http://www.affarinternazionali.it/ 15 Feb 2018
Russia: il pivot euroasiatico di Putin di Paolo Calzini
Il 2018 vedrà Mosca impegnata nella messa a punto di una linea di politica estera volta a promuovere il ruolo della Russia, secondo una strategia multidirezionale, a 360 gradi, in continuità con il corso intrapreso a seguito della crisi ucraina. Una linea confortata dai successi riportati in termini di influenza e di immagine nel confronto con l’Occidente, grazie alla destrezza politico-diplomatica, appoggiata allo strumento militare. L’utilizzazione delle posizioni conquistate in Siria, e in Medio Oriente in generale, tenendo fermo nel contempo la situazione di stallo venutasi a creare nello spazio post-sovietico, è alla base del rilancio su scala globale della Russia. La concretezza di quello che viene definito “il grande disegno” si fonda sulla volontà del Cremlino di imprimere una svolta al corso di politica estera all’altezza delle sfide poste della congiuntura internazionale. Sull’impronta innovativa nell’orientamento strategico russo attuale, caratterizzato da una relativa messa in secondo piano dell’impegno a Ovest, non vi sono dubbi. Sarà l’azione verso Est, in corrispondenza con la rielezione di Vladimir Putin alla presidenza, a costituire l’elemento trainante del processo di mobilitazione delle risorse materiali e umane per la realizzazione del progetto. Sempre che, ovviamente, non intervengano in sede domestica e/o esterna sviluppi tali da alterare la direzione di marcia prestabilita. Una politica neo-revisionista dell’ordine mondiale Obiettivo prioritario è l’Eurasia: il supercontinente emergente in tutta la sua importanza politico-strategica e economica. Esso è individuato come spazio privilegiato di un nuovo e aggiornato “grande gioco”, che vede in competizione le grandi potenze continentali (Russia, Cina, Unione europea) e la superpotenza Usa. In questa prospettiva Mosca si propone di fare in modo che la Russia, uscita dalla condizione di isolamento che le era stata inflitta dall’Occidente, sia in grado di agire in condizioni di piena indipendenza, forte di una crescente presenza sul piano trans-regionale. Dato il contesto estremamente complesso, in rapida evoluzione e caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di Stati maggiori, medi e minori, portatori di istanze contrastanti, la linea d‘azione russa si attiene a una visione strategica d’insieme. L’impegno diretto a stabilire con gli Stati della regione una rete di contatti economici e strategici si accompagna ad un atteggiamento volutamente esente da valutazioni politiche nel merito della configurazione istituzionale dei rispettivi regimi. Un atteggiamento questo che avvantaggia il ruolo della Russia di Putin, consentendole di agire con un più ampio margine di flessibilità e spregiudicatezza. Le pedine di Mosca Nel portare avanti la propria politica, Mosca può contare in primo luogo sull’intesa stabilita sul piano economico e strategico con la Cina, il colosso in irresistibile ascesa con cui condivide l’opposizione all’influenza nello spazio asiatico degli Stati Uniti. Conta anche sui contatti stabiliti, in un articolato gioco di equilibrio, con le altre maggiori potenze (India, Indonesia e Giappone) e con quelle medie particolarmente assertive (Turchia e Iran). Queste ultime oggetto di particolare attenzione per avere favorito, dando vita ad un efficace sistema triangolare di collegamento, l’entrata in forza della Russia nell’area islamica del Medio Oriente. È difficile prevedere in che termini potrà svilupparsi il corso della politica estera russa operando allo stesso tempo a Est e a Ovest. Una considerazione appare in ogni caso scontata: quali che siano gli eventuali ondeggiamenti nell’orientamento del Cremlino di Putin, la sua linea d’azione non si tradurrà in una netta giustapposizione di indirizzo regionale. La promozione, inevitabilmente difficoltosa, di un corso politico che vuole essere equilibrato e pragmatico risulta strutturalmente correlata a una strategia multi-direzionale. Un progetto che guarda a Est Pensiamo alle differenze di civilizzazione che, al di là di una pretesa non sopita vocazione euroasiatica, divide la Russia dagli stati della regione. Oppure alla difficoltà di conformarsi, evitando sbandamenti dettati da considerazioni puramente contingenti, a una strategia dotata di piena coerenza. E ancora, fatta eccezione per l’energia, alla mancanza di adeguate risorse economiche, particolarmente evidente sul fronte asiatico a causa del sottosviluppo del retroterra siberiano. Né va sottovalutato il rischio, in prospettiva, di contrasti con la Cina, la cui influenza si va irradiando allo spazio circostante, toccando aree storicamente di pertinenza della Russia. Né infine il coinvolgimento, carico di incognite, nell’area mediorientale, caratterizzata da una trama irrisolvibile di rapporti conflittuali fra le sue componenti. Le fratture del Vecchio continente Questa realtà è rafforzata dalla presenza di forti interessi reciproci nel settore dell’economia, particolarmente significativi per Mosca. La crisi ucraina, anche se congelata, ha dato luogo a una gravissima frattura politico-strategica al centro del continente che mette fortemente a rischio la sicurezza in Europa. A rendere arduo l’avvio di un processo di normalizzazione fra le parti rivali contribuiscono le idiosincrasie presenti tanto nel nel campo russo che in quello occidentale. Quest’ultimo risulta diviso fra gli Stati della Nuova Europa (Polonia e Paesi Baltici in primo luogo), irriducibilmente ostili alla Russia, e quelli della Vecchia Europa, come Francia e Italia (la Germania occupa una posizione particolare), inclini a un atteggiamento sostanzialmente pragmatico. A questo schieramento fa riscontro da parte della Russia, fatto appello ai valori del nazionalismo a sostegno della legittimità del regime, una politica di netta opposizione a quella che viene percepita come una inaccettabile minaccia occidentale al proprio status di grande potenza.
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