http://www.asianews.it 09/10/2018
Il Patriarca di Antiochia e lo scontro tra Mosca e Costantinopoli di Vladimir Rozanskij
Quest’oggi un Sinodo a Istanbul prenderà la decisione sull’autocefalia alla Chiesa ucraina, osteggiata da Mosca. La Chiesa di Antiochia è anch’essa contraria e consiglia di non prendere decisioni unilaterali. Il rischio di rompere la comunione ortodossa.
Oggi 9 ottobre, si apre il Sinodo dei vescovi della Chiesa di Costantinopoli, che deciderà in merito alla concessione del Tomos di autocefalia agli ucraini. Da parte del patriarcato ecumenico sembra tutto ormai deciso. La questione dell’autocefalia ucraina, costituisce da mesi la principale preoccupazione della comunione universale ortodossa e sta incrinando i rapporti reciproci. Il 5 ottobre scorso il Sinodo della Chiesa ortodossa di Antiochia, sotto la guida del patriarca Giovanni X (Yagizi), ha diffuso un comunicato. Nel testo si esprime grande preoccupazione “per le azioni che porteranno a un cambiamento della geografia delle Chiese ortodosse”, e il rammarico per le letture unilaterali della storia passata, che “alimentano l’ostilità e conducono alla divisione”. Il Sinodo si dichiara quindi contrario ai “principi di fondazione di una nuova Chiesa nei confini canonici dei patriarcati o delle Chiese autocefale già esistenti, come metodo per la soluzione dei conflitti nel mondo ortodosso che passa attraverso il fatto compiuto”. Dei cinque antichi patriarcati (Roma, Costantinopoli, Gerusalemme, Alessandria e Antiochia), la sede siriaca è da sempre la più vicina ai russi, essendo la più orientale e storicamente quella che ha più beneficiato della protezione politica ed ecclesiastica del patriarcato di Mosca durante la lunga dominazione ottomana. Non stupisce dunque che gli antiocheni si schierino con i russi nel conflitto in corso, anche per antiche gelosie con gli stessi ucraini; nei periodi più convulsi della storia di queste Chiese, proprio Kiev e Antiochia hanno cercato di influenzare lo sviluppo del patriarcato moscovita in direzioni differenti, tra occidente e oriente del mondo cristiano europeo e mediorientale. Giovanni X e i suoi vescovi insistono sul necessario “consenso unanime” delle Chiese sulle questioni di autocefalia, e soprattutto dell’esigenza di ottenere l’approvazione della “Chiesa-madre”. Tale questione è controversa perché Kiev e Mosca si contendono da secoli il titolo di “madre delle città russe” e della Chiesa locale. Nelle dichiarazioni del sinodo siriano riunito nel monastero di Balamand, non mancano gli ammonimenti a “non farsi condizionare dalla politica, o dalle questioni razziali o nazionali”. Gli antiocheni propongono di riunire nuovamente i capi delle Chiese ortodosse autocefale, per risolvere la questione in via sinodale. Commentando queste dichiarazioni, uno dei più acuti osservatori del mondo ortodosso, il teologo russo Andrej Kuraev nota sul suo blog che “non si può dire alle frontiere nel corso dei secoli: fermati lì e non ti muovere; all’interno dei confini patriarcali avvengono continuamente vari processi di etnogenesi”. Lo stesso Kuraev fa notare inoltre che pure la Chiesa di Antiochia, fa parte di quel gruppo di Chiese che si è rifiutata di recarsi al Concilio panortodosso di Creta del 2016, tra cui la stessa Mosca. La questione sta giungendo oggi a una conclusione con il Sinodo dei vescovi di Costantinopoli. Kuraev scrive: “La questione è una sola: quando la locomotiva di Mosca si scontrerà con l’espresso di Istanbul, mandando in frantumi il calice eucaristico, quali altre Chiese avranno il coraggio di seguire Mosca e rompere con Costantinopoli?”.
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