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Putin ha messo fine all’aggressività di Washington di Mike Whitney Traduzione di Alessandro Lattanzio
“È essenziale creare le condizioni per una forza lavoro creativa e la crescita economica con ritmo tale da mettere fine alla divisione del mondo in vincitori e perdenti permanenti. Le regole del gioco dovrebbero dare alle economie in via di sviluppo almeno la possibilità di raggiungere quelle che conosciamo come economie sviluppate. Dovremmo lavorare per livellare il ritmo dello sviluppo economico e rafforzare Paesi e regioni arretrati rendendo accessibili a tutti i frutti della crescita economica e del progresso tecnologico. In particolare, ciò contribuirebbe a porre fine alla povertà, uno dei peggiori problemi contemporanei”. Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa, Incontro del Club di discussione internazionale di Valdaj
Putin vuole porre fine alla povertà? Putin vuole stimolare la crescita economica nei Paesi in via di sviluppo? Putin vuole cambiare il sistema che divide il mondo in “vincitori e perdenti permanenti”? Ma com’è possibile? Dopotutto, Putin è cattivo, è un “teppista del KGB”, è il “nuovo Hitler”! I liberali statunitensi sarebbero sorpresi nell’apprendere che Putin sostiene molti delle loro stesse questioni sociali. Ad esempio, il presidente russo non è solo deciso ad elevare il tenore di vita, ma crede anche nell’assistenza sanitaria universale gratuita, come nell’attuale Costituzione russa. Naturalmente, il sistema russo ha i suoi difetti, ma ci sono stati significativi progressi sotto Putin che ha drasticamente aumentato il budget alla sanità, migliorato la qualità delle cure e ampliatone l’accessibilità. Putin ritiene che l’assistenza sanitaria sia un diritto umano universale. Questo è ciò che ha detto all’incontro annuale del Club di discussione internazionale di Valdaj: “Un’altra priorità è la salute globale (…) Ognuno nel mondo, non solo l’élite, dovrebbe avere il diritto a una vita sana, lunga e piena. È un obiettivo nobile. In breve, dovremmo costruire le fondamenta del mondo futuro oggi, investendo in tutte le aree prioritarie dello sviluppo umano“. Quanti politici liberali negli Stati Uniti appoggerebbero una raccomandazione come quella di Putin? Non molti. I democratici sostengono le riforme basate sul mercato come Obamacare, che garantiscono una fetta sempre più grande della torta alle gigantesche e voraci compagnie medico-farmaceutiche. I democratici non fanno nulla per promuovere la salute universale come diritto umano fondamentale. Semplicemente hanno mollato e sono passati ad altro. Molti statunitensi vedrebbero ugualmente sorprendente la visione di Putin sul cambiamento climatico. Ecco un altro estratto dal discorso di Valdai: “Signore e signori, un altro problema che influenzerà il futuro di tutta l’umanità è il cambiamento climatico. (…) Suggerisco di dare un’occhiata più da vicino (…) Ciò di cui abbiamo bisogno è un approccio sostanzialmente diverso, che implicherebbe l’introduzione di nuove tecnologie innovative che non danneggino l’ambiente, ma lavorino in armonia con esso, permettendoci di ristabilire l’equilibrio tra biosfera e tecnologia, sconvolta dalle attività umane. È davvero una sfida di proporzioni globali. E sono convinto che l’umanità ha la capacità intellettuale di rispondervi. Dobbiamo unire i nostri sforzi, principalmente coinvolgendo Paesi con forti capacità di ricerca e sviluppo, e facendo progressi significativi nella ricerca di base. Proponiamo di convocare un forum speciale sotto l’egida delle Nazioni Unite per affrontare in modo esauriente i problemi dell’esaurimento delle risorse naturali, distruzione degli habitat e cambiamenti climatici. La Russia è pronta a cosponsorizzare questo forum (…)” La maggior parte delle persone non sospetterebbe mai che Putin sostenga lo sforzo globale per combattere il cambiamento climatico. E come lo saprebbero, dopo tutto? Informazioni come questa, che aiutano ad ammorbidire l’immagine di Putin e a farlo apparire come essere umano razionale, sono ignorate dai media per mostrarlo sotto la peggiore luce possibile. I media non vogliono che la gente sappia che Putin è un uomo premuroso e modesto che ha lavorato instancabilmente per rendere la Russia e il mondo un posto migliore in cui vivere. No, vogliono che credano che sia un intrigante despota tirannico, il cui odio ossessivo per gli USA rappresenti una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Ma non è vero. Putin non è la sinistra caricatura mostrata dai media e non odia gli USA, è solo la propaganda riecheggiata dalle grandi aziende. La verità è che Putin è stato un bene per la Russia, la stabilità regionale e la sicurezza globale. Ha evitato l’annientamento della Federazione russa nel 2000 e da allora ha posto il Paese su una direzione positiva. L’impatto sull’economia russa è stato particolarmente impressionante. Secondo Wikipedia: “Tra il 2000 e il 2012, le esportazioni energetiche della Russia hanno alimentato una rapida crescita del tenore di vita, con un reddito disponibile reale in aumento del 160%. In dollari, ciò rappresenta un aumento di oltre sette volte. Nello stesso periodo, disoccupazione e povertà sono diminuite di oltre la metà e anche la soddisfazione della vita, autovalutata dai russi, è aumentata considerevolmente“. La disuguaglianza è un problema in Russia e negli Stati Uniti, ma la stragrande maggioranza dei lavoratori ha beneficiato molto delle riforme di Putin e del sistema di distribuzione che, a giudicare dal costante aumento dei redditi disponibili, è molto più alto di quello degli Stati Uniti dove i salari stagnano da oltre vent’anni e quasi tutta la ricchezza è arraffata dal parassitario 1%. Da quando Putin è entrato in carica nel 2000, i lavoratori hanno visto un aumento generale di stipendi, sussidi, assistenza sanitaria e pensioni. Povertà e disoccupazione sono state più che dimezziate mentre gli investimenti esteri sono cresciuti costantemente. I costosi prestiti del FMI sono stati completamente rimborsati, la fuga di capitali è cessata, centinaia di miliardi di riserve sono state accumulate, le tasse personali e aziendali sono state ridotte e la tecnologia ha visto una rinascita senza precedenti. I famigerati oligarchi russi hanno ancora una stretta su molte industrie private, ma la loro presa si allenta e “la cleptocrazia ha iniziato a scomparire“.
Le cose sono lungi dall’essere perfette, ma l’economia russa è fiorita sotto Putin e, in generale, il popolo è grato. Questo spiega perché il gradimento di Putin è generalmente stratosferico (70-80%). Molto semplicemente: Putin è il presidente russo più popolare di tutti i tempi. E la sua popolarità non è limitata alla Russia, anzi, si colloca generalmente al vertice della maggior parte dei sondaggi sulla leadership globale, come il recente sondaggio annuale della Gallup International, in cui Putin arriva al terzo posto (43%), dopo Angela Merkel (49%) e il presidente francese Emmanuel Macron (45%). Secondo Gallup: “Putin passava dal 33% delle opinioni favorevoli al 43%, un aumento significativo in due anni“. L’unico posto in cui delle persone hanno un’opinione negativa di Putin sono Stati Uniti (14%) ed UE (28%), dove è inesorabilmente attaccato dai media e vilipeso dalla classe politica. Ciò non dovrebbe sorprendere gli statunitensi che sanno che le probabilità d’inciampare in un articolo che tratta Putin con obiettività è più difficile che non trovare un doblone sul fondo dell’Oceano Pacifico. L’opinione diffusa dai media occidentali è che Putin sia un autocrate maniaco che uccide giornalisti e oppositori politici (senza alcuna prova), che interferisce nelle elezioni statunitensi per “seminare discordia” e distruggere la nostra preziosa democrazia (senza prove) e che guida una segreta e sinistra guerra cibernetica contro gli Stati Uniti (niente prove). Una patetica litania di diffamazioni fabbricate, ma il cui impatto sugli indottrinati statunitensi è piuttosto impressionante come mostrano i risultati della Gallup. Conclusione: la propaganda ha funzionato. Gli attacchi a Putin iniziarono nel 2006, durante il secondo mandato, quando fu chiaro che la Russia avrebbe resistito a saccheggio e sfruttamento che gli Stati Uniti richiedono ai vassalli. Fu allora che il potente Council on Foreign Relations (CFR) finanziò un rapporto intitolato “La direzione sbagliata della Russia” che suggeriva che la politica estera sempre più indipendente della Russia e la sua insistenza sul controllo delle proprie vaste risorse e compagnie petrolifere significavano che “l’idea di partenariato strategico” non sembrava più realistica. Sembra che la Russia sia stata gettata al vento perché voleva controllare il proprio petrolio e il proprio destino. John Edwards e Jack Kemp furono nominati a guidare una task force del CFR che inventò l’assurda pretesa che Putin “rigettasse la democrazia” in Russia. Sostenevano che il governo era sempre più autoritario e che la società meno “aperta e pluralista”. Kemp e Edwards posero le basi ideologiche su cui fu costruita la campagna di pubbliche relazioni contro Putin. Dodici anni dopo, ci sono