Fonte: Guido Dalla Casa

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04/09/2019

 

Due foreste, anzi tre

di Guido Dalla Casa

 

La Foresta Amazzonica e la Taiga Siberiana

  Le due foreste più estese della Terra, diversissime per clima e caratteristiche, sono la foresta amazzonica, equatoriale-pluviale a clima quasi-costante, e la taiga siberiana, subartica e con inverni molto freddi. Un’altra grande foresta, quella dell’Africa centrale, è di natura equatoriale-pluviale. Ora stanno bruciando tutte tre, per mano umana, ed erano già piuttosto compromesse. Le cause di questi disastri sono:

- una delle più distruttive culture umane, che ha ormai invaso tutto il mondo, cioè la civiltà industriale, con il suo tragico primato dell’economia;

- la mostruosa sovrappopolazione umana che affligge la Terra.

  La straordinaria varietà e abbondanza di viventi che caratterizza le foreste equatoriali è notissima. E’ pure conosciuto il ruolo vitale di tutte queste foreste nei grandi cicli della vita e nella regolazione dei gas principali dell’atmosfera terrestre, e in particolare del ciclo respirazione-fotosintesi su cui si regge la Vita macroscopica del Pianeta.

  Le grandi foreste sono in fiamme tutte tre: la colpa non è solo “dei governi”, come si dice di solito, è anche di coloro che si oppongono al controllo delle nascite, che riconoscono un ruolo primario all’economia, che invocano la crescita come un rimedio a tutto o un fattore di “progresso”, che accettano il PIL come indicatore di benessere  o di felicità. La civetta delle nevi, quando si accorge che ci sono pochi topolini in giro (lemmings) o ne prevede la scarsità, non fa le uova; gli elefanti, che non hanno predatori, fanno pochissimi figli. Attualmente hanno un nemico terribile, l’uomo,  ma anche in questo caso è l’economia che li uccide, dato che l’avorio ha un valore monetario. La colpa è del mostruoso cancro che divora la Terra: la crescita economica, un processo che distrugge la Vita, poiché sostituisce materia inerte a sostanza vivente. Un popolo pensa a fare più quattrini vendendo bistecche (Brasile), un altro pensa alle “nuove rotte commerciali” dell’Artide (Russia), un governo vuole far fuori anche l’Alaska e sta tentando anche con la Groenlandia (USA). Ovunque gli stessi mali che portano alla morte: l’economia, la crescita, la globalizzazione.

  La sofferenza degli esseri senzienti, compresi gli umani, è in aumento quasi ovunque a causa della civiltà industriale che ha invaso il mondo. L’idea che la nostra specie sia al di fuori del sistema biologico terrestre è la radice di tutti i guai:  l’antropocentrismo è il male del mondo. Attorno a noi non c’è l’ambiente, come affermano anche gli “ambientalisti superficiali”, ma noi siamo parte di un Organismo, che probabilmente è anche un essere senziente. Questo Organismo è composto di trenta milioni di specie di esseri viventi più tutte le relazioni che li collegano fra loro e con il mondo inorganico.

L’errore antropocentrico

 Le grandi foreste bruciano fra la quasi-indifferenza dei governi, ma anche di gran parte dei popoli: dicono che si aprirà  una nuova via commerciale, o che l’incendio riguarda zone disabitate (pensano solo alla nostra specie! E le altre?), ma che cresceranno i parametri dell’economia. Occorre andare alla radice filosofica e di pensiero del problema: che lo si voglia o no, siamo animali immersi completamente nei grandi cicli della Natura. Bisognerebbe non solo spegnere gli incendi con tutti i mezzi, ma non tagliare più alberi, neanche uno: sono esseri senzienti e non legname. Anche l’Africa sta bruciando, sotto la spinta dell’economia. Sempre per il grande errore di questa civiltà, l’errore antropocentrico.

