https://www.avvenire.it/ domenica 12 maggio 2019
Tutte le guerre dei mercenari: affare di morte da 60 miliardi di Francesco Palmas
I contractor protagonisti in Libia, Siria e Venezuela. Americani, britannici, francesi, russi e cinesi i più attivi
È un mercato florido, in piena espansione come quello delle armi. Il mondo dei contractor e dei nuovi mercenari naviga nell’oro, con cifre che veleggiano intorno ai 50-60 miliardi di dollari l’anno. Parliamo di una galassia caleidoscopica, formata da migliaia di aziende, unità di business impersonali che si danno spesso un’aura morale. Delle prime mille imprese di sicurezza e di difesa, 211 sono anglosassoni, 11 francesi, altrettante russe e qualcuna cinese, come Beijing Security Service, Hua Xin Zhong An Security Service, Shandong Huawei Security Group, DeWe Security Service e Ding Tai An Yuan Security. L’Africa e il Medio Oriente ri-È mangono i terreni d’elezione principali. Si pensi alla Nigeria e alla guerra contro Boko Haram, alla Libia e al confronto tra milizie eterodirette, all’antiterrorismo nel Sahel, agli addestratori russi in Repubblica Centrafricana e Sudan, alle “guardie” cinesi per la nuova via della Seta, ai tedeschi in Ruanda e agli ucraini un po’ dappertutto. In Yemen, stime attendibili parlano di 600-800 mercenari colombiani sul terreno, reclutati dall’Arabia Saudita e pagati da Abu Dhabi. Sono quasi tutti veterani delle forze d’élite, filtrati dalla società Reflex Response di Erik Prince, fondatore di Blackwater, che rendiconta direttamente al principe Mohammed ben Zayed al Nahyane. Molti “colombiani” hanno ruoli di comando sul terreno. Alcuni ci hanno lasciato la pelle come l’australiano Philip Stitman, comandante del contingente. In Africa, la DeWE Security Service ha strappato il contratto per proteggere la linea ferroviaria Nairobi-Mombasa e un impianto di liquefazione del gas naturale. Un affare da 4 miliardi di dollari, mai affidato prima ad una società di sicurezza privata cinese. Pechino ha almeno 3.200 contractor sparsi a livello internazionale. Per quanto possa sembrare paradossale ha anticipato i russi nella legalizzazione del nuovo business. I lanzichenecchi moderni russi devono infatti esser reclutati da società registrate all’estero. Ma grazie ai servizi resi in Cecenia, Ucraina, Siria, Centrafrica, Sudan, Egitto e, soprattutto, Libia e Venezuela, il clima sta cambiando. Il “Corpo slavo” o la Compagnia Wagner, pur acquartierati a Kong Kong e in Argentina, hanno uffici in Russia e si addestrano in poligoni ufficiali. Il Cremlino ne sta facendo uso a man bassa nelle sue guerre ibride, per operazioni più o meno clandestine, spesso al fianco delle forze speciali e dei vassalli locali. Come a Caracas in queste settimane. Ecco perché gli eserciti privati russi stanno lievitando. Contano già diverse migliaia di uomini, in prevalenza ex militari di età media compresa fra i 35 e i 55 anni. Le paghe sono senza pari. Variano a seconda della specializzazione. Un pilota o un artigliere incassano molto più di un semplice fante. La mercede degli ex ufficiali dovrebbe aggirarsi sui 4mila dollari al mese. Una volta ufficializzate anche in Russia, le società e i loro volontari godranno di protezioni sociali e legali, di pensioni, cure mediche e assistenza familiare in caso di decesso, che sul campo avviene nel più completo anonimato. La mossa del governo russo aprirebbe a una svolta anche sul mercato internazionale, perché le società militari del Cremlino diventerebbero estremamente concorrenziali, imbattibili nel rapporto qua-lità prezzo. Le opportunità purtroppo non mancano. Con la fine della Guerra fredda, sono aumentati i conflitti civili e i focolai di tensione infrastatuali lungo l’asse geopolitico sud-sud. Se nel 1997 si contavano 18 confronti gravi, oggi la cifra è più che doppia. Al tempo stesso, gli eserciti nazionali hanno smobilitato. Nel decennio 1987-97, la somma degli effettivi britannici, francesi, russi e statunitensi è crollata da 5,23 a 1,24 milioni. Una massa di 6 milioni di ex soldati, ufficiali e sottufficiali compresi, si è ritrovata senza divisa e, se appartenente al vecchio Patto di Varsavia, senza coperture socio-economiche. Interi arsenali di armamenti convenzionali son stati messi all’incanto per fare cassa. È un mondo opaco, esaltato dallo “storico” mercenario Bob Denard e biasimato secoli fa da Niccolò Machiavelli. Un monito valido ancora oggi.
https://www.africarivista.it/ 1 Febbraio 2018
Genocidio ruandese, Bob Denard fu il braccio armato di Parigi?
Bob Denard fu dietro al genocidio ruandese? Fu lui la longa manus di Parigi? Grazie a lui gli hutu ebbero l’addestramento militare? A togliere il velo su una possibile collaborazione tra il mercenario francese e l’allora governo di Kigali è l’Ong francese Survie che denuncia anche ostacoli e coperture da parte di Parigi sull’effettivo ruolo di Denard in Ruanda. Forse i lettori più giovani non sanno chi è Bob Denard. Fu un mercenario che dalla fine degli anni Cinquanta fino alla sua morte, avvenuta nel 2007, fu protagonista in diverse crisi politiche in Africa: Marocco, Congo, Gabon, Angola, Nigeria, Libia, Benin e, soprattutto, le isole Comore (dove fu regista di molte e mai chiare manovre politiche). Uno dei documenti chiave del rapporto di Survie è una lettera datata 13 settembre 1994 indirizzata al primo ministro ruandese in esilio a Bukavu (hutu). Il ministro della Difesa, Augustin Bizimana, parla di un contratto di «assistenza tecnica» firmato con tale Martin et al. Un contratto del valore di 300mila dollari per formare «otto dirigenti espatriati» nello Zaire il cui compito è l’addestramento «del nostro popolo a raccogliere e sfruttare le informazioni nei ranghi nemici». Il ministro spiega che durante un incontro a Nairobi con uno dei rappresentanti di questo gruppo, è stato concordato che il governo ad interim ruandese in esilio avrebbe contattato le autorità zairesi per identificare un campo di addestramento «discreto » per il gruppo di Martin. Martin sarebbe Bob Denard, secondo Survie. Ma il coinvolgimento del famoso mercenario francese risale direttamente al genocidio. Secondo l’Ong, lo stesso ministro avrebbe contattato Martin il 18 giugno e il 5 luglio 1994 avrebbe firmato un assegno pari a oltre un milione di franchi proprio a nome Martin.
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