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Giugno 26, 2019

 

Il Grande Inganno: Le Entrate Fiscali non Finanziano la Spesa Pubblica

 

Quello che molte persone spesso ignorano, e’ come molti luoghi comuni, affondano le loro radici, in elaborati stratagemmi atti a confondere l’opinione pubblica, il mondo e’ cambiato, ma le strategie messe in azione oramai non reggono piu’ l’evidenza di un sistema economico, che implode su se stesso, alle volte anzi spesso, bastano poche semplici nozioni per indurre le persone a pensare in modo realistico e concreto, in quella che e’ la realta’ delle cose. Toba60

 

 

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Giugno 23, 2019

 

Le entrate fiscali finanziano la spesa pubblica?

di Carmen The Sister

 

L’economista britannica Ann Pettifor spiega molto efficacemente come il riequilibrio dei conti pubblici non possa essere il risultato di aumenti delle tasse e di tagli di spese, non solo perché tali politiche restrittive drenano risorse dall’economia reale e impoverendola riducono lo stesso gettito fiscale, ma anche perché le imposte e le tasse non sono proprio da considerare come la fonte del finanziamento pubblico.  La spesa pubblica si finanzia con l’emissione dei titoli del debito pubblico, fornendo così un rifugio sicuro all’impiego dei risparmi dei cittadini, ed è essa stessa poi a generare il reddito e quindi le entrate fiscali necessarie a rimborsare i titoli emessi.

 

 

7 febbraio 2018 

Ann Pettifor

Traduzione di @alexdelprete

 

Nella sua edizione del 25 gennaio l’Economist ha pubblicato un pezzo sulla base imponibile britannica. L’articolo inizia con un riferimento al discorso di Denis Healey alla conferenza dei laburisti del 1973, in cui egli prometteva aumenti fiscali che sarebbero stati accolti con “alte grida di dolore” da parte di tutti, non solo dei ricchi. Si dà il caso che la scorsa settimana abbia passato in rassegna l’elenco dei cancellieri laburisti. Con l’eccezione di Hugh Dalton, erano tutti economicamente ortodossi, e quasi tutti hanno fatto ricorso all’aumento delle tasse e al taglio della spesa pubblica. In altre parole, credevano che i bilanci pubblici fossero come i bilanci delle famiglie e che la spesa pubblica potesse essere finanziata solo aumentando le tasse. Ritenevano che fosse indispensabile essere ricordati come cancellieri “prudenti”, impegnati a “riequilibrare i conti del governo” – prima di tutto. Nessuno di loro ha avuto successo, naturalmente, perché i Cancellieri e i loro governi, per quanto potenti, popolari o intelligenti, non possono “riequilibrare i conti”. Solo l’economia può farlo. Con questo intendo dire che l’equilibrio dei conti del governo è determinato dalla salute e dalla prosperità dell’economia nel suo complesso, compreso quella del settore privato. Se quei Cancellieri laburisti si fossero concentrati sul rafforzamento degli investimenti, della produttività e dell’occupazione, avrebbero raccolto più soldi dalle tasse e avrebbero avuto maggiori possibilità di “riequilibrare i conti del governo”.

 

Quando l’economia è al massimo, quando gli investimenti, l’occupazione e i salari sono alti, quando i tassi di interesse sono bassi, e le banche sostengono l’economia reale, non solo scommettendo sugli aumenti dei prezzi degli immobili – allora, molto presto, ecco che i conti del governo si riequilibrano. Quando l’economia è debole, quando gli investimenti calano, e l’occupazione è bassa, o precaria, o a bassa retribuzione; quando l’indebitamento privato e i tassi di interesse reali sono elevati e il settore finanziario fuori controllo – allora il gettito fiscale del governo diminuirà, e i conti del governo non si riequilibreranno.  Se il governo incoraggia i lavoratori a esercitare un lavoro autonomo, un lavoro precario con contratti a zero ore – allora la base imponibile del governo si restringe sempre di più. È come tagliare il ramo dell’albero su cui il governo è seduto. George Osborne, come cancelliere della coalizione di governo 2010-2016, è stato abile nel tagliare il “ramo” del gettito fiscale su cui era seduto il Tesoro.

 

Un’importante argomentazione contro l’aumento delle tasse nel debole contesto economico odierno è che una mossa del genere drena il reddito (entrate fiscali) da un’economia già debole – limitata da alti livelli di debito privato, da bassa produttività, bassi livelli di investimento e bassi redditi. (I salari non hanno ancora raggiunto i livelli pre-crisi). Anche se sarà sempre giusto assicurarsi che i ricchi paghino le tasse, e che l’HMRC (Agenzia delle Entrate UK, ndt) sia dotata di risorse per combattere l’evasione fiscale, non sarebbe saggio – in questo momento – drenare più reddito dall’economia, già indebolita. Ciò di cui l’economia ha disperatamente bisogno è un’iniezione di maggiori finanziamenti e investimenti, non una  estrazione di reddito.

 

Ma forse l’aspetto più viziato dell’argomentazione dell’Economist a favore dell’ “aumento delle tasse” è questo: i governi non finanziano i loro investimenti, o in generale la loro attività, con le entrate fiscali. La maggior parte delle spese del governo è finanziata attraverso l’emissione di titoli di Stato. La vendita dei titoli di Stato fornisce al governo finanziamenti per gli investimenti e per tutte le spese. Allo stesso tempo i titoli di Stato forniscono un rifugio sicuro per i fondi pensione, come investimenti dei risparmi depositati. A tempo debito (quando andiamo in pensione) questi fondi pensione restituiscono a noi, pensionati, risparmiatori e contribuenti del Regno Unito, i profitti derivanti dall’investimento nei titoli di Stato.

 

Sono gli investimenti e la spesa pubblica, insieme agli investimenti e alla spesa privata, che generano le entrate pubbliche. Questo perché gli investimenti e le spese pubbliche creano posti di lavoro e li retribuiscono. E coloro che lavorano non solo pagano le tasse, ma generano anche maggiori entrate fiscali nel momento in cui  spendono per l’alloggio, il cibo e altri beni e servizi. E se questa spesa genera profitti, e i commercianti e le aziende pagano le imposte sulle imprese, allora il governo beneficia di un altro flusso di entrate.

 

Quando il settore privato è troppo debole, o avido, per investire e creare posti di lavoro che generino entrate fiscali, è proprio allora che il governo – sostenuto da una banca centrale – dovrebbe usare il suo peso per raccogliere fondi e investire per creare occupazione e quindi generare reddito sotto forma di entrate fiscali.

 

Naturalmente è molto importante che il governo rimborsi i suoi finanziamenti. Ed è qui che entrano in gioco le entrate fiscali – dopo l’investimento, le imposte forniscono il reddito necessario per rimborsare i debiti del governo e “far quadrare i conti”.

 

Ma le tasse non sono la fonte del finanziamento pubblico, e non sono necessarie perché il governo possa spendere.

 

Quando l’economia è debole – quando il settore privato è debole – allora spremere i cittadini aumentando le tasse, è una pessima politica economica. La migliore strategia per il governo in queste circostanze è investire per aumentare l’occupazione.

 

L’aumento dell’occupazione – soprattutto del lavoro qualificato, ben pagato e produttivo – genererà maggiori entrate fiscali per il governo, senza aumenti delle imposte. E gli investimenti pubblici andranno a beneficio del settore privato, sia direttamente che indirettamente.

 

Non ci vuole mica uno scienziato!

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