https://terrasantalibera.wordpress.com

4 March 2014

 

Obiettivi USA nella crisi-Ucraina: 1) Sfaldare la Russia, 2) Far uscire la Russia dal Mediterraneo

 

Riportiamo a seguire un’analisi espressa da Antonio de Martini (Corriere della Collera) che con diverso linguaggio mette in luce alcuni punti fondamentali riguardo alla crisi in Ucraina, che pure noi avevamo evidenziato, ma con l’aggiunta di interessanti particolari. (TSL)

http://corrieredellacollera.com/

28 febbraio 2014

 

Ucraina tra Usa e Russia (con germania mezzana): dalla ribellione alla secessione a…

di Antonio de Martini 

 

La nave da intelligence elettronica russa, Viktor Leonov CCB-175, equipaggiata di armamento contraereo moderno ha attraccato al molo delle navi da crociera dell’Avana all’alba del 27 febbraio.

 

In zona c’é anche una squadra navale iraniana che dieci giorni fa ha annunziato di voler incrociare al limite delle acque territoriali USA in segno di reciprocità per la presenza della sesta flotta nel golfo persico.

 

Questa è solo una delle numerose escalation messe in atto in occasione della crisi ucraina tra le potenze coinvolte ed ognuna di queste scelte potenzialmente può creare un casus belli.

 

Tre  post fa mi chiedevo se la crisi ucraina fosse la prima pedina di un gioco di Domino o il prodromo di una nuova Yalta.

 

La strategia USA nei confronti della Russia – specie dopo la crisi siriana – mira a due obiettivi ormai chiari che speriamo la Russia riesca a padroneggiare, a meno che un’”riflesso patriottico” vecchio stile la perda.

PRIMO OBBIETTIVO: La Russia è troppo grande e va “sfaldata”

Lo strumento per” sfaldare” la CSI (Confederazione degli Stati Indipendenti) è la N.A.T.O.  evidentemente non paga di aver annesso all’alleanza nell’Aprile 2004 le tre repubbliche baltiche che facevano parte del Patto di Varsavia (Estonia, Lituania, Lettonia).

Nel dicembre dello stesso anno, la rivoluzione rosa in Georgia portava al potere Mikhail Saakasvili, certamente pro-occidente.  La rivoluzione arancione ottenne lo stesso effetto in Ucraina.

 

Mentre gli USA fin dal summit N.A.T.O. di Bucarest nel 2008 (altro paese, la Romania, passato dal patto di Varsavia alla N.A.T.O.) non facevano mistero di voler spingere l’alleanza atlantica oltre il mar nero, la Russia iniziò una serie di contromosse – essenzialmente basate sulla leva energetica  nelle sue variabili economica e politica- per ricondurre alla ragione l’Ucraina dove era stata eletta Julia Timoshenko , filo occidentale e sensibilissima agli affari, e la Georgia dove il Presidente  Saakasvili si credette tanto appoggiato da attaccare militarmente la parte di Ossezia rimasta in territorio russo (il sud Ossezia non è, in realtà,  mai esistito).

 

Una scorribanda e un giorno di fuoco bastò ai russi per far capire che, se necessario, erano pronti alla guerra. (Agosto 2008).

Nel 2010, le nuove elezioni in Georgia che videro prevalere i filo russi e l’eliminazione dalla scena del Kirgyzistan del Presidente  Kurmanbek Bakiev hanno tranquillizzato la Russia  che stava preparando la sua rentrée caucasica con le Olimpiadi di Sochi e seguiva attentamente la situazione siriana nella quale vedeva l’occasione di un ritorno sulla scena del Levante dopo anni di ripiego su se stessa. L’adesione dell’Armenia all’area doganale russa (e che tutti davano per acquisita all’occidente)  sembrò avvalorare questo vantaggio e confermare l’appoggio che la Chiesa ortodossa offre alla nuova Russia.

 

Il caso Shalabayev, (il dissidente Kazako) con un risvolto un po’ vigliacco qui in Italia, completò il quadro strategico con cui la Russia credette di aver imposto lo stop alla  ”operazione erosione della CSI”.

 

La reazione USA, dopo i contrattempi del caso Snowden e del diplomatico spia (Ryan Foggle, terzo segretario) preso a Mosca con la parrucca bionda in testa e un impegno da un milione in tasca, non si è fatta attendere e ad onta dell’avvertimento recapitato via Italia (a Verona dall’ex candidato presidente  Sergyey Glaziev  al convegno  di ottobre scorso di Banca Intesa: “non cederemo l’Ucraina senza una situazione di guerra come la Jugoslavia”) l’attacco si è verificato. I governi fantoccio non reggono mai e anche questo non ha fatto eccezione.

 

E’ probabile che “l’ansia europeista” si  estenda alla Moldