TG Valle Susa

30 sett 2019

 

Greta contro la glaciale ottusità dei tempi attuali

di Davide Amerio

 

Greta è ovunque. La ragazzina che sembra smuovere le masse ci viene proposta in tutte le salse, e in ogni luogo. Anima pura? Giovane manovrata da potentati oscuri? Da ascoltare? da rigettare? 

Come un sasso gettato nello stagno, la sua sola presenza, o parola, genera onde di voci che si accavallano: il solito fragore assordante di una comunicazione politica che avoca a sé il merito della verità, accusando il campo avverso di menzogne e falsità.

È il tratto di questi tempi offuscati. Siamo immersi in una nebbia di notizie che si accavallano, in cui più che il desiderio di trovare la strada giusta, conta l’illusione di unirsi alle voci che ci giungono più forti, pur di uscire dalla foschia; ma anche questa è un’illusione. 

Greta è davvero manipolata? Può darsi. Anzi è probabile. Perché la continua manipolazione delle masse è un dato oggettivo: non la ricerca della “verità” (per quanto relativa), bensì è il consenso quello che conta. L’illusione di essere dalla parte del vero, e del giusto.

Il linguaggio politico rimarca costantemente questa illusione: “siamo sulla strada giusta”, “la vostra presenza ci da ragione”, “noi siamo il bene del paese”, e roba simile.

Eppure Greta, la sua figura, ha portato migliaia di giovani in piazza, per un tema che riguarda tutti: l’ambiente e il futuro. Eppure c’è chi grida allo “scandalo”, perché qualcuno ha bigiato la scuola.

Verrebbe da ridere, non fosse che anche alle idiozie viene data cittadinanza politica. Chi non ha mai bigiato scuola, approfittando di una manifestazione, alzi la mano! Oppure dobbiamo pensare che tutti questi politici, che non hanno mai fatto un cazzo nella loro vita, fuorché la politica, siano stati tutti studenti modello?

C’è chi punta il dito contro le contraddizioni di questi giovani: scendono in piazza in favore dell’ambiente, ma godono dei privilegi della società industriale; quindi non sarebbero genuini nella loro battaglia.

E cosa dovrebbero fare, di grazia? spogliarsi di ogni bene tecnologico e commerciale, vestirsi con un saio e sandali, e andare in giro con una lanterna ad annunciare la fine del mondo? 

Sono giovani figli di questa epoca di benessere e di consumo, cresciuti con una televisione che ha avuto come unico scopo quello di far di loro dei consumatori impenitenti, intellettualmente atrofizzati. 

Oppure il vero timore è la presa di coscienza di questi giovani, oltre i recinti angusti della politica, e che decidano di fari carico, di prendere coscienza, autonomamente, di un problema molto grave e serio? 

Allora contro costoro si gioca l’arma della scienza. Cinquecento scienziati, di tutto il mondo, dicono che il problema non esiste, che c’è una esagerazione, che in fondo la Co2 è una cosa buona.

La notizia viene data con l’enfasi di chi ambisce a mettere una pietra tombale sulla questione. Ma costoro sono in buona fede? Quanti sono gli scienziati nel modo? e quanto peso hanno questi 500? Stiamo parlando di scienziati indipendenti o di consulenti di qualche multinazionale?

Torniamo al centro della questione. Troppe informazioni… poche domande… nessuna risposta. Il pubblico viene bombardato da queste notizie: problemi complessi cui non vengono date risposte chiare, bensì proposte di posizioni da assumere acriticamente. Tu da che parte stai?

Sei con l’ambiente, e quindi con Greta, oppure stai con le multinazionali del petrolio? con i produttori di Co2? con gli inquinatori e distruttori del pianeta?

Greta non è soluzione. E va bene. Ma non lo è nemmeno dire che il problema non esiste. 

Il punto critico è il modello di sviluppo, è il capitalismo finanziario, è la struttura di una società che crede ancora in una crescita illimitata. Sono i paradigmi che sempre più avvantaggiano pochi a discapito di molti.

Se il “capitalismo” ha avuto un suo ruolo indubbio nel “progresso”, è ragionevole, e necessario, interrogarsi se esso svolge ancora questo ruolo. I fatti pongono molti dubbi su questo. 

La crescita della disparità, quella della povertà, quella della distruzione sistematica di Beni Comuni, pongono questioni non più eludibili. Necessitano però, in primo luogo, di una consapevolezza. Per questo la discesa in piazza dei giovani è comunque positiva e importante.

La riposta non può essere semplicemente un “capitalismo green”, una verniciata di facciata, con la quale illudersi di aver risolto i problemi. Questo è il compito che spetta ai giovani di oggi: andare oltre le cortine fumogene, le sirene della politica, che vuole imbrigliarli negli schieramenti, con l’illusione di stare dalla parte “giusta”.

Dobbiamo proteggere questi giovani, facendo in modo che la loro “protesta” sia feconda di curiosità, e di desiderio. Non possono che portarci una ventata di aria fresca, in un mondo imputridito di privilegi, ottusità, ed egoismo.

 

top