https://www.agoravox.it/
venerdì 25 gennaio 2019

 

Bertrand Russell, l’educazione e il dramma della guerra

di Damiano Mazzotti 

 

Bertrand Russell è stato probabilmente il filosofo più indipendente è più razionale del secolo scorso e nel 1915 scrisse un saggio magistrale sui conflitti umani e sulla libertà intellettuale: “Perché gli uomini fanno la guerra” (www.pianobedizioni.com, 2015, euro 13).

Il famoso filosofo e matematico britannico è morto nel lontano 1970, e questo saggio di orientamento pacifista è stato censurato nel Regno Unito per tantissimi anni. Alcune riflessioni riflettono lo spirito dei tempi e risultano imprecise o indefinite. Ad esempio per Russell “la guerra ha origine dalla vita dell’istinto, non dalla ragione o dal desiderio” (p. 12). Probabilmente esiste una pulsione all’aggressione e uno alla difesa (determinato anche da un eccesso di paura), ma indubbiamente esistono anche ragioni finanziarie, economiche, culturali e religiose che spingo gli essere umani a entrare in un conflitto tra un gruppo e un altro gruppo (più o meno diverso).

Però Russell ha colto pienamente il meccanismo scatenante dei conflitti: “C’è innanzitutto la convinzione della superiorità del proprio gruppo, la certezza di essere, in un certo senso il popolo eletto. Questo giustifica la sensazione che solo il bene o il male del proprio gruppo abbiano una reale importanza, e che il resto dell’umanità si debba considerare semplicemente uno strumento per il trionfo o la salvezza della razza superiore. Nella politica moderna questo atteggiamento s’incarna nell’imperialismo. L’Europa ha questo atteggiamento verso l’Asia e l’Africa, mentre molti tedeschi lo hanno verso il resto d’Europa” (p. 12).

Molte valutazioni politiche non sono razionali, ma sono la rielaborazione e la razionalizzazione degli interessi economici dominanti. Anche alcune “filosofie e sistemi di valutazione etica nascono in questo modo; sono l’incarnazione di un tipo di pensiero asservito all’impulso, che mira a fornire un fondamento pseudorazionale per indulgervi. Il pensiero autentico è solo quello che scaturisce dall’impulso intellettuale della curiosità, il quale conduce al desiderio di conoscere e di capire” (p. 9). Così “gli adulti amano immaginarsi più razionali di un bimbo o di un cane, e inconsciamente nascondono a se stessi quanto sia importante il ruolo giocato dall’impulso nelle proprie vite”.

Comunque in estrema sintesi “la guerra è un conflitto tra due gruppi, ognuno dei quali tenta di uccidere o danneggiare più componenti possibili dell’altro gruppo, per raggiungere gli obiettivi che desidera. L’obiettivo è di solito il potere o il benessere. È un piacere esercitare autorità su altri uomini, ed è un piacere vivere del prodotto del lavoro altrui” (p. 53), anche dal punto di vista relativo. Ed esiste il famigerato e implacabile terreno di scontro dell’invidia sociale che “desidera distruggere ciò che c’è di buono negli altri paesi” (p. 56). Molte persone alienate dal nazionalismo e dalla disoccupazione preferiscono le forti emozioni, e possono “dare il benvenuto persino allo scoppio di una guerra come a una liberazione dalla cupa monotonia della vita quotidiana” (p. 97).

Ultimamente gli Stati Uniti appaiono la nazione più predisposta al conflitto. Basta osservare una cartina con indicate le trenta basi americane che circondano l’Iran per capire il prossimo obiettivo della burocrazia guerrafondaia legata all’apparato industriale e militare statunitense. Anche il giornalista in pensione e libero pensatore Maurizio Blondet ha compreso bene gli strani movimenti americani. 

Dal punto di vista geopolitico “In un mondo in cui le nazioni prosperano e decadono, in cui le forze mutano e la popolazione incomincia a stare stretta, non è possibile o desiderabile mantenere lo status quo per sempre. Se si deve conservare la pace, le nazioni devono imparare ad accettare le alterazioni sfavorevoli sulla carta geografica, senza sentire di dover essere prima sconfitte in guerra, o che con la remissione si cada nell’umiliazione (p. 59).