ancora le stesse accuse a Putin con l’aggiunta di aver interferito nelle elezioni presidenziali del 2016. Inutile dire che alcun giornale, rivista o media della nazione pubblica mai qualcosa che differisca anche di poco dalla propagandistico dominante su Putin. Si può solo supporre che le opinioni mainstream dei media su Putin siano universalmente accettate dai 325 milioni di statunitensi o che la cosiddetta stampa libera sia uno scherzo miserabile che nasconde la macchina autoritaria che censura le opinioni che non ne favoriscono la diffamazione. Ciò che Washington disprezza davvero di Putin è che ha rifiutato di rispettarne i dettami ed aver apertamente respinto il loro modello di ordine mondiale unipolare. Come affermò alla Conferenza annuale sulla sicurezza di Monaco del 2007: “Il mondo unipolare è un mondo in cui c’è un solo padrone, un solo sovrano; un centro decisionale unico. Alla fine, questo è dannoso non solo per tutti coloro che fanno parte di questo sistema, ma anche per il sovrano stesso, mentre si distrugge dall’interno“.
Nonostante gli sforzi della Russia per aiutare gli Stati Uniti nella loro guerra al terrorismo, Washington continua a considerare Putin un rivale che alla fine va affrontato. Il conflitto in Ucraina versò benzina sul fuoco portando le due superpotenze verso la guerra calda in una situazione che rimane irrisolta. Ma la Siria era la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’intervento della Russia nella guerra in Siria nel settembre 2015 si è rivelato il punto di svolta decisivo nella conflagrazione. Respingendo i terroristi addestrati dalla CIA, Putin offese Washington e costrinse il Pentagono ad adottare un piano di salvataggio basato ampiamente sulle forze curde a est dell’Eufrate. In questo momento, le forze speciali statunitensi e i loro alleati si aggrappano a delle terre aride nell’entroterra siriano nella speranza che il Pentagono possa sviluppare una strategia dinamica che inverta il la sorte della guerra. L’umiliazione in Siria ha accelerato l’operazione d’informazione (OI) contro la Russia, il Russiagate, componente della propaganda dell’attuale guerra contro la Russia. Lo scandalo era un modo efficace per avvelenare la percezione pubblica e far credere che il criminale sia la vittima. Ancora più importante, il fallimento in Siria ha portato a una rivalutazione di come Washington conduca le proprie guerre all’estero. Il pretesto della guerra al terrore è stato abbandonato per un approccio più diretto delineato nella strategia di difesa nazionale dell’amministrazione Trump. L’accento è posto sulla “competizione tra grandi potenze”, cioè gli Stati Uniti subordinano le operazioni segrete indirette a manifestazioni più palesi di forza, in particolare di fronte alla “crescente minaccia delle potenze revisioniste” Russia e Cina. In breve, i guanti vengono tolti e Washington si prepara alla guerra.
Putin è d’ostacolo alle ambizioni imperiali di Washington, motivo per cui è divenuto il nemico pubblico numero 1. Ciò non ha nulla a che fare con l’interferenza fittizia nelle elezioni del 2016 o l’assurdo slogan della “democrazia sfuggente” in Russia. È solo questione di potere. Negli Stati Uniti, il gruppo col maggior potere è la dirigenza della politica estera. Sono i mandarini di spicco a dettarla e adattarla alla loro visione strategica dispiegando i loro lacchè nei media modellando la narrativa. È la gente che decise che Putin doveva essere demonizzato per spianare la strada a un maggiore intervento all’estero, più guerre per il cambio di regime, ad aggressioni ancora più sanguinosa contro Stati sovrani. Putin avvertiva Washington che la Russia non resterà in disparte mentre gli Stati Uniti distruggono un Paese dopo l’altro cercando il dominio globale. Ribadiva che l’ iper-uso della forza” di Washington crea “nuovi centri di tensione” esacerbando i conflitti regionali, indebolendo le relazioni internazionali e “sprofondando il mondo nell’abisso del conflitto permanente“, e notava come gli Stati Uniti mostrino regolarmente disprezzo per il diritto internazionale e “trascendano i confini nazionali con qualsiasi mezzo“. Dato il comportamento aggressivo di Washington, la fiducia dell’opinione pubblica nel diritto internazionale e nella sicurezza globale si è progressivamente erosa e “nessuno si sente al sicuro. Voglio sottolineare questo punto“, tuonò Putin a Monaco di Baviera. “Nessuno si sente al sicuro“. Il 28 settembre 2015, Putin finalmente gettò il guanto di sfida al discorso pronunciato alla 70.ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York.
