Fonti: Gazeta.ru
ChannelNew Asia
https://www.controinformazione.info/
13 Gennaio 2019

La prossima “Rivoluzione Colorata” sarà in Serbia. Pronti la Cia e Soros per sobillare un golpe contro il governo di Belgrado
Traduzione e sintesi: Luciano Lago

Il destino della regione è in gioco: perché Putin vola in Serbia?

Circa 40.000 persone hanno preso parte alle proteste a Belgrado, a Nis, Novi Sad e in diverse città minori, hanno riferito gli organizzatori questo scorso sabato. Le autorità non hanno immediatamente confermato i numeri comunicati dagli organizzatori..
A Belgrado, i manifestanti portavano uno stendardo con una maglietta insanguinata, un’allusione all’assalto irrisolto sul leader di sinistra Borko Stefanovic a novembre.
I manifestanti hanno chiesto la protezione della libertà dei media, mettendo fine all’ambiente ostile del paese per giornalisti e figure dell’opposizione e la trasparenza del governo nel tentativo di risolvere le controversie in sospeso con il vicino Kosovo.
Già da un mese in Serbia, si stanno svolgendo proteste di massa, comparabili per dimensioni alle azioni dei “giubbotti gialli” in Francia. I manifestanti protestano, come si suol dire in questi casi, contro il governo autoritario del presidente Alexander Vucic.
Allo stesso modo di come si sta verificando a Parigi, varie forze politiche partecipano alle proteste: la sinistra globalista e filo UE, i liberali, le organizzazioni per “i diritti umani” e persino le persone LGBT.
Il motivo a pretesto dell’inizio delle manifestazioni è stato l’attacco ai rappresentanti di uno dei partiti dell’opposizione. Dietro questi eventi, si può discernere l’ombra del famoso finanziere George Soros, con la sua “Open Society” che investe ingenti somme in organizzazioni giovanili serbe che si oppongono a Vucic. L’obiettivo di coloro che sobillano la rivolta in massa attraverso i social media è quello di promuovere l’ingresso della Serbia nella UE e nella NATO, allontanado la Serbia dalla cooperazione con la Federazione Russa.
Nonostante il fatto che il Presidente della Serbia stia cercando di mantenere la fiducia, questi si trova in una posizione difficile.
In questa situazione, Belgrado sta cercando aiuto da Mosca e sta facendo passi avanti verso di questa. Ad esempio, nel problema del gas. Vucic sostiene che la Serbia non pagherà più del dovuto per il gas liquefatto al fine di compiacere l’Occidente, ma acquisterà a buon mercato “carburante blu” dalla Russia. E il ministro della difesa serbo Alexander Vulin ha definito il suo omologo russo Sergei Shoigu un vero amico di Belgrado.
Il presidente russo Vladimir Putin è stato invitato in Serbia il 17 gennaio. Le autorità intendono discutere con lui una serie di questioni, tra cui il gas. Ma c’è un altro problema importante per i Balcani – il trattato di Belgrado con i separatisti albanesi in Kosovo.
Mentre Vucic afferma che l’appartenenza all’Unione europea rimane l’obiettivo finale della Serbia, lo stesso Vucic mantiene stretti legami con la Russia, a lungo alleata cristiana slava e ortodossa del paese.
La prossima visita di Putin è vista come un richiamo di popolarità per Vucic e la sua coalizione di governo, ei suoi sostenitori hanno programmato un grande raduno per giovedì per dare il benvenuto al presidente russo
Si presume che la parte settentrionale di questa regione (il Kosovo) , quella dove principalmente vivono i serbi , entrerà sotto il controllo del governo serbo in cambio dei territori meridionali del paese in cui vivono gli albanesi. Questo piano è sostenuto dall’Amministrazione USA del presidente Trump, che è parte del parte del processo di riformattazione dei Balcani. Tuttavia i patrioti serbi si oppongono a questa prospettiva, accusano Vulcic di tradimento e anche loro aderiscono alle proteste. I patrioti serbi si oppongono all’ingresso della Serbia nella NATO e ricordano i bombardamenti subiti da Belgrado ad opera della NATO nel 1999. Ogni anno viene svolta la commemorazione delle vittime del treno che fu bombardato dalla NATO.
Come si ricorderà, furono bombardati dalla NATO non solo obiettivi militari, peraltro scarsamente danneggiati, ma soprattutto strutture e infrastrutture civili, come ponti, case, stazioni, edifici pubblici. In molti di questi episodi vennero coinvolti civili, autobus, pullman, treni, autovetture, per un totale di circa 2500 morti, tra cui molti bambini, e centinaia di feriti, oltre ai danni materiali, incalcolabili. Fu anche bombardata volontariamente la stazione tv di Belgrado con tutti i lavoratori all’interno. Inoltre si contarono più di mille morti tra i soldati e i poliziotti jugoslavi. Per questo i nazionalisti serbi si oppongono a che la Serbia possa oggi aderire all’Alleanza Atlantica. Nel destino della regione potrebbe essere in arrivo un altro cambiamento.

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