http://www.labottegadelbarbieri.org/ 19 Maggio 2019
I barbari europei, i conflitti e i robot di Isaac Asimov ripreso dalla rubrica Passa parola (di Andrea Aloi) su www.strisciarossa.it/
COSA CI FA ASIMOV IN “BOTTEGA” VISTO CHE OGGI E’ DOMENICA?
Solitamente lo spazio (un paio di post, a volte tre) per fantascienza e dintorni è il Marte-dì… Forse questo brano di Asimov ci parla dell’oggi e del domani mattina (come fa spesso la buona fantascienza) per indicarci una strada piuttosto che un’altra? O per ricordarci che “la violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”? Oppure per aiutarci a guardare sul lungo periodo? Oppure… Leggete e capirete. […]
“Ogni periodo dell’evoluzione umana, Susan,” disse il Coordinatore, “ha avuto il suo particolare tipo di conflitto umano… la sua varietà di problemi che, a quanto pare, potevano essere risolti soltanto con la forza. E ogni volta, cosa abbastanza avvilente, il ricorso alla forza non ha mai risolto veramente quei problemi. Anzi, sopravvivevano attraverso una serie di conflitti, poi si dileguavano spontaneamente quando l’ambiente sociale ed economico si modificava. E allora sorgevano nuovi problemi e nuove guerre… Un ciclo apparentemente interminabile. Pensi ai tempi relativamente moderni. Vi fu la serie di guerre dinastiche nel sedicesimo e diciassettesimo secolo, quando il problema più importante, in Europa, era se toccasse alla casa d’Asburgo o a quella dei Valois e poi dei Borboni dominare il continente. Fu uno dei cosidetti ‘conflitti inevitabili’, dal momento che l’Europa, ovviamente, non poteva continuare a esistere se apparteneva metà agli uni e metà agli altri.
“E invece l’Europa continuò a esistere, e nessuna guerra spazzò via una delle due dinastie e consolidò l’altra, fino a che il sorgere di una nuova concezione sociale in Francia, nel 1789, fece scivolare prima i Borboni e poi, a lungo andare, anche gli Asburgo lungo una discesa polverosa fino all’inceneritore della Storia.
“E in quegli stessi secoli vi furono anche le più barbare guerre di religione, provocate da un altro importantissimo problema: l’Europa doveva essere cattolica o protestante? Non poteva essere metà e metà. Era ‘inevitabile’ che decidesse la spada… che tutto sommato non decise nulla. Intanto, in Inghilterra stava sorgendo la civiltà industriale e, sul continente, un nuovo nazionalismo. Ai giorni nostri l’Europa è ancora metà cattolica e metà protestante e questo non importa a nessuno.
“Nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo vi fu un ciclo di guerre nazionalistico-imperialistiche; il problema più importante era quali parti dell’Europa dovessero controllare le risorse e la capacità di consumo di determinate parti della non-Europa. Ovviamente tutta la non-Europa non poteva continuare a esistere in parte inglese, in parte francese, in parte tedesca e così via… Fino a che le convinzioni del nazionalismo si diffusero abbastanza e la non-Europa pose fine a una situazione che le guerre non erano riuscite a risolvere, decidendo che poteva continuare a esistere magnificamente, rimanendo tutta, completamente, non-europea. E così abbiamo uno schema…” “Sì, Stephen, lei semplifica troppo,” disse Susan Calvin. “Queste non sono osservazioni molto profonde.”
“No… Ma in molti casi la cosa più difficile è proprio rendersi conto di ciò che è ovvio. La gente dice: ‘è evidente come il tuo naso’; ma quanta parte del mio naso riesco a vedere, a meno che qualcuno non mi tenga davanti uno specchio? Nel ventesimo secolo, Susan, comincia un nuovo ciclo di guerre… come chiamarle? Guerre ideologiche? Le emozioni della religione applicate ai sistemi economici, piuttosto che ai sistemi soprannaturali? Ancora una volta le guerre furono ‘inevitabili’ e questa volta c’erano le armi atomiche, quindi l’umanità non avrebbe potuto sopravvivere al suo calvario rappresentato dal solito spreco di ‘inevitabilità’. E vennero i cervelli positronici. E vennero appena in tempo; e, con loro, venne il volo interplanetario. Non sembrò più tanto importante che il mondo seguisse Adam Smith o Carlo Marx. Non avrebbe avuto molto senso, nella nuova situazione.