Però l’essere umano è un superpredatore e può essere contenuto nella sua espansione biologica solo da altri esseri umani. La limitazione delle nascite è politicamente difficile da affrontare e forse solo l’invenzione di un tipo di arma sterilizzatrice potrà evitare l’attuale forma di guerra molto sanguinolenta. Agli essere umani piace sentirsi migliori. Ai riccastri piacciono gli affari migliori. Ai politici piace far sentire quasi tutti migliori. E prima o poi quasi tutti finiscono nei modi peggiori.

Bertrand Russell è stato un matematico e un filosofo britannico che ha vinto il premio Nobel per la Letteratura nel 1950 per i suoi ideali umanitari e per i suoi scritti sulla libertà di pensiero (è morto nel 1970).

Qui ci sono alcuni approfondimenti: messaggio di Russell ai posteri, 1959; 

www.filosofico.net/russell.htm

www.goodreads.com/book/show/1417686.Why_Men_Fight.

 

Nota sulla conoscenza – Grazie alla crescita dell’importanza dell’ONU e della globalizzazione economica, oggi per una nazione è diventato molto svantaggioso aggredire un’altra nazione per procurarsi delle risorse, quindi vengono privilegiate le guerre economiche. “Oggi la principale fonte di benessere è la conoscenza”, che difficilmente può essere conquistata con una guerra (Yuval Noah Harari, Homo deus, 2017). In ogni caso fra pochi anni un sistema avanzato di mentalizzazione artificiale potrebbe decidere che la salute e la vita del pianeta Terra potrebbe essere garantita solo con la completa eliminazione della specie umana. Per l’intervista a Enrico Casartelli (ex dirigente IBM). 

 

Nota sulla NATO - L’ex ambasciatore canadese James Bisset ha ricordato l’articolo I del trattato dell’Alleanza atlantica, che stipulava che la NATO non poteva prendere l’iniziativa di un conflitto armato, né fare minacce in questo senso. Si è detto dispiaciuto che questo articolo sia stato unilateralmente e illegittimamente soppresso dal presidente Bill Clinton, per permettere l’intervento militare nella ex Jugoslavia.

 

Nota economica - (Gerard Celente). Dal punto di vista finanziario esiste una legge sempre valida: "Il ricco domina sul povero e chi riceve prestiti è schiavo del suo creditore" (Bibbia, Pro 22,7).? Precisazione leggermente antipatica: la prima guerra mondiale è scoppiata un anno dopo la nascita della Federal Reserve americana. I banchieri internazionalisti in guerra vincono sempre. Infatti prestano soldi a tutti: a chi vende e a chi compra le armi. Ma i tempi sono cambiati e così facendo prima o poi si beccheranno anche loro una moderna bomba atomica sulla testa. La morte è l’unico giudice incorruttibile sulla terra.

Nota aforistica – “L’altro è un essere deprecabile che si permette di avere le nostre stesse aspirazioni” (Ambrose Bierce). “Gli invidiosi muoiono, l’invidia mai” (Moliere). “Ci conciliamo con un nemico che ci è inferiore per qualità o di cuore o di spirito. Ma non perdoniamo mai a chi ci supera nell’anima e nel genio” (Francois-Renè de Chateaubriand). “Alla resa dei conti non c’è vizio che nuoccia tanto alla felicità dell’uomo come l’invidia” (Cartesio). “Siamo noi, i vecchi, ad aver peccato; abbiamo mandato questi giovani sui campi di battaglia per le nostre maledette passioni, per la nostra morte spirituale” (Bertrand Russell, p. 174). Purtroppo gli stupidi hanno il vantaggio di potersi unire a molte più persone, e quindi posso vincere troppe battaglie. Questo è forse il principale dramma della condizione umana. Del resto “Le masse non hanno mai avuto sete di verità. Chi può fornire loro illusioni diviene facilmente il loro comandante; chi tenta di distruggere le loro illusioni è sempre la loro vittima” (Gustave Le Bon).

Nota sull’Europa - (la sociosofia). Purtroppo anche nei paesi europei quasi tutti gli esseri umani temono la libertà intellettuale e preferiscono la dipendenza culturale e mentale da un gruppo sociale più o meno importante. Questo succede anche nelle scuole di ogni livello. Però la vera educazione mette i bambini “nella condizione di pensare, e non nella condizione di pensare ciò che pensano i loro maestri” (p. 102). E sarebbe sempre meglio pensare di non essere il migliore, ma di essere il più bravo a migliorare.