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gennaio 30, 2018
Blackout sulla riunione Putin-Netanyahu
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Ciò che è stato il più importante incontro diplomatico di oggi, è anche il meno noto. E a giudicare dal blackout delle informazioni, è proprio quello che volevano gli organizzatori. Pochi dettagli sono emersi dai lunghi colloqui a Mosca tra Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu, settimo incontro in cui i due leader rimodellano il Medio Oriente nel vuoto di potere lasciato dagli Stati Uniti. Si pensa si sia discusso di cooperazione militare in Siria ed influenza dell’Iran nella regione. La nebbia delle informazioni sull’incontro era così densa che Bloomberg e Reuters non avevano nemmeno accennato a ciò di cui i due hanno parlato in privato; oppure, e questo sia di lezione a Trump, è il risultato voluto quando non ci sono fughe di notizie. L’incontro si aveva neanche una settimana dopo che Netanyahu aveva incontrato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a Davos, dicendo di parlare col leader russo delle stesse questioni riguardanti Siria e Iran discusse con Trump. Entrambi, aveva detto, “comprendono” le posizioni d’Israele. Netanyahu era accompagnato dal capo dell’intelligence militare Maggior-Generale Herzi Halevi, e Putin dal Ministro della Difesa Sergej Shojgu. Con l’esercito russo al confine siriano, Netanyahu affermava che gli incontri con Putin, e la cooperazione sviluppatasi tra la dirigenza della Difesa di entrambi i Paesi, sono fondamentali e “quindi non ci scontriamo”. Inoltre, affermava che questi incontri sono importanti anche perché consentono alle parti di dichiarare apertamente le proprie posizioni. “Alla luce della situazione in evoluzione, anche le nostre politiche cambiano“, aveva detto Netanyahu aggiungendo di indicare a Putin le posizioni d’Israele il più “chiaramente e sinceramente” possibile. Netanyahu e Putin discussero per 90 minuti in privato ed hanno anche avuto colloqui su questioni bilaterali coi relativi staff. Netanyahu aveva detto che i colloqui erano stati “concreti” e non “teorici”. Netanyahu indicava che lui e Putin avevano parlato di vari “scenari d’escalation” nella regione e di come poterli affrontare. Netanyahu affermava che col Medio Oriente a un bivio c’è l’opportunità per stabilizzare Siria e Libano, ma che c’è un attore, l’Iran, che cerca di fare il contrario. Il primo ministro diceva di aver posto la questione dell’accordo nucleare iraniano, e detto a Putin che se non fossero state apportate modifiche all’accordo, era probabile che gli Stati Uniti se ne sarebbero allontanati.
Il Presidente della Russia e il Primo ministro israeliano s’incontravano anche al Jewish Museum and Tolerance Centerdi Mosca, dove i due leader partecipavano all’inaugurazione della mostra per celebrare la giornata internazionale della memoria dell’Olocausto, intitolata “Sobibor: Vittoriosi sulla Morte”, dedicata a la rivolta del 1943 nel campo di sterminio nazista. La mostra racconta la storia di Aleksandr Pecherskij, ufficiale dell’Armata Rossa che guidò la fuga dal campo. Putin dichiarava che il ricordo dell’Olocausto è “un avvertimento contro ogni tentativo di esaltare l’idea di dominio globale, annunciando, costruendo od affermano una propria grandezza basata su razzismo, etnia o qualsiasi altra supremazia. La Russia respinge categoricamente qualsiasi tentativo del genere“.
Commentando l’incontro, l’aiutante del Presidente russo Jurij Ushakov riferiva ai giornalisti che Putin e Netanyahu avevano discusso varie questioni bilaterali e regionali, nonché del processo di riconciliazione in Siria. Il Congresso nazionale del dialogo siriano, attualmente in corso a Sochi, era tra gli argomenti discussi, dichiarava il funzionario russo, senza fornire alcun dettaglio. L’anziano funzionario israeliano Ze’ev Elkin, giunto a Mosca al fianco di Netanyahu, aveva detto che l’incontro tra i due leader era stato “molto fruttuoso ed è durato più a lungo del previsto“, aggiungendo che gli incontri tra Putin e Netanyahu avevano “contribuito notevolmente alla sicurezza del nostro nazione“. La stampa locale israeliana aveva seguito, col Jerusalem Post che citava Netanyahu dire che “se all’Iran non viene impedito di trincerarsi militarmente in Siria o di trasformare il Libano in una fabbrica di missili diretti contro Israele, allora Israele lo fermerà“. Parlando ai giornalisti israeliani in videoconferenza dopo l’incontro, Netanyahu affermava che i colloqui si erano svolti in un momento “spartiacque”. “L’Iran si trincererà in Siria o sarà fermato?“, diceva Netanyahu, “Ho chiarito a Putin che lo fermeremo se non si fermerà da solo, stiamo già agendo per fermarlo”. Il primo ministro dichiarava di aver parlato a Putin anche della minaccia che l’Iran fabbrichi armi di precisione in Libano, cosa che Gerusalemme considera “grave minaccia”. Netanyahu affermava di aver detto a Putin che “anche qui, se dobbiamo agire, agiremo”. Il primo ministro israeliano rivelava alcuni argomenti discussi con Putin in una dichiarazione su twitter. Netanyahu affermava di aver perlato al presidente russo delle preoccupazioni sui “tentativi iraniani di creare basi militari in Siria” e sui presunti tentativi di Teheran di collocare “armi ad alta precisione” in Libano per colpire Israele. Tel Aviv si oppone fermamente a tali azioni e agirà da sola se la comunità internazionale non gestirà la questione, indicava a Putin. La reazione del presidente russo a tali affermazioni, tuttavia, rimaneva un mistero.
Nel commiato, Putin diede a Netanyahu in dono una lettera dell’industriale tedesca Oskar Schindler, che salvò circa 1200 ebrei durante l’Olocausto, spedita alla moglie.