?

Siamo d’accordo (o meno?) che senza l’azione instancabile delle istituzioni e dei loro mezzi di comunicazione, nonché senza la mobilitazione permanente delle organizzazioni nazionali indipendentiste, difficilmente la risposta avrebbe raggiunto le dimensioni che ha avuto?

Siamo d’accordo (oppure no?) che se le manifestazioni e gli assembramenti sono così di massa, ciò è perché alcune centinaia di migliaia di persone accorrono, e che sono, nella loro immensa maggioranza, profondamente nazionalisti?

Sicuramente, per mettersi in mezzo, non si tratta di aspettare che una rivolta presenti degli innegabili aspetti anarchici, anche perché ciò significherebbe, nella pratica, la rinunzia ad ogni azione. Tuttavia, l’assenza di discernimento circa le rivolte cui noi dobbiamo partecipare, e nelle quali dobbiamo lottare, annulla anche quella che è l’eventuale efficacia emancipatrice delle nostre azioni. Il che equivale ad un’assenza di azione o, peggio ancora, a delle azioni controproducenti. Impegnarsi in delle lotte popolari che sono tutt’altro che anarchiche, come quelle del Cile o dell’Ecuador, hanno delle giustificazioni che mancano alle lotte sostenute dal potere e che hanno echi nazionalisti. Esigere la liberazione dei prigionieri e delle prigioniere? Ciò, ovviamente, va da sé! Ma questo senza correre a rispondere al fischio di coloro che ci chiedono di manifestare per questo genere di richiesta solo quando si tratta di prigionieri e di prigioniere nazional-indipendentisti. I miei dubbi sul rispondere a questo genere di appelli, spariranno assai velocemente non appena vedrò che vengono lanciati anche per domandare la liberazione di un altro genere di prigionieri e di prigioniere. Diversamente, sarà per me assai difficile non pensare che la mia repulsione per la prigione viene strumentalizzata e messa al servizio di valori ed obiettivi che sono ben lontani dall’essere quelli che io difendo in quanto libertario. Per quanto belle siano le fiamme delle barricate, e per quanto scandalose possano essere le pallottole sparate dalla polizia, non dobbiamo lasciare che quelle fiamme ci impediscano di vedere quali sono i percorsi ingannevoli che esse illuminano, né dobbiamo lasciare che quegli spari ci impediscano di poter ascoltare e comprendere le lezioni che ci insegna la lunga storia delle nostre lotte emancipatrici».

 

Tomás Ibáñez (Barcelone, octobre 2019)