Originale: Jacobin Magazine

http://znetitaly.altervista.org

2 marzo 2019

 

“Eco-socialismo o morte”    

un’intervista a Kali Akuno

traduzione di Giuseppe Volpe

 

Il New Deal Verde (GND) è oggi parte del dibattito nazionale. Ma per decenni movimenti sociali hanno svolto il lavoro sul campo per opporsi al capitalismo dei combustibili fossili e immaginare un futuro diverso. Tale mobilitazione sociale di base – ma su grande scala – è vitale per assicurare che il GND catalizzi un cambiamento sociale trasformativo.

Cooperation Jackson è in prima linea nell’organizzazione eco-socialista per creare una nuova società e una nuova economia dal basso. Cooperation Jackson comprende una rete di cooperative operaie e istituzioni di supporto che si battono per costruire un’economia solidale in Mississippi e oltre. Il gruppo editoriale sul New Deal Verde di Jacobin ha parlato con Kali Akuno, il cofondatore e direttore esecutivo di Cooperation Jackson e co-curatore di Jackson Rising: The Struggle for Economic Democracy and Black Self-Determination in Jackson, MS.

In questa estesa intervista abbiamo discusso i collegamenti tra l’azione eco-socialista locale, la costruzione di un movimento nazionale e l’orientamento internazionalista; tattiche e strategie per interagire con la politica elettorale e radicare il GND e molto altro. Complessivamente Akuno attinge a una lunga storia di attivismo per la giustizia ambientale negli Stati Uniti e in tutto il mondo, offrendo lezioni chiave su come progredire – e rapidamente – nel creare un movimento militante di massa per un pianeta giusto.

Siamo in un momento politico interessante in cui c’è parecchia eccitazione riguardo a un GND,  proveniente dalla sinistra Democratica dissenziente, ma anche parecchio rifiuto da parte di centristi del partito che hanno molto potere, come abbiamo visto nella mossa di Nancy Pelosi per indebolire il Comitato Speciale su un GND. Come possiamo essere strategici riguardo all’interazione con differenti rappresentati e protagonisti del potere? Guardando avanti al 2020, come possiamo orientarci al GND più radicale possibile?

La risposta sta nell’organizzazione. Dobbiamo organizzare una forte base indipendente per promuovere il programma di transizione di cui abbiamo bisogno, che sia il New Deal Verde o qualcos’altro di simile. Senza di ciò, questo tema epico sarà ostaggio di forze che cercano di mantenere il sistema capitalista così com’è, che si tratti della varietà Democratica o Repubblicana della visione del mondo, e dei suoi articolati interessi. E dobbiamo costruire tale base per portare avanti due strategie contemporaneamente.

La prima: dobbiamo organizzare una base di massa in seno alla classe lavoratrice, particolarmente riguardo all’aspetto concentrato sull’occupazione del quadro della giusta transizione. Dobbiamo articolare un programma che affronti concretamente il bisogno immediato e di medio termine di lavoro e di reddito stabile della classe, incentrato sull’espansione delle industrie “verdi” esistenti e sullo sviluppo di nuove, come la produzione digitale o quella che chiamiamo produzione comunitaria, che consenta una generale transizione energetica e dei consumi. Dovrà essere prima di tutto e soprattutto un movimento sociale, che interpreti la politica elettorale come tattiche e non come fine in sé stessa.

Per parte nostra, una delle iniziative cruciale che appoggiamo, come Cooperation Jackson, è lo sviluppo di una vasta alleanza di “sindacato, lavoro e cooperative” che punti a unire le tre forme del movimento organizzato della classe lavoratrice – cioè sindacati, centri dei lavoratori e cooperative operaie – intorno a quello che chiamiamo un programma di “costruzione e lotta”. Punterebbe a costruire nuove imprese autogestite di proprietà dei lavoratori radicate in metodi di produzione sostenibili per quanto riguarda l’aspetto della costruzione e a mettere in atto vari mezzi di appropriazione da parte dei lavoratori di imprese esistenti, quanto all’aspetto della lotta, che opererebbero la transizione di queste industrie in pratiche sostenibili (o, in alcuni casi, le chiuderebbe gradualmente del tutto). Pensiamo che questo sia un mezzo per la costruzione dell’indipendenza che è necessaria per dettare le condizioni della lotta politica nell’arena elettorale.

