The leak of a 15-page note by Dr. Eric Davis of his 2002 meeting with Vice Admiral Thomas Wilson represents the most significant UFO leak of the 21st Century. https://www.libreidee.org/ 28/9/19
Militari Usa: tecnologie aliene dal 1947. Nexus: grazie, Ufo
La Us Navy avrebbe scoperto solo oggi, nel 2019, che gli Ufo esistono? «Ma mi faccia il piacere!», avrebbe detto Totò. «Benvenuti tra noi», si limita a commentare sarcasticamente il saggista Gianfranco Carpeoro, che invita a fare una piccola ricerca: «Date un’occhiata a quanti brevetti sono stati improvvisamente depositati, negli Usa, all’indomani dell’evento di Roswell». Era la notte del 3 luglio 1947: testimoni oculari dichiararono di aver avvistato un disco volante. L’astronave era in fiamme e stava precipitando nel deserto del New Mexico. Un contadino mostrò allo sceriffo alcuni rottami, probabilmente volati via dopo l’impatto. Poco dopo, intervennero le autorità per negare tutto: era solo un pallone sonda in avaria. Trent’anni dopo, il maggiore Jesse Marcel (l’inventore della storia del pallone sonda) ammise: la nostra era una bugia, per insabbiare la verità. Oggi, all’indomani del “coming out” del Pentagono a reti unificate, la rivista “Nexus” rilancia: poco prima del duemila, l’allora numero due dell’intelligence militare Usa ammise che gli alti comandi seguono da decenni gli Ufo e studiano i rottami dei dischi volanti caduti a terra. Punto di svolta, il libro “Il giorno dopo Roswell” pubblicato nel 1997 dal colonnello Philip Corso: moltissime delle nostre attuali tecnologie – dice Corso – sono di derivazione aliena, nate dal contatto con extraterrestri.
A ricordarlo è il giornalista Tom Bosco, direttore dell’edizione italiana del bimensile “Nexus New Times”, rivista australiana distribuita con crescente successo in tutto il mondo anglosassone e in Europa. Nel numero in edicola, annuncia Bosco nella trasmissione web-radio “Border Nights”, una grande firma delle ricerche di frontiera, Richard Dolan, pubblica un documento eccezionale: le sconcertanti ammissioni dell’ammiraglio Thomas Ray Wilson, nel 1997 vicedirettore dell’intelligence militare statunitense: ebbene sì, gli Ufo esistono e li stiamo studiando da decenni. Altro che “clamorose notizie”, quelle della Us Navy che ora affida ai telegiornali la convalida ufficiale degli “oggetti volanti non identificati”. «L’unica vera notizia, semmai – precisa Bosco – è che il Pentagono sia giunto all’ammissione definitiva di ciò che si sapeva da moltissimi anni: ci stiamo forse avvicinando, dunque, a una rivelazione finale?». Il sospetto è fondato: dopo gli “incontri ravvicinati del terzo tipo” evocati dai film di fantascienza, che hanno abituato il pubblico all’idea di stretti contatti con visitatori extraterrestri, ora siamo alle ultime battute di quella che ha tutta l’aria di essere una commedia, attorno al segreto di Pulcinella del ruolo “alieno” nelle vicende umane.
Tutto comunque è partito dal clamoroso “outing” del colonnello Corso, sottolinea Bosco: «L’ufficiale era abbastanza addentro, a certi programmi. E l’ammiraglio Wilson ha avuto bisogno del suo libro per iniziare le sue indagini». Uno degli aspetti più sorprendenti, nel reportage di “Nexus”, è che il numero due dei servizi segreti militari Usa fosse all’oscuro dei documenti top secret sugli Ufo, «l’accesso ai quali – ha appreso Wilson, con sconcerto – era riservato a strutture private». Certo, aggiunge Bosco, «è singolare che il colloquio con Wilson sia emerso proprio adesso, quando cioè la Us Navy (l’arma a cui apparteneva l’ammiraglio, ritiratosi nel 2002) ha improvvisamente ammesso che gli Ufo esistono». Aggiunge Bosco: «Per il grande pubblico dei telegiornali è comunque un’ammissione abbastanza importante: immagino la faccia dei vari debunker, tipo Paolo Attivissimo: saranno sulle spine, dopo avere per anni negato l’innegabile». E i negazionisti spiazzati sono tanti: il regista Massimo Mazzucco, autore di documentari su temi scottanti come l’11 Settembre e il presunto allunaggio dell’Apollo 11 (“American Moon”, è il titolo del film) ricorda come lo stesso Piero Angela, considerato il principe della divulgazione ufficiale italiana, abbia dichiarato che, per le autorità, gli oggetti volanti non hanno mai avuto segreti: tutto sarebbe sempre stato «perfettamente spiegabile».