Entrambi i sistemi dovettero coesistere e finirono per ritrovarsi quasi sulla stessa linea. Ma c’era un altro pericolo. La fine di qualsiasi altro problema aveva semplicemente dato origine a un problema nuovo. La nostra economia robotica su scala mondiale può presentare i suoi propri problemi; e per questa ragione noi abbiamo le Macchine. Ora, sebbene le Macchine non siano altro che i più vasti agglomerati di circuiti calcolatori mai inventati, – continuò Stephen Byerley – sono pur sempre robot entro i limiti della Prima Legge e quindi la nostra economia su scala terrestre è in accordo con i migliori interessi dell’Uomo. A meno che…”
Una lunga pausa poi la dottoressa Calvin lo incoraggiò, ripetendo: “A meno che…” Il fuoco si piegò e saltellò attorno a un ceppo, poi scoppiettò verso l’alto. “A meno che,” disse il Coordinatore, “le Macchine non siano impari alla loro funzione. Ecco, dal momento che le Macchine ci danno risposte errate, assumendo che esse non possono essere in errore, c’è soltanto una possibilità: sono stati forniti loro dati sbagliati! In altre parole, l’errore è degli uomini e non dei robot. Così io ho compiuto il mio recente giro d’ispezione planetaria… Era necessario, dal momento che vi sono quattro Macchine, ciascuna delle quali dirige una delle Regioni Planetarie. E tutte quante danno risultati imperfetti, la Regione Orientale, la Regione Tropicale, la Regione Settentrionale e la Regione Europea”.
La Regione Europea era un’anomalia, sotto molti aspetti. Come area, era di gran lunga la più piccola: la sua superficie non era neanche un quinto della superficie della Regione Tropicale, la sua popolazione non era un quinto della popolazione della Regione Orientale. Geograficamente, assomigliava soltanto in modo vago al’Europa pre-atomica, dal momento che escludeva ciò che un tempo era stata la Russia europea e ciò che era stato un tempo l’arcipelago britannico, mentre includeva le coste mediterranee Dell’Africa e dell’Asia e, con un bizzarro balzo attraverso l’Atlantico, l’Argentina, il Cile e l’Uruguay. Tra tutte le Regioni, era l’unica che, nell’ultimo mezzo secolo, presentasse una netta diminuzione della popolazione.
“L’Europa,” disse la signora Szegeczowska, ne suo morbido francese, “è essenzialmente un’appendice economica della Regione Settentrionale. Noi lo sappiamo, e non ce ne importa. In quanto alla Macchina… Cosa può dire se non: ‘Fate questo e sarà meglio per voi’? Ma cos’è il meglio per noi? Essere un’appendice economica della regione Settentrionale. Ed è poi tanto orribile? Niente guerre… Viviamo in pace ed è piacevole, dopo settemila anni di guerre. Siamo vecchi, signore. Le regioni che furono la culla della civiltà occidentale sono raccolte entro i nostri confini. Abbiamo l’Egitto e la Mesopotamia, Creta e la Siria, l’Asia Minore e la Grecia… Ma la vecchiaia non è necessariamente un’età infelice. Può essere una gioia…”
“Forse lei ha ragione,” disse affabilmente Byerley. “È piacevole. Il resto della Terra può continuare a lottare. Io vi trovo un parallelo interessante. Ci fu un tempo in cui Roma era padrona del mondo. Aveva adottato la civiltà e la cultura della Grecia. Una Grecia che non era mai stata unita, che si era rovinata con le guerre. Roma la unì, le portò la pace e la lasciò vivere una vita sicura e priva di gloria. La Grecia si occupò delle sue filosofie e della sua arte. Fu una specie di morte, ma era riposante e durò, con brevissime interruzioni, per circa quattrocento anni.” “Eppure,” disse Byerley, “alla fine anche Roma cadde e quel sogno drogato ebbe fine.” “Ma non esistono più barbari che possano rovesciare la civiltà.” “Forse siamo noi stessi i nostri barbari, madame Szegeczowska”… ripreso dal racconto «Il conflitto evitabile» di Isaac Asimov nell’antologia «Io, robot» (del 1950 e più volte ristampata)
LE TRE LEGGI DELLA ROBOTICA Prima Legge della robotica. Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. Seconda Legge della robotica. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge. Terza Legge della robotica. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e con la Seconda Legge.
Da «Manuale di robotica», 56ª Edizione – 2058 d. C.
|