La seconda strategia sollecita la disobbedienza civile di massa, come abbiamo visto a Standing Rock. Dobbiamo riconoscere che le forze neoliberiste e reazionarie al cuore del Partito Democratico sono solo una parte del problema. I principali nemici sono, e saranno, le multinazionali petrolchimiche. Dobbiamo indebolire la loro capacità di estrarre e questo comporta fermare nuove iniziative di esplorazione e produzione. Questo è cruciale perché indebolirà il loro potere, particolarmente il loro potere finanziario, che è al centro del loro potere lobbistico. Se possiamo spezzare questo, non dovremo preoccuparci dei centristi, come dici.

Cooperation Jackson è un progetto locale e oggi molti dei progetti di sinistra più eccitanti sono locali o municipali. Il New Deal Verde probabilmente richiederà un mucchio di denaro che alla fine sarà speso da organismi locali. Tuttavia la storia degli Stati Uniti, compreso il New Deal, include molti esempi di istituzioni locali che fatto hanno difeso disuguaglianze e privilegi dall’intervento federale, mentre qualcosa di simile a ciò che W.E.B. Dubois chiamò “democrazia abolizionista” richiedeva sostegno federale. Come immagini il ruolo del decentramento e del governo federale in termini di un New Deal Verde, specialmente negli anni iniziali?

Cooperation Jackson è un progetto situato localmente, come hai indicato, ma ci consideriamo parte di un movimento internazionale o, più appropriatamente, di numerosi movimenti internazionali. Dico questo perché non pensiamo che le risposte alle questioni poste siano locali o nazionali; sono di necessità globali. Dobbiamo costruire un movimento internazionale per fermare il cambiamento climatico al galoppo e la sesta grande estinzione che stiamo attraversando proprio ora. Non c’è modo di eludere questo.

Uno dei motivi per cui dobbiamo costruire un movimento internazionale potente sta nel fortificare i nostri movimenti nazionali, regionali e locali contro le minacce reazionarie e i contro-movimenti che esistono in tutti gli Stati Uniti, ma che sono estremamente concentrati in luoghi come il Mississippi. Ad esempio, a livello pratico, essere collegati a una serie di forze internazionali contribuisce a dar copertura al nostro lavoro a Jackson. Possiamo esercitare diversi tipi di pressione su forze reazionarie locali le cui costanti minacce contro di noi possono essere mitigate (in vario grado) da atti di rappresaglia economica o politica dei nostri alleati internazionali (e nazionali).

Nella misura in cui il New Deal Verde diventa politica ed è cementato in un quadro radicale di giusta transizione, offrirà un grande contributo ad affrontare la crisi climatica col trasformare le prassi energetiche e di consumo negli Stati Uniti, particolarmente quelle del governo, che è uno dei principali emettitori di carbonio del pianeta. Tuttavia, perché il New Deal Verde diventi efficace nella sua messa in atto, dovrà essere estremamente sofisticato nell’affrontare le disuguaglianze razziali e di classe localizzate che sono al centro della tua domanda.

Così, salvo una grande trasformazione radicale del governo (e della società) del Mississippi, noi a Jackson dovremmo avere un rapporto diretto con il governo federale per assicurare l’accesso alle risorse federali messe a disposizione dal New Deal Verde. Nella situazione attuale se tali risorse fosse destinate al solo governo dello stato, si può ben immaginare che Jackson riceverebbe solo una frazione di tali risorse, ammesso che le riceva. Il motivo principale è l’intersezione culturale in corso tra colonialismo d’insediamento, capitalismo e suprematismo bianco che continua a definire gli Stati Uniti come progetto.

Perciò, per essere efficace, il New Deal Verde non deve essere monodimensionale nel suo orientamento, cioè preoccuparsi unicamente di ridurre le emissioni carboniche, senza tener conto di come affrontare e superare le iniquità a base razziale, di classe, genere e regionale di questa società.

Cooperation Jackson ha operato su modelli di agricoltura cooperativa. Quale ruolo dovrebbero avere i movimenti per la sovranità alimentare nel GND, in termini di metodi di produzione agricola?