Affermazione ridicola, quella di Piero Angela, se comparata con le attuali parole del portavoce della marina militare Usa, secondo cui le strane astronavi inquadrate dai caccia – definite “fenomeni aerei inspiegati” – possono sfuggire di colpo ai radar e allontanarsi a velocità inimmaginabili. Tutto, a quanto parte, nasce proprio dall’incidente di Roswell: sono esattamente 72 anni che le autorità conoscono la verità sul “crash” del disco volante avvistato – in fiamme – nei cieli nella contea di Chaves, in un’area isolata e popolata da allevatori e soldati della vicina base aerea. La mattina successiva alla notte del 3 luglio ‘47, l’allevatore William Ware Mac Brazel trovò nel suo ranch alcuni rottami: lamine, asticelle e lattice. Il 6 luglio informò lo sceriffo, George Wilcox, mostrandogli i resti rinvenuti nella sua proprietà. Da giorni, nella zona, si parlava dei “dischi volanti” avvistati già la sera del 2 luglio dai coniugi Wilmot. Secondo Dan Wilmot, quegli strani velivoli sembravano “piatti”, come quelli che si sistemano in tavola. E quello caduto dalle parti del ranch di Brazel? «Le numerose voci riguardanti il disco volante – scrive il “San Francisco Chronicle” il 9 luglio – sono diventate realtà ieri, quando l’intelligence del 509º Bomb Group dell’Ottava Air Force, Roswell Army Air Field, ha avuto la fortuna di entrare in possesso di un disco volante con la collaborazione di uno degli allevatori locali e dello sceriffo della contea di Chaves».
«L’oggetto volante – aggiunge il giornale di San Francisco – è atterrato in un ranch vicino a Roswell la scorsa settimana». Non avendo un telefono, continua il “Chronicle”, l’allevatore «ha tenuto il disco fino a quando non è stato in grado di contattare l’ufficio dello sceriffo, che a sua volta lo ha riferito al maggiore Jesse A. Marcel del 509º Bomb Group Intelligence Office». Attenzione: «Sono immediatamente scattate misure e il disco è stato subito prelevato a casa dell’allevatore. È stato perquisito dalla Roswell Army Air Field e successivamente trasportato dal maggiore Marcel al quartier generale più alto». Il giorno prima – 8 luglio – erano stati gli stessi militari a scatenare l’attenzione dei media: un comunicato stampa della Roswell Army Air Field, ripreso dal quotidiano locale “Roswell Daily Record”, descriveva esplicitamente «il recupero di un oggetto volante non identificato, da parte del personale militare». Già l’indomani, ecco la prima smentita dai vertici dell’aeronautica: la storia del pallone sonda. I testimoni furono fatti sfilare davanti al reperto mostrato loro dai militari: è vero, dissero, questo è un pallone sonda; ma quello avvistato in cielo l’altra sera aveva tutt’altro aspetto, ed era in fiamme.
La menzogna ufficiale (comprensibilissima, in un’America terrorizzata già nel 1938 dalla finta invasione aliena annunciata alla radio, per scherzo, da Orson Welles) cadde trent’anni dopo, nel 1978, quando l’ufologo ed ex ricercatore di fisica nucleare Stanton Friedman intervistò Jesse Marcel, il maggiore che nel 1947 fu fotografato con i resti del pallone sonda di Roswell. Insieme al generale Roger Ramey, Marcel aveva sostenuto che il pallone meteo era l’oggetto schiantatosi a Roswell. Nell’intervista con Friedman, invece, il maggiore dichiarò finalmente che «la versione dell’aeronautica militare era un falso, concepito per insabbiare la verità e nascondere ciò che realmente precipitò nel Nuovo Messico nel luglio del ‘47». Dal primissimo dopoguerra a oggi il salto è immenso, considerando il silenzio delle autorità continuamente opposto alle ricerche e ai documenti esibiti dall’ufologia: secondo Roberto Pinotti, prestigioso presidente del Cun (Centro Ufologico Nazionale), sono stati almeno un milione gli avvistamenti di Ufo nell’ultimo mezzo secolo, il 40% convalidati da militari. L’ammissione della Marina Usa? «Meglio tardi che mai», ha commentato Pinotti a RaiUno. Tom Bosco suggerisce una domanda: cosa ha spinto le autorità a questa storica ammissione, attesa almeno dal 2008? Dobbiamo aspettarci ulteriori rivelazioni, magari sui rapporti diretti con entità extraterrestri?