 E la Scienza? Sembra quasi che ci siano due scienze: una, che confina con la filosofia e sa benissimo che siamo animali (anche facilmente classificabili), parte di un Sistema molto più grande, anche mentale, e che vede con chiarezza l’origine di quegli incendi e la follia della crescita economica o dell’economia stessa, e una scienza che confina con la tecnologia ed è schiava dell’economia e dell’industria. La politica ascolta solo quest’ultima, quando va bene. E il popolo? Segue l’onda, chiede la crescita, cioè la morte del Complesso, e di sé stesso.

 Solo come esempio, una citazione: Un inferno urbano contemporaneo è fatto di molte cose. Tra le più evidenti, c’è l’eccesso di circolazione di macchine, auto e moto. Contro smog e paralisi si almanaccano palliativi di ogni genere, ma soltanto abbattendo la produzione automobilistica si potrebbe ridare alle città un po' di respiro post-diluviale. Immediatamente sulle piazze liberate dai grovigli di auto, si adunerebbero a migliaia, e a migliaia di migliaia, i tamburi di latta della protesta di quelli a cui fosse stato restituito il respiro: non vogliono la cura, ma la malattia in tutta la sua spietatezza...La sola voce concorde, universale, in alto e in basso, grida che nessuna industria si fermi o chiuda, qualsiasi cosa produca, sia pure inutilissima o micidialissima, sia pure destinata a restare invenduta: la sola voce concorde invoca che si aprano cantieri su cantieri e che si investano finanze in nuovi progetti industriali: a costo di qualsiasi inquinamento e imbruttimento, a costo anche di fare accorrere, per l’immediata ritorsione morale che colpisce chi accolga progetti simili, le furie di una intensificata violenza. E se deve, sul mare delle voci tutte uguali, planare una promessa rassicurante, è sempre la stessa: ci sarà la “ripresa”, ne avrete il triplo di questa roba...(Guido Ceronetti, La Stampa, 9 marzo 1993)

  E’ l’economia che sta bruciando le due grandi foreste e causando una grande sofferenza nel cuore della Vita che, lo si voglia o no, è un fenomeno unico, compresa la nostra specie. Non possiamo neanche dire “Attenzione, la nostra casa sta bruciando!” perché la Terra non è la nostra casa, noi non siamo gli abitanti o i custodi, perché questo sarebbe ancora un intollerabile antropocentrismo. Dobbiamo dire “Stiamo distruggendo l’Organismo cui apparteniamo come cellule impazzite”. La civiltà industriale e la crescita economica si comportano come le cellule del cancro. L’Organismo dovrà liberarsene estirpando il suo male. Ma come?

Qualche speranza

  Per quanto riguarda l’unico movimento che dà qualche speranza, quello di Greta Thunberg e i FFF (Fridays For Future), la strategia degli industrialisti-sviluppisti è evidente: Facciamo grandi lodi alla ragazza svedese e raccomandazioni a seguirla, tanto non faremo niente di concreto. Anche il Papa l’ha elogiata e ha parlato con lei. Seguitela: Brava Greta! Tanto continueremo come prima, con estrazione e consumo di montagne di combustibili fossili, per “le superiori esigenze dell’economia”.

  Nel frattempo, gli industrialisti-sviluppisti e i politicanti loro seguaci (in pratica quasi tutti) hanno inventato termini ridicoli e contradditori come sviluppo sostenibilegreen economycrescita verdeeconomia circolare e simili. Del resto, ci chiediamo come possano dire di abbandonare la visione del mondo giudaico-cristiana-islamica e quella, strettamente imparentata e alleata, economicista-industrialista-sviluppista, cause primarie e inesorabili dell’attuale tragica situazione. Bisognerebbe invece dimenticare il dualismo, o la contrapposizione, uomo-natura, smentito dalla scienza già da due secoli: ma non se n’è ancora accorta.

Conclusioni

  Mi viene i mente la conclusione del libro “Dieci miliardi” di Stephen Emmott: “Ve lo dico io cosa faremo. Non faremo assolutamente niente.” Purtroppo è molto probabile che questo accada, il che significa che provvederà la Terra: nel grafico BAU de I limiti dello sviluppo(1972), finora seguito rigorosamente dagli eventi reali, se si continuerà con le stesse interazioni fra la cinque grandezze (popolazionealimentiproduzione industrialeinquinamentorisorse) cioè se continuerà lo stesso modo di vivere, sono prevedibili cinque miliardi di umani morti in un mondo orribilmente degradato, oltre alla devastazione di tutti gli altri esseri senzienti. In tal caso, la Terra impiegherà molti milioni di anni per riprendersi.