Una parte considerevole della sesta estinzione è la rapida perdita di habitat e la corrispondente distruzione ecologica che hanno subito innumerevoli specie negli ultimi duecento anni. Dobbiamo, e sottolineo ‘dobbiamo’, ideare un modo per limitare fortemente il nostro uso dell’habitat (cioè dei terreni) e impegnarci in qualche grande reintegrazione ecologica.

La sfida consiste in come produrre più cibo in lotti di terreno più piccoli senza ricorrere alla modificazione genetica. Questo è qualcosa che non abbiamo risolto, secondo me. Non ci siamo nemmeno arrivati vicino. Penso che la permacoltura ci indichi la direzione giusta, così come un certo grado di agricoltura su piccola scala, almeno per spezzare la morsa che esercitano oggi i monopoli. Penso anche che dovremo massimizzare la densità urbana, in misura parecchio considerevole, per consentire il recupero di più habitat per altre specie e ripristinare l’equilibrio ecologica e l’arricchimento del suolo, che sono principali ‘spugne’ del carbonio. Nel far questo dovremo trasformare i nostri spazi urbani in “fattorie viventi” per affrontare molte delle nostre necessità caloriche.

Il New Deal Verde dovrà affrontare questa sfida frontalmente e lasciare ampio spazio alla sperimentazione, ma una sperimentazione che intenzionalmente spezzi il potere dei monopoli e crei nuovi incentivi per una produzione che non sia mossa o vincolata dal profitto.

Sei stato molto lucido sul problema del produttivismo che è implicito in molte delle proposte del New Deal Verde. Un modo in cui alcuni di noi hanno cercato di affrontare questo problema è enfatizzando altri tipi di lavoro, come quello di assistenza. Un’altra idea in circolazione è di trasferire grandi quantità di forza lavoro al lavoro a tempo parziale, cioè distribuire più uniformemente il lavoro esistente. Quali sono alcuni dei modi che tu ritieni affinerebbero una garanzia di occupazione per evitare di riprodurre la politica produttivistica capitalista e/o socialista? 

La sinistra ha cominciato a posizionarsi intorno al miglioramento della qualità complessiva della vita della classe lavoratrice, degli oppressi e dell’umanità in generale. Una distribuzione più vasta del lavoro è indubbiamente un passo necessario in questa direzione e non si tratta solo della direzione giusta, bensì di quella imperativa. Tuttavia questo deve essere combinato con forme di scambio di solidarietà per migliorare la qualità della vita della maggior parte dell’umanità. E’ qui che possono e dovrebbero entrare in gioco cose come la banca del tempo su vasta scala. Così come la generale espansione dei beni comuni.

Secondo me questo comporta anche misure transitorie, quali un reddito universale di base (UBI). Dico ‘transitorie’ perché istituire un UBI senza socializzare i mezzi di produzione servirebbe solo a riprodurre la logica capitalista dell’accumulazione e delle relazioni di disuguaglianza che sono necessarie per la sua riproduzione.

Infine, io penso che dovremo sviluppare un sistema onnicomprensivo e democratico di pianificazione che distribuisca equamente i beni e i servizi essenziali di cui tutti abbiamo bisogno per sopravvivere e prosperare. E, per essere chiaro, non sto favorendo un ritorno alle economie statali centralizzate o capitaliste del ventesimo secolo, bensì alla socializzazione democratica delle emergenti economie di scambio basate sull’informatica e che utilizzerebbero innovazioni tecnologiche per creare un’economia rigenerativa.

Questo comporterebbe, almeno nelle prime fasi, varie regole e limiti, per assicurare che gli scambi rispettino limiti scientifici e sociali relativi all’estrazione delle risorse e all’uso dell’energia, fino a quando non diventino standard, il che richiederà alcune generazioni per smontare il secolo di cospicuo consumo che è stato portato avanti e promosso dal tardo capitalismo.

Hai indicato la guida indigena nel fermare oleodotti in luoghi come Standing Rock e sostenuto che dobbiamo “estendere le nostre campagne contro le compagnie petrolifere”, anche attraverso l’azione diretta. Altri hanno sollecitato la nazionalizzazione e la chiusura di compagnie petrolifere e del gas. Come funziona l’estensione della lotta contro le imprese dei combustibili fossili? Qual è il percorso politico per smontare queste imprese ricche e potenti?

Come ho indicato, il genere di azione diretta che abbiamo visto a Standing Rock è quella cui dobbiamo attingere. La marcia della morte cui ci stanno dirigendo le compagnie petrolchimiche non ci lascia altra scelta.

Ci sono alcuni passi cruciali che vanno fatti prima di arrivare a quel livello di azione diretta di massa su basi di continuità. Dobbiamo svolgere un lavoro molto più approfondito per indurre le masse delle persone a comprendere la gravità della crisi ma anche la nostra capacità collettiva di fare qualcosa al riguardo. Ci sono dei cuori e menti che dobbiamo conquistare e dobbiamo sconfiggere l’idea che il capitalismo non possa essere battuto. Sarà difficile, ma non è un sistema immutabile.

Le forze della reazione stanno facendo tutto quanto in loro potere per rendere esplicitamente illegale l’azione diretta che abbiamo visto nell’ultimo decennio. Intensificheranno la loro brutalità. Standing Rock dovrebbe averci insegnato questo. In verità molti difensori della terra, dell’acqua e dell’aria sono già uccisi in tutto il Sud Globale.

Dovremo far comprendere alle persone che preservare la vita su questo pianeta vale bene i sacrifici che migliaia, se non milioni, di noi dovranno fare consapevolmente, gettando i nostri corpi direttamente in prima linea contro il sistema. Siamo alla mezzanotte, e si tratta di eco-socialismo o morte. Dobbiamo essere chiari riguardo a che cosa comporterà eliminare il sistema attuale.

Questo genere di elevazione della consapevolezza deve precedere opzioni quali la nazionalizzazione come mezzo per liquidare il capitale fossile. Questo non significa che non dovremmo proporre l’idea e usarla come fattore motivante, ma dobbiamo essere realistici riguardo al fatto che ci vorranno milioni di persone che agiscano in accordo tra loro per fare di questa opzione una realtà concreta.

Sei stato a lungo attivo nel movimento per la giustizia ambientale. Quali lezioni ricavi da quel lavoro? Quali tipi di strategie e coalizioni sono stati più efficaci? Che cosa possiamo imparare riguardo a come attaccare le imprese potenti da quelli che hanno combattuto per lungo tempo su questo?

A essere onesto, la risposta questa domanda richiederebbe un libro. Consentimi di reindirizzare un po’ la domanda. E’ ora di comprendere seriamente le idee di gruppi come Earth First! In termini di sviluppo del movimento sociale sono stati in anticipo sul loro tempo. La nostra sfida oggi è immaginare come potenziarli considerevolmente e in un arco di tempo molto breve; nel giro di cinque anni, perché al meglio abbiamo solo un decennio per fare le cose giuste.

Dobbiamo rivalutare le differenze di risultato tra i movimenti orientati ecologicamente degli anni ’60 e ’70 e quelli dagli anni ’90 al presente. Non è un caso che la maggior parte delle leggi ambientali significative negli USA, come la Legge sulle Specie in Pericolo, la costruzione dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente, la Legge sull’Aria Pulita, sia stata approvata nei tardi anni ’60 e primi anni ’70, e nientemeno che da Richard Nixon. Queste leggi sono state approvate in base alle forza e alla militanza dei movimenti sociali dell’epoca, che ponevano una minaccia diretta al sistema.

I movimenti ecologisti dagli anni ’90 al presente non hanno beneficiato della coesistenza con movimenti forti e militanti tra vasti strati degli oppressi e della classe lavoratrice. In assenza di questi ultimi movimenti le lotte contro il razzismo ambientale e a favore della giustizia climatica hanno dovuto affidarsi al lobbismo per affrontare le loro richieste. Questo a sua volta ha costretto tali movimenti a dipendere da “buoni politici”, anziché creare condizioni cui il sistema doveva rispondere o peggio per esso. Dobbiamo costruire movimenti che abbiano la dimensione, chiarezza, forza e determinazione per porre chiare minacce di ‘peggio per voi’.

