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19.04.2018

 

Putin è fin troppo buono. I Russi vogliono un duce.

Gianluca Savoini intervista Alexander Dugin

 

Segnatevi la data: 14 aprile 2018 (quando USA, Francia e GranBretagna hanno colpito la Siria con i missili, ndr). E' la data che segna l'inizio della fine dell'Europa atlantista. Sottolineo il termine “atlantista”. Vivrà e si rinforzerà invece l'Europa dei popoli, delle identità, del sovranismo, un continente fiero della sua storia e della sua cultura che potrà collaborare alla creazione di un nuovo mondo multipolare. Quello unipolare, a guida americana, nato sulle macerie del Muro di Berlino, è destinato inevitabilmente a sbriciolarsi”. Alexander Dugin, scrittore, studioso di geopolitica, “guru” del pensiero euroasiatista e identitario russo, ha il “phisique du role” del filosofo profetico che sarebbe tra i protagonisti di qualche romanzo dei grandi autori russi ottocenteschi. Già sodale del famoso e discusso leader nazionalbolscevico Eduard Limonov (magistralmente descritto in un recente e fortunato libro di Emmanuel Carrere), Dugin ha attraversato da dissidente l'ultima fase dell'Unione Sovietica, da duro oppositore il decennio post-sovietico di Boris Eltsin e da sostenitore (con qualche critica “costruttiva”) la lunga leadership di Vladimir Putin .“Adesso Putin è l'unica speranza per la Russia – sottolinea in questa intervista a Libero -, in politica estera il nostro presidente non ne sbaglia una da anni”. E' appena uscito in italiano il libro di Dugin “Putin contro Putin” (AGA Edizioni), in cui si auspica uno “Zar” altrettanto deciso e rivoluzionario in politica interna.

Savoini: Professor Dugin, un presunto attacco chimico in Siria ha portato tre singole nazioni, senza mandato dell'ONU, a lanciare missili sulla Siria. Lei immediatramente ha dichiarato ai media russi che “la guerra è iniziata, ora dobbiamo vincerla”. Conferma questo inquietante pensiero?
Io intendevo la guerra dell'informazione. Su due fatti falsi, ma resi veri dalla propaganda globalista (il caso Skripal e l'attacco chimico di Douma in Siria), è stata creata un'atmosfera antirussa a livello mondiale, che però fortunatamente non ha attecchito come pensavano i maestri in falsificazione. Infatti né l'ONU, né la #NATO, hanno deciso di colpire la Siria, non credendo evidentemente alla “bufala” dell'attacco chimico. Adesso bisognerà vedere se a questo attacco, peraltro fallimentare, ne seguiranno altri. Lei cosa prevede?
Dugin: Penso che putroppo ce ne saranno altri. Il Nuovo Ordine Mondiale unipolare è come un drago ferito e terrorizzato e quindi azzannerà ancora con la forza della disperazione. Tutti vedono che l'Europa è ormai profondamente lacerata e divisa. I popoli non vogliono interventi militari e bombardamenti e all'interno dei governi ancora a guida globalista le opposizioni di destra e di sinistra hanno condannato l'iniziativa franco-anglo-americana. Corbyn in Inghilterra, Le Pen, Melanchon e i gollisti in Francia, per non parlare dell'Italia, in cui il leader del centrodestra, Matteo Salvini, a mio avviso si è dimostrato molto coraggioso e coerente, poteri dire anche eroico, nel condannare i raid. Si rcordi anche che la Germania della Merkel si è chiamata fuori e il governo austriaco ha espresso contrarietà. Sta cambiando lo scenario, chi non lo capisce finirà sotto le macerie di un impero al tramonto”.
Molti analisti occidentali hanno detto che il vero obiettivo dell'attacco non è tanto Assad quanto la Russia. Lo pensa anche lei?
In parte è così. Negli ultimi anni Putin ha distrutto il vecchio ordine mondiale unipolare e questa è la risposta degli atlantisti. Questa decisione ha dimostrato la debolezza degli Stati Uniti e di Trump in particolare. La Cina ha criticato duramente i raid e saranno proprio Russia e Cina che diventeranno le potenze mondiali più importanti. Ma un altro obbiettivo primario anglo-americano è colpire l'Iran, altro alleato fondamentale di Putin. In questo caso la Russia andrà in difficoltà, perchè non potrà lasciar mano libera ai raid come ha fatto il 14 aprile, ma nemmeno rischiare di far esplodere una guerra mondiale. Sarà una grande prova per noi russi. I globalisti sono costretti a continuare gli attacchi, non avendo ottenuto alcun risultato con il primo”.
A proposito di Iran, le sue preoccupazioni sono state confermate da un attacco israeliano contro postazioni iraniane presenti in Siria. Ma tra Netanyahu e Putin non c'è un buon rapporto?
Il rapporto è sempre stato costante e positivo tra i due, ma adesso la situazione sta cambiando. Agli occhi dei paesi arabi, la Russia non era vista come anti-israeliana e nei settori islamici più oltranzisti questa posizione era molto criticata. Ora però Putin ha sentito Netanyahu per capire fino a quale punto Israele sosterrà l'avventurismo franco-anglo-americano in Siria. Staremo a vedere.
Putin è stato trionfalmente rieletto un mese fa. Nel suo volume lei lo raffigura come un Giano Bifronte: forte e geniale in politica estera, più debole in quella interna. In che senso?
Sono un grande sostenitore di Putin per la sua strategia internazionale che ha riportato la Russia ai vertici nel mondo, dopo il disastro di Eltsin. Auspico però che Putin non sia esclusivamente pragmatico e “cesarista”, per dirla alla Gramsci, ma possa dotarsi di una ideologia politica e culturale antiliberista, perchè è il liberalismo a contrtastare oggi più che mai la Russia attuale. Le regole del mercato globale portano corruzione diffusa e qui in Russia la corruzione è un problema enorme. La popolazione sostiene Putin sicuramente per i suoi successi in politica estera, ma anche perchè si aspetta da lui una lotta dura alla corruzione e il ripristino della giustizia sociale. E questa sarebbe una rivoluzione epocale per la Russia.
Lei in pratica sostiene che il popolo è più putiniano di Putin?
Sorridendo si può anche dire così. Non sono le idee politiche, ma i sentimenti patriottici che guidano il popolo russo. Sentimenti che sono condivisi da diversi esponenti del governo con cui converso spesso, ma che preferiscono non esporsi troppo al di fuori dei partiti ufficiali che rappresentano. Comprensibile questa loro prudenza, ma per edificare un ordine mondiale multipolare serve sì una visione geopolitica, ma anche coraggio.

 

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