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4 maggio 2018
“Penne insanguinate”. Chi nel 2018 è disposto a lottare per un giornalismo realmente libero ed indipendente?
di Paolo Borrometi
Daphne Caruana Galizia, Jan Kuciak, i colleghi afghani e Turchi sono la testimonianza di come nel mondo, ancora oggi, si muoia per la sola colpa di informare. L’Italia ha pagato un prezzo altissimo, dalle mafie al terrorismo, in termini di “penne insanguinate”. Da Cosimo Cristina a Giuseppe Alfano, ventotto giornalisti uccisi dentro e fuori il...
Daphne Caruana Galizia, Jan Kuciak, i colleghi afghani e Turchi sono la testimonianza di come nel mondo, ancora oggi, si muoia per la sola colpa di informare. L’Italia ha pagato un prezzo altissimo, dalle mafie al terrorismo, in termini di “penne insanguinate”. Da Cosimo Cristina a Giuseppe Alfano, ventotto giornalisti uccisi dentro e fuori il nostro Paese (come non ricordare Ilaria Alpi e Miran Hrovatin o Maria Grazia Cutuli). Donne e uomini che hanno illuminati territori, periferie del mondo spesso dimenticate per dare la possibilità ai cittadini di conoscere.
Incredibile ed inaccettabile, cercando l’impossibile sfida di essere terzo sul tema, che nel nostro Paese si minaccino di morte i giornalisti e, addirittura, qualcuno pensi ad attentati per “dare una lezione”.
La vita di un giornalista equivale alla libertà di ognuno di noi.
L’articolo 21 della Costituzione prevede il diritto dovere ad informare, ma soprattutto il diritto del cittadino ad essere informato.
“La libertà di informazione, come attesta la nostra Costituzione, è fondamento di democrazia”. Le parole forti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sottolineano la necessità di un giornalismo libero ed autorevole, andando oltre il termine “coraggioso”. Un giornalismo praticato sul campo e quotidiano che possa essere un cane da guardia della democrazia e non un cane da compagnia.
Uno sforzo collettivo va fatto, per garantirne l’indipendenza. Innanzitutto lottando la precarizzazione del lavoro giornalistico, ci sono colleghi che vengono pagati una manciata di euro ad articolo e la libertà non può prescindere dalla giusta retribuzione. Poi c’è il tema annoso e dolente delle querele temerarie. Oggi querelare un giornalista non ha rischi per chi querela, ma comporta un calvario per chi la riceve.
In questo senso andrebbero approvati provvedimenti normativi che combattano le querele pretestuose ed eliminino il carcere (in questo campo siamo fra le maggiori vergogne in Europa).
Tutti vogliono, a parole, un giornalismo libero ed indipendente, ma nel 2018 chi è disposto a lottare affinché lo sia realmente?