Dopo aver reiterato l’impegno nei confronti del diritto internazionale, delle Nazioni Unite e della sovranità degli Stati, diede un breve ma preoccupante resoconto dei recenti sviluppi in Medio Oriente, tutti peggiorati in modo significativo dall’uso della forza di Washington. Ecco Putin: “Guardate la situazione in Medio Oriente e Nord Africa (…) Invece di una riforma, l’intervento aggressivo ha distrutto istituzioni governative e stili di vita locali. Invece di democrazia e progresso, ora ci sono violenza, povertà, disastri sociali e totale disprezzo dei diritti umani, incluso il diritto alla vita (…) Il vuoto di potere in alcuni Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa ha ovviamente portato a zone d’illegalità rapidamente riempite da estremisti e terroristi. Il cosiddetto Stato islamico ha decine di migliaia di terroristi che combattono, compresi ex-soldati iracheni licenziati dopo l’invasione del 2003.
Molte reclute vengono dalla Libia il cui Stato è stato distrutto in flagrante violazione della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (…)” Gli interventi degli Stati Uniti hanno decimato Iraq, Libia, Siria ecc. Più di un milione di persone è stato ucciso e decine di milioni hanno dovuto abbandonare case e Paese. Il deflusso dei rifugiati ha aggravato le tensioni sociali nell’UE, dove il sentimento anti-immigrazione ha accelerato la crescita esplosiva di gruppi politici de organizzazioni di estrema destra. Dal Nord Africa, Medio Oriente ed Asia centrale, la sicurezza globale si è progressivamente deteriorata sotto la spietata leadership di Washington. E qui dice altro Putin: “Lo stesso Stato islamico non spunta dal nulla. Fu originariamente sviluppato come arma contro regimi secolari indesiderati. Avendo stabilito il controllo su parti di Siria ed Iraq, lo Stato Islamico si espande in modo aggressivo in altre regioni… È irresponsabile manipolare gruppi estremisti e usarli per raggiungere i propri obiettivi politici, sperando che poi si trovi un modo per sbarazzartene o in qualche modo eliminarli (…)”
Putin accusava chiaramente gli Stati Uniti per l’ascesa dello Stato islamico e del terrorismo globale. Condannava inoltre la strategia di Washington d’usare le organizzazioni terroristiche per raggiungere obiettivi strategici del cambio di regime. Ancora più importante, usò la piattaforma presso le Nazioni Unite per spiegare perché schierava aerei russi in basi in Siria, per scatenare la guerra contro i fantocci jihadisti di Washington. Putin: “Non possiamo più tollerare lo stato attuale del mondo”. Meno di 48 ore dopo la pronuncia di queste parole, gli aerei da guerra russi iniziarono a martellare i terroristi in Siria.
Putin: “Colleghi, (…) dobbiamo unire le forze per risolvere i problemi che tutti affrontiamo e creare una vera coalizione internazionale contro il terrorismo… La Russia è convinta dell’enorme potenziale delle Nazioni Unite, che dovrebbe aiutarci ad evitare un nuovo confronto e adottare la strategia della cooperazione. Assieme con altre nazioni, lavoreremo costantemente per rafforzare il ruolo centrale del coordinamento delle Nazioni Unite. Sono convinto che collaborando, renderemo il mondo stabile e sicuro e forniremo un ambiente favorevole allo sviluppo di tutte le nazioni e tutti i popoli“. Quindi, ecco la domanda: Putin fa male ad opporsi al cambio di regime di Washington, nel fermare la diffusione del terrorismo e nel rifiutare l’idea che una potenza mondiale unipolare governi il mondo? È per questo che è cattivo, perché non vuole sbattere i tacchi e fare quello che gli dice l’egemone globale? Dovremmo essere tutti così cattivi.
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