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Agosto 25, 2019

 

Incendi in Amazzonia? Nella norma, molto peggio l’Africa, perchè nessuno ne parla?

 

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23 Agosto 2019

 

Dalla Siberia all’Amazzonia la Terra brucia, una ipoteca sul futuro

 

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Lo scatto impressionante della NASA

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22/08/2019

 

Incendi: bruciano tante foreste del mondo, lo scatto impressionante della NASA

 

Annata a dir poco drammatica per il nostro pianeta sul lato incendi: sono innumerevoli le foreste e i boschi in fiamme ad ogni latitudine, dal circolo polare artico sino alle foreste pluviali, il cui unico responsabile (almeno per una gran parte degli incendi) è rappresentato dall’uomo. Che siano piromani senza scrupoli o agricoltori, purtroppo la situazione è ugualmente disastrosa. Negli ultimi giorni vi abbiamo ampiamente parlato degli incendi devastanti in atto in Siberia e anche in Amazzonia, ma dall’ultimo scatto satellitare della NASA appare evidente anche un agglomerato di incendi clamoroso sull’Africa meridionale.

 

Tantissimi gli incendi anche in tante altre zone del pianeta, tutte segnate sulla mappa della NASA attraverso dei puntini rossi. Gli agglomerati più significativi si trovano in Africa e sud America, mentre in Siberia appare evidente come la situazione sia in via di miglioramento. Incendi numerosi presenti anche in Italia. Non è un caso che buona parte degli incendi stanno prendendo vita in aree del pianeta ultimamente sovrastate da persistenti anticicloni che portano clima più caldo del normale e soprattutto più secco (condizioni indispensabili per far proliferare i roghi appiccati dall’uomo).

 

Nonostante tutto cerchiamo di pubblicare anche qualche dato confortante presente su una ricerca scientifica pubblicata sulla rivista Nature (tra le più autorevoli): essa ci mostra come nonostante numerosi incendi negli ultimi anni stanno attanagliando tante aree verdi del mondo, la percentuale di alberi, boschi e foreste è in graduale aumento.


L’aumento delle “aree verdi” corrisponde al 7% rispetto al secolo scorso: una buona parte dell’aumento è avvenuto nelle foreste temperature continentali, nelle foreste boreali di conifere e nelle foreste umide subtropicali, per un totale di oltre 1,5 milioni di km quadrati. La situazione più critica la si osserva solo nelle foreste umide tropicale, foreste pluviali tropicali e nelle foreste secche tropicali dove c’è stato un’effettiva riduzione della copertura verde per un totale di circa 700 mila km quadranti. Da questi dati però si evince come il trend sia positivo e c’è un effettivo aumento della copertura verde sulla Terra.


In Italia l’
aumento del verde è davvero clamoroso e significativo, nonostante ogni giorno documentiamo incendi su incendi di natura dolosa: dal 1936 la superficie dominata da alberi e boschi è aumentata del 76% in tutto il territorio nazionale. Il 40% dell’Italia è ricoperto da verde. 

 

Con questi dati vogliamo far capire che la situazione non è così apocalittica come altri vorrebbero far pensare. Gli incendi, spesso di natura dolosa, ci sono sempre stati e, purtroppo, sempre ci saranno: negli ultimi decenni però sono aumentati anche le opere di soccorso (sia volontari che Vigili del Fuoco) che grazie al loro gran lavoro sono riusciti a domare tantissimi vasti incendi, mentre magari in passato questi proliferavano senza alcun intervento di spegnimento con tutte le conseguenze del caso.

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23 agosto 2019

 

L’estate degli incendi: Amazzonia, Siberia e Canarie devastate dalle fiamme

di Monica Coviello

 

Nella foresta pluviale più grande del mondo, ogni minuto il fuoco distrugge aree verdi grandi come tre campi di calcio

 

Il polmone del mondo sta andando a fuoco: l’Amazzonia, si sta riducendo in cenere, devastata dagli incendi che, ogni minuto, distruggono aree verdi grandi come tre campi di calcio. La foresta pluviale più grande del mondo, che costituisce l’habitat naturale per tre milioni di specie, animali e vegetali, e che produce il 20% dell’ossigeno atmosferico e assorbe annualmente oltre 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, dall’inizio dell’anno è stata colpita da 72 mila incendi, di cui quasi 10 mila segnalati solo nell’ultima settimana, secondo le rilevazioni dell’Agenzia Spaziale Brasiliana.