L’internazionalismo è uno dei principi di Cooperation Jackson e tu hai sottolineato l’importanza dell’internazionalismo in particolare a proposito del clima. Come si potrebbero costruire politiche internazionaliste in un GND? E quali esempi di progetti politici nel Sud Globale – di eco-socialismo, giuste transizioni, agricoltura sostenibile, cooperative, democrazia energetica, eccetera – trovi stimolanti o eccitanti? Come può la sinistra negli USA collegarsi a questi progetti, sostenerli e imparare da essi?

Un’altra domanda eccellente. Citerò quattro politiche cruciali:

  1. Politiche che creino meccanismi e istituzioni internazionali che collaborino direttamente con popoli e comunità indigene nelle regioni delle foreste pluviali in Africa, Asia, Caraibi, America Latina e Oceania per fermare le attività delle imprese multinazionali minerarie, petrolchimiche, agricole, pescherecce e mediche. Queste politiche dovrebbero contrastare esplicitamente il programma delle Nazioni Unite di Riduzione delle Emissioni da Deforestazione e Degrado Forestale in Paesi in Via di Sviluppo (UN REDD), non perché noi odiamo le Nazioni Unite, bensì perché tale programma è radicato nella logica neoliberista ed è una reintroduzione di pratiche coloniali che minacciano di cacciare dalle loro terre milioni di indigeni.
  2. Politiche che promuovano lo sviluppo di tecnologie di dominio pubblico [open source] per trasferire direttamente tecnologia e informazioni a persone di tutto il mondo. Questo metterà le comunità in grado di produrre le nuove tecnologie a riduzione di carbonio o neutre che saranno innovate localmente, così eliminando la necessità di commerci a lunga distanza che alimenterebbero ulteriori emissioni di anidride carbonica.
  3. Politiche che pongano fine alle attività internazionali di monopoli transnazionali petrolchimici, minerari, agricoli, pescherecci e medici con sede negli USA. Ciò consentirà la produzione locale di beni e servizi essenziali se e quando necessari e bloccherà i regimi di estrazione e accumulazione che attualmente dominano il nostro pianeta.
  4. Politiche che eliminino le imposizioni dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) che negano la sovranità nazionale e locale e che sono state di detrimento all’introduzione di importanti iniziative di mitigazione del clima negli Stati Uniti e in Canada.

Non c’è scarsità di progetti politici portati avanti nel Sud Globale che affrontano la crisi climatica e una vasta gamma degli argomenti che citi. Sono stato profondamente ispirato da movimenti in Micronesia e nelle Maldive per costringere il mondo a occuparsi del fatto che le loro isole stanno scomparendo mentre parliamo. Le loro iniziative di azione diretta nei confronti di varie funzioni dell’ONU e internazionali sono state coinvolgenti e illuminanti. Ci sono alcuni movimenti esplicitamente eco-socialisti nel Sud Globale di cui sono a conoscenza. Secondo me i più sviluppati sono in Sudafrica, Venezuela e Bolivia. La cosa cruciale riguardo ai movimenti in questi paesi è che hanno posto la questione del cambiamento climatico e della rigenerazione dell’ecologia nei loro programmi nazionali.

E, infine, è imperativo per i nostri movimenti qui nel Nord Globale essere determinati riguardo a collegarsi con i movimenti del Sud Globale. Per molti aspetti i movimenti del Sud Globale sono molto più avanzati di quelli del Nord Globale, specialmente in termini della loro coscienza politica, sviluppo organizzativo, membri e base sociale. Tuttavia ciò che molti dei movimenti del Sud Globale non possiedono sono le risorse che noi abbiamo a disposizione nel Nord Globale, e non solo risorse finanziarie, ma vari gradi di infrastrutture, come il diffuso accesso all’elettricità e alle telecomunicazioni.

Nel riflettere su come costruire una nuova internazionale, dobbiamo pensare strategicamente a come meglio utilizzare le nostre rispettive forze per superare le nostre rispettive debolezze. Dobbiamo attingere alle forze politiche e organizzative dei nostri compagni del Sud Globale, capire che dovremo adattarle ai nostri rispettivi contesti e tutto ciò che la lotta sociale comporterà, ideando anche come trasferire le nostre forze, anche solo offrendo loro maggiori risorse e accesso mediatico per parlare e agire nel loro interesse nel più vasto mondo.


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/its-eco-socialism-or-death/

 

top