In collegamento con Fabio Frabetti, a “Border Nights” Bosco sottolinea l’importanza del dossier “Ufo, la divulgazione del secolo”, ora in edicola sulle pagine del numero 139 di “Nexus”. Lo firma lo statunitense Richard Dolan, uno dei maggiori ricercatori in materia di tecnologie extraterrestri e tecnologie segrete, sviluppate dai militari grazie al ritrovamento di Ufo. Dolan, spiega Bosco, espone la recente divulgazione di un documento (15 pagine di appunti) del fisico Eric Davis, che nel 1997 ebbe la possibilità di confrontarsi con il numero due dell’intelligence militare americana, l’ammiraglio Thomas Wilson. Premessa: Davis è uno scienziato di altissimo livello, che collabora anche con il National Institute for Discovery Sciences. E’ stato anche sostenuto da Robert Bigelow, miliardario che ha finanziato ricerche avanzate sugli Ufo. «Soprattutto – aggiunge Bosco – Eric Davis è stato uno stretto collaboratore di scienziati del calibro del fisico Hal Puthoff e di Russel Target, che negli anni ‘60-70 erano in prima linea nella ricerca sul cosiddetto “paranormale” e sul fenomeno chiamato “osservazione a distanza” o “visione remota”. Si tratta della capacità, di un essere umano preparato nel modo giusto, di «proiettare la sua vista molto lontano nello spazio e nel tempo, andando a visitare – senza muoversi fisicamente – luoghi anche non terrestri». Una tecnica «usata per lo spionaggio militare avanzato», afferma Bosco: «Ufficialmente si nega il cosiddetto “paranormale”, ma sottobanco lo usano gli americani e soprattutto i russi».
Nel dossier pubblicato da “Nexus”, dunque, Eric Davis racconta i suoi incontri del 1997 con l’ammiraglio Wilson: all’epoca era il numero due dei servizi segreti che facevano capo allo stato maggiore congiunto di tutte le forze armate Usa. «Sono emerse conferme clamorose: non solo gli Ufo esistono, ma i militari – da molti anni – hanno acquisito precise conoscenze sulla loro provenienza. E soprattutto, negli Usa, sono stati molto attivi nel recupero dei cosiddetti Ufo precipitati». Aggiunge Tom Bosco: «Si sa che un certo numero di “oggetti volanti non identificati” si sono schiantati al suolo per le ragioni più varie, e sono stati recuperati in segreto dalle forze armate: hanno recuperato “l’hardware”, cioè lo scafo dell’astronave, ma anche i corpi degli occupanti, quando ce n’erano (e quasi sempre ce n’erano, di varie “razze” e tipologie). E naturalmente i militari sono stati molto attivi in quella che si chiama “retroingegneria”, pratica che consiste nell’analizzare materiali e tecnologie per cercare di riprodurle». L’ammiraglio Wilson era piuttosto nervoso, durante i suoi incontri con Davis: «Non so se si rende conto dei rischi che corro, solo per essere qui a parlare con lei», gli ha detto. A certe domande su aspetti particolarmente sensibili non ha potuto rispondere, ma ad altre sì.
Lo scenario è questo, riassume Bosco: «Le forze armate statunitensi negli ultimi decenni hanno recuperato astronavi e corpi dei membri degli equipaggi. Poi hanno svolto attività di “retroingegneria” per scoprire i principi di funzionamento di questi oggetti volanti. E il livello di segretezza che copre questo genere di operazioni è assoluto». Lo conferma lo stesso Wilson, che a Davis ha espresso tutta la sua frustrazione: «Ha faticato molto, lui stesso, per avere accesso a quei programmi top secret, che sono controllati da militari ma fanno capo a organizzazioni private». Contractor e mercenari in azione anche in materia di Ufo? «Potete immaginare lo sconcerto dell’ammiraglio Wilson, alto dirigente dell’intelligence, quando ha capito dove doveva andare a richiedere quelle informazioni: quanti e quali Ufo precipitati, dove venissero custoditi, cosa se ne fosse ricavato sul piano tecnologico». Wilson ha dovuto confrontarsi «con un’organizzazione privata», un soggetto «che non era tenuto a rispondere a nessuno, nemmeno a lui». Si chiamano “programmi ad accesso speciale”, spiega Bosco, e solo determinate persone possono esserne messe al corrente: «Nemmeno il presidente degli Stati Uniti può prendere visione di quei programmi, se non viene esplicitamente autorizzato». Conferma lo stesso Mazzucco: George Bush senior, allora direttore della Cia, negò quelle informazioni al presidente Carter: non sono di tua competenza, gli disse.