Una devastazione da record: rispetto all’anno scorso, l’incremento è dell’84%. La cifra riportata da Greenpeace è, in realtà, ancora più allarmante: arriva al 145%. Brucia la foresta degli stati brasiliani di Amazonas, Rondonia, Mato Grosso, Parà e del Paraguay.

Molti di questi incendi sono dovuti ai fuochi accesi dagli agricoltori e dalle grandi imprese zootecniche e agro-industriali, che tagliano gli alberi nei mesi di luglio e agosto e li lasciano terreno perché perdano umidità, poi li bruciano, con l’idea che le ceneri possano fertilizzare il terreno. Quando torna la stagione delle piogge, l’umidità del terreno spoglio favorisce lo sviluppo di vegetazione bassa per il bestiame. L’allevamento è responsabile dell’80% della deforestazione in corso nella foresta pluviale amazzonica. Su questi dati preoccupanti gravano anche le scelte del nuovo presidente del Brasile, Jail Bolsonaro, che ha demolito le politiche ambientali del Paese (dal suo insediamento, la deforestazione in Amazzonia è aumentata in modo esponenziale: solo nel mese scorso sono stati distrutti 2253 chilometri quadrati di vegetazione).

«Un ruolo importante è svolto dai cambiamenti climatici», scrive Lorenzo Ciccarese dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) su Il Bo Live dell’Università di Padova. «Molti di questi incendi sono il frutto di ondate di calore, prolungate e intense, e una siccità senza precedenti in molte parti del mondo. La National Oceanic and Atmospher Administration (NOAA) ha comunicato la scorsa settimana che lo scorso luglio è stato il luglio più caldo mai registrato da quando sono in uso gli strumenti per la misurazione del clima. Nella lista dei cinque mesi di luglio più caldi, appaiono quelli degli ultimi cinque anni».

Per questo oggi, in tutto il mondo, gli attivisti di Fridays for Future manifesteranno davanti alle ambasciate e ai consolati del Brasile di ogni Paese. «Questo non è solo un problema locale, ma una questione che ha ripercussioni globali e, pertanto, noi sollecitiamo i decisori politici di tutto il mondo a sostenere le dovute azioni e a denunciare la distruzione di questo essenziale ecosistema».

 

La Siberia, l’Alaska, la Groenlandia, le Canarie
Solo ad agosto, in Siberia, sono andati a fuoco oltre 5 milioni di ettari di foreste, una superficie che equivale a poco meno di tutto il patrimonio forestale italiano: è un dato senza precedenti, in Russia. Una nuvola di fumo di oltre 5 milioni di chilometri quadrati, quindi più grande dell’Europa, ha coperto il Paese e ha attraversato l’Oceano Pacifico, fino a raggiungere gli Stati Uniti. In Alaska si sono susseguiti incendi di dimensioni particolarmente estese, e in Groenlandia le fiamme sono arrivate a minacciare un centro abitato. Il gravissimo incendio nelle Isole Canarie ha costretto all’evacuazione 8 mila persone.

«La temperatura media globale dello scorso mese di luglio è stata di 0,56°C più calda della media del trentennio 1981-2010. Questo dato, che potrebbe sembrare insignificante, è una media e nasconde aumenti estremi registrati nel mese scorso in varie regioni del pianeta», continua Ciccarese. «Non è quindi singolare che molte delle aree del pianeta che in questo momento sono attraversate dagli incendi abbiano subito un caldo prolungato ed estremo il mese precedente. È noto a tutti che queste condizioni siano le più adatte per aggravare gli incendi. Temperature elevate e bassa umidità rendono la vegetazione facile preda degli incendi».

Diversi studi dimostrano che la stagione degli incendi si è allungata di 35-40 giorni, addirittura di 80 in California: comincia prima e si conclude dopo. Cambiano le condizioni meteo-climatiche e l’intensità degli attacchi degli insetti, che rendono le piante più vulnerabili. Rami secchi e piante morte sono materiale comburente che favorisce il rischio di incendi.

«Senza alberi e senza vegetazione che svolge la funzione di ancorare il terreno e trattenere l’umidità, la vegetazione sottostante può seccarsi, facilitando la combustione», conclude Ciccarese. «Senza gli alberi, che attraverso la traspirazione liberano un enorme volume di acqua ed emettono sostanze chimiche che lo fanno condensare, diminuiranno le piogge».

 

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