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13 Novembre 2019

 

HONG KONG: LE MOLOTOV DEI PACIFISTI CANVAS-USA:

campus e metrò incendiati, uomo dato alle fiamme, parlamentare accoltellato

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

 

«Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del diavolo, e il nemico che l’ha seminata è il diavolo». Vangelo di Matteo, 13, 24-30

 

Joshua Wong e Agnes Chow, arrestati e poi rilasciati in aprile per il loro ruolo di fomentatori delle rivolte di piazza e già organizzatori della Rivoluzione degli Ombrelli del 2014.

 

 

 

 

«Le autorità ammettono che la città devastata dalle sommosse è appesa ad un filo» scrive Russia Today. Bottiglie molotov, giavellotti, fuochi d’artificio, catapulte, spranghe, caschi, maschere antigas e anche coltelli hanno preso il posto degli ombrelli che diedero il nome alla protesta dell’autunno 2014. Allora servirono a ripararsi dai lacrimogeni lanciati dalla polizia coordinati dagli attivisi degli studenti del movimento “Occupy central with love and peace”, ma apparvero un’icona abilmente studiata dato che molti di essi erano tutti volutamente gialli.

 

Mentre l’Occidente dorme Hong Kong brucia. Nella notte il campus della Chinese University of Hong Kong è stato tempestato di incendi come alcune stazioni della metropolitana dove i rivoltosi, dietro alle barricate di fiamme, hanno respinto la polizia a lungo durante la notte. Nelle ore precedenti un antagonista dei protestanti è stato cosparso di liquido infiammabile e avvolto dal fuoco dal quale sarebbe scampato per miracolo (ma non ci sono conferme), mentre un parlamentare sostenitore del governo di Beijing (Pechino) è stato pugnalato, per fortuna in modo non grave. Sono queste le espressioni palesi di una protesta che ormai non ha più nulla di pacifista sebbene abbia già raggiunto lo scopo iniziale del ritiro della legge sull’estradizione dall’ex colonia britannica in Cina.

 

Oggi servono più che altro a palesare le connessioni con la protesta di un tempo ben salde nelle mani dell’allora adolescente ed oggi 22enne Joshua Wong, il burattino mingherlino di una rappresentazione teatrale ben più grande e potente di lui, che passa attraverso l’occulto regista di allora come oggi: CANVAS. Ufficialmente è il Center for Applied Non Violent Action and Strategy, di fatto rappresenta una cabina di regia creata dalla CIA nei Balcani e supportata da varie agenzie Usa per accendere la miccia dei regime-change in tutto il mondo, con l’aiuto occasionale degli alleati Sionisti Israeliani e Musulmani Sunniti in Medio Oriente.

La prova certa che dietro questo nuovo tentativo di rivoluzione ad Hong Kong ci sia proprio Canvas, con quartier generale a Belgrado ma sedi operative in mezzo mondo, ancora non c’è per un semplice motivo: gli esperti fondatori e direttori dell’organizzazione Slobodan Djinovic e Srdja Popovic, divenuti famosi per il pugno chiuso di Otpor e il golpe in Ucraina che ha innescato la guerra civile nel Donbass con migliaia di morti, si prendono i meriti di un’azione solo quando ha successo o quando gli serve come bandiera. Ma ci sono tracce assai evidenti.

In un precedente reportage abbiamo spiegato come le recenti proteste in Libano ed Iraq siano collegate con Canvas e s’intreccino con esperti arabo-americani come Elie Khoury, protagonista della Rivoluzione dei Cedri ed oggi Ceo della holding mediatica Omnicom Group Mena leader della più importante holding di comunicazione americana nella penisola araba, svelando che i due serbi agit-prop di professione hanno palesato l’impegno anche in Siria e Venezuela per la loro bugiarda missione di esportazione della democrazia.

Secondo il Vangelo di Gesù Cristo, non a caso citato all’inizio di questo articolo, sono i diabolici seminatori di zizzania che spargono i semi della discordia in anime più ingenue che pure, soffiando sui loro ideali fino a trasformarli in gas incediari, insufflando l’odio verso il nemico.

E così, dove possono, gli antiviolenti preparano il terreno e poi lasciano il posto alle milizie dei guerriglieri organizzati, come Isis, Al Qaida, e altri gruppi jihadisti oggi armati e protetti dall’invasione della Siria in Turchia, dove non possono cercano di infiammare la protesta fino a suscitare la prima o poi inevitabile reazione della polizia e dell’esercito.

 

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