Anche a Wilson, continua Bosco, hanno fatto capire che doveva “restare al suo posto”: se avesse forzato la mano, avrebbe anche potuto subire inconvenienti seri e incidenti di carriera. «L’ammiraglio ha quindi scoperto che la questione Ufo è in mano a una gerarchia che non fa capo alla funzione pubblica, al governo regolarmente eletto». Altro dato interessante, che emerge dalle affermazioni di Wilson: i cosiddetti “rapimenti alieni”. Quegli ipotetici sequestri di persona «non sarebbero opera di extraterrestri». Una conferma della tesi secondo cui il fenomeno delle cosiddette “abductions” sarebbe di origine militare. «Ai progammi Milabs, “military labs”, farebbero capo i rapimenti, controllati in ambito militare». Questo scenario, dice Bosco, «può essere vero fino a un certo punto, ma in massima parte lo condivido: potrebbero esserci i militari, dietro alle “abductions”, considerando che possono aver instaurato rapporti di collaborazione con alcune di queste “razze” non umane che provengono da fuori (ammesso che vengano davvero da fuori)». Stando sempre all’ammiraglio Wilson, i progressi della “retroingegneria” e dello sviluppo delle tecnologie nate dalla riproduzione di veicoli alieni è estremamente lenta. «Io però non lo credo», obietta Bosco: «Penso che Wilson abbia voluto depistarci, oppure era lui stesso all’oscuro di determinati scenari».
Tom Bosco, al contrario, è convinto di avere solide ragioni per ritenere che i progressi, in questo campo (applicazione di determinati principi di fisica, sistemi di propulsione) siano ormai piuttosto avanzati. «Le affermazioni di Wilson – aggiunge – sono dovute proprio alla pubblicazione del libro di Corso, “Il giorno dopo Roswell”, pubblicato sempre nel 1997». Volume ora riproposto in italiano da Nexus Edizioni, in collaboratore con Verdechiaro Edizioni. Un testo fondamentale, perché scritto da un colonnello dell’esercito. «Ho avuto l’onore di conoscerlo, Corso», racconta Bosco. «Nel ‘44 era nell’intelligence militare in Italia, e poi ha lavorato direttamente al Pentagono». Ciò che descrive è pazzesco: «Non solo conferma l’esistenza degli Ufo e dei loro equipaggi. Corso racconta anche che, per pura casualità, ebbe modo di vedere i corpi recuperati da uno di questi “crash” (e il “crash” di Roswell è quello più famoso)». Inoltre, il colonnello spiega che la “retroingegneria” dello scafo recuperato a Roswell «fruttò avanzamenti nel campo di tecnologie oggi disponibili per tutti, come il transistor e le fibre ultra-tenaci come il kevlar, ma anche il laser, le fibre ottiche e altre tecnologie oggi di uso comune».
Sempre il colonnello Corso spiega anche come questa tecnologia è stata diluita, negli ambienti industriali mainstream: l’Ufficio Tecnologie Aliene del Pentagono (“aliene” vuol dire anche straniere, quindi l’uso del termine è equivoco) ha fornito all’industria, in via riservatissima, svariati campioni di quella tecnologia, ma senza svelare la loro origine: «Alle imprese, il Pentagono si è ben guardato dal dire che quella tecnologia proveniva da un disco volante precipitato». A loro volta, le industrie «si impegnavano a rispettare un rigido accordo, per garantire la massima riservatezza». In cambio, le aziende ricevevano quegli oggetti tecnologici: si impegnavano a svilupparli, in modo da renderli disponibili sul mercato. «Naturalmente, le tecnologie più sensibili e performanti elaborate dall’industria sarebbero rimaste di appannaggio militare». Anche per questo, forse, l’esplosivo libro-verità di Philip Corso fu messo in sordina, dai media: troppo imbarazzante, un colonnello del Pentagono che dichiara di aver personalmente assistito al recupero di alieni, a bordo di astronavi precipitate al suolo. Molto meglio raccontare – a reti unificate, ma solo nel 2019 – che sì, certo, gli Ufo esistono e i video che li ritraggono sono autentici. Siamo davvero all’antipasto di rivelazioni definitive e destabilizzanti per le istituzioni terrestri?
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