  Intanto le due grandi foreste della Terra continuano a bruciare, mentre i governi responsabili del territorio stanno pensando alla nuova via commerciale attraverso l’Artide oppure alla crescita del PIL dovuto alla maggiore vendita di bistecche per l’aumento di allevamenti intensivi di bovini. Della quasi-morte del Pianeta non interessa niente a questi politicanti, come ai loro inconsapevoli popoli, tranne qualche piccola minoranza. I Paesi “lontani” (ma da cosa!?) danno la notizia, ma non fanno assolutamente niente, devono pensare alla crescita!!

  Non ci resta che sperare in un meraviglioso imprevisto.                    

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Fonte: endoftheamericandream.com/

Fonte: Comedonchisciotte

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05/09/2019

 

Le foreste della Terra stanno andando a fuoco

di Michael Snyder

Scelto e tradotto da HMG

 

Un mondo senza foreste sarebbe un deserto apocalittico, ed in questo momento ne stiamo perdendo ad un ritmo sconcertante. Al momento della stesura di questo articolo, oltre 10.000 incendi si stanno diffondendo nelle aree boschive del Sud America e dell’Africa. I leader mondiali non sembrano però voler fare alcunché al riguardo. Gran parte dell’attenzione dei media è stata rivolta agli orribili incendi nella foresta pluviale amazzonica. Ci viene detto che il numero di incendi in Brasile è aumentato dell’85% rispetto allo scorso anno. Tale cifra, in realtà, in Africa è ben più elevata. È stato infatti riferito che ci sono “circa cinque volte più incendi in Africa che in Amazzonia” a questo punto. Il nostro pianeta viene letteralmente distrutto davanti ai nostri occhi, ma l’opinione pubblica sembra non curarsene affatto.

Occupiamoci prima di quanto sta accadendo in Amazzonia. In un precedente articolo, ho riportato che quest’anno sono scoppiati più di 72.000 incendi in Brasile, con relativa distruzione di almeno 640 milioni di acri. La CNN ha inviato un aereo sopra alcune delle aree maggiormente danneggiate, e ciò a cui hanno assistito coloro che erano a bordo era quasi orribile a dirsi…

Volare sopra Rondonia, lo Stato Amazzonico più colpito (durante la scorsa settimana), è veramente estenuante, per via dell’infinita vastità della devastazione. Dapprima il fumo mascherava il costante alternarsi di campi incendiati e di cadaveri, di strade tortuose che si intrecciavano in null’altro che cenere. Sotto, i granelli arancioni di un minuscolo fuoco potevano anche divampare ancòra, ma gran parte del terreno appariva un mausoleo della foresta che un tempo lo abbelliva.

“Questa non è solo una foresta che sta bruciando”, ha detto Rosana Villar di Greenpeace, che ha aiutato la CNN ad organizzare il volo sulle aree danneggiate. “Questo è praticamente un cimitero. Tutto ciò a cui si assiste è morte”.

La foresta pluviale amazzonica è stata descritta come “i polmoni della Terra“, in quanto produttrice di gran parte dell’ossigeno che respiriamo. Molta gente ignora però che la seconda foresta pluviale tropicale più grande al mondo si trovi nel bacino del Congo. E lì stanno scoppiando ancor più incendi.

Secondo i dati ufficiali diffusi dalla NASA, infatti, il numero di incendi nell’Africa Centrale è più di cinque volte superiore a quello che attualmente colpisce il Brasile…

I dati del Fire Information for Resource Management System, ente della Nasa, riportano almeno 6.902 incendi in Angola e 3.395 nella Repubblica Democratica del Congo.

In Brasile sono 2.127.

Gli incendi nell’Africa Centrale si sono diffusi così tanto da attirare l’attenzione persino del presidente francese Emmanuel Macron…

I dati della Fire Information for Resource Management Map (FIRMS) della NASA, mostrano un ampio campione di incendi in Angola, Repubblica Democratica del Congo e Zambia. L’allarmante vastità di questi incendi fa chiedere ad alcuni perché tanta attenzione venga rivolta all’Amazzonia, quando in realtà l’Africa sta bruciando ancor più gravemente. Persino Macron, che ha guidato la carica dei soccorsi internazionali, ha scritto su Twitter che avrebbe preso in considerazione l’idea di avviare una simile iniziativa per l’Africa sub-sahariana.

La buona notizia è che gli incendi nel bacino del Congo non sono così fuori controllo come quelli nella foresta pluviale amazzonica. Ci viene però anche detto che questo potrebbe presto cambiare…

Organizzazioni come Greenpeace Africa, che si concentra principalmente sul richiamare l’attenzione sui problemi della deforestazione, stanno monitorando la situazione. Riconoscono che, al momento attuale, gli incendi sono relativamente “su piccola scala” rispetto alle fiamme dell’Amazzonia o persino ai precedenti incendi africani.

Ciò non vuol dire però che le fiamme siano sotto controllo. “Il problema potrebbe ripresentarsi qualora oggi non venissero prese misure preventive”, ha detto a Newsweek Irène Wabiwa Betoko, Responsabile Senior della Campagna Forestale di Greenpeace Africa.

Molti degli incendi in Africa sono stati provocati intenzionalmente dagli agricoltori per liberare la terra, ma stanno ancora erodendo ecosistemi chiave. Non possiamo permetterci di continuare a trattare il nostro pianeta in questo modo, stiamo perdendo specie ad un ritmo assurdo.

Secondo una nuova ricerca appena pubblicata, “alcune piante si sono estinte fino a 350 volte più velocemente rispetto alla media storica” …

La Terra sta assistendo ad una perdita di specie senza precedenti. Alcuni ecologi stanno utilizzando il termine ‘sesta estinzione di massa‘. A maggio, un rapporto delle Nazioni Unite ha avvertito che 1 milione di specie sono a rischio estinzione. Più recentemente, 571 specie di piante sono state dichiarate estinte.

A dir la verità, estinzioni si sono verificate sin dalla comparsa della vita sulla Terra. La vera domanda è: ne è aumentato il tasso? La nostra ricerca, pubblicata oggi su Current Biology, ha scoperto che alcune piante si sono estinte fino a 350 volte più velocemente della media storica, con conseguenze devastanti per specie uniche.

Quante ne dovremmo perdere ancòra prima di iniziare a preoccuparci sul serio?

Se seguite il mio lavoro su base regolare, allora saprete già che sono profondamente preoccupato per la nostra “cultura della morte”. Le nostre infinite guerre hanno ucciso migliaia di persone. Milioni di bambini sono stati uccisi nelle nostre “cliniche”, stiamo spazzando via innumerevoli specie di piante ed animali senza nemmeno pensarci due volte.

Che tipo di mostri siamo diventati? Siamo così freddi e senza cuore, tutto ciò di cui ci preoccupiamo è noi stessi.

Nel frattempo, le conseguenze a lungo termine di cui così tanti avevano avvertito stanno iniziando ad arrivare. Un recente articolo della CNN sugli incendi dell’Amazzonia riporta che “il futuro apocalittico è qui, ed è impaziente”…

È difficile bollare come allarmista qualsiasi pretesa di sorte avversa, quando si assiste alle skyline rese invisibili dal fumo, le fiamme rigare le pianure come lava e quando si sentono i tassisti disinteressati dirti che non hanno mai visto la situazione messa così male. Il futuro apocalittico è qui ed è impaziente.

Per una volta, sono d’accordo con la CNN.

A lungo termine, nulla sopravvivrebbe. Stiamo sistematicamente distruggendo noi stessi e tutto ciò che ci circonda. Per un po’ ci è sembrato di non dover temerne le conseguenze.

Ora però i tempi bui sono alle porte. Il cattivo odore dei nostri malvagi modi di fare si è fatto insopportabile.

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