Fonte: https://972mag.com/ https://www.invictapalestina.org/ 08/09/2018
Il momento della verità per la politica della UE verso Israele-Palestina di Michael Schaeffer Omer-Man Traduzione di Grazia Parolari
Se gli Stati europei daranno seguito alle minacce e agli avvertimenti sulla demolizione di Khan al-Ahmar, aumenteranno la rilevanza della UE e della sua capacità d’influenzare la politica israeliana nei confronti dei Palestinesi.
Foto: Attivisti palestinesi, stranieri e israeliani cercano di bloccare un bulldozer israeliano che si prepara alla demolizione di Khan al-Ahmar, il 4 luglio 2018. (Oren Ziv / Activestills.org) Le potenze europee dovranno fare una scelta cruciale nella prossima settimana. Due mesi dopo che cinque stati dell’UE hanno avvisato Israele che la demolizione e l’evacuazione forzata di Khan al-Ahmar avrebbero “scatenato una reazione” dai suoi alleati, la Corte Suprema israeliana ha messo il timbro finale all’approvazione della demolizione. Insieme al villaggio di Susya nel sud della West Bank, l’UE ha indicato Khan al-Ahmar come una delle poche linee rosse nella decennale politica di Israele di arbitrarie demolizioni di case palestinesi e di espansione degli insediamenti nei Territori Occupati. I diplomatici arrivano in massa ogni volta che i piccoli villaggi in rovina dell’”Area C” sono sul punto di essere distrutti. Dichiarazioni di condanna e reiterati avvertimenti sono allora sparati nell’etere. Fino ad ora, questo approccio ha parzialmente funzionato. Ma le cose sono cambiate negli ultimi due anni e la più grande differenza è che l’attuale Casa Bianca – la cui politica mediorientale è guidata da figure spudoratamente di destra e di parte come Jared Kushner e David Friedman – non si preoccupa più di cosa Israele fa ai Palestinesi. E se si preoccupa, non è disposta a sussurrare neppure un minimo segnale di disapprovazione. Ciò significa che le potenze europee, per dirla senza mezzi termini, dovranno decidere se mantenere o zittire il loro impegno nei confronti di Khan al-Ahmar. Anche se dovessero agire, è improbabile che lo facciano come un blocco unico, a causa delle nascenti amicizie di Israele con governi europei di estrema destra che detengono un effettivo potere di veto nel sistema di politica estera della UE, basato sul consenso. I governi dovrebbero quindi intervenire individualmente. Considerando su quante poche questioni la comunità internazionale sia disposta a prendere posizione nei confronti di Israele, e considerando che i leader europei si sono assunti il ??compito di tracciare una linea rossa semi-coerente con Khan al-Ahmar, le risposte di Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Italia saranno cruciali nel determinare il destino dell’impegno internazionale sulla questione palestinese. Con gli Stati Uniti non più interessati ad applicare neppure pressioni nominali su Israele, le potenze europee, che detengono una significativa leva finanziaria, dovranno dimostrare se i loro avvertimenti sono serie minacce o parole vuote. Se non reagiranno con una sorta di sanzioni o misure punitive, avranno perso tutto ciò che resta della loro deterrenza nel fermare l’implacabile campagna del governo israeliano per rendere la soluzione dei due stati (sostenuta dall’UE) un’idea obsoleta. Ma è improbabile che tali punizioni siano imposte. Le minacce diplomatiche non vengono quasi mai fatte con l’intenzione di darvi un seguito; questo è il motivo per cui le conseguenze non sono mai dettagliate. Israele ha creduto a lungo che fosse così, e ora mette ancor più alla prova i confini della sua impunità, cosa che negli ultimi anni ha fatto sempre più audacemente. Il risultato sarà che l’attuale governo israeliano (e i governi che seguiranno), sarà incoraggiato a diventare ancora più aggressivo nella riscrittura delle regole che governano il suo comportamento: in questo caso, le regole che determinano la velocità con cui potrà continuare la graduale e silenziosa annessione della Palestina nei prossimi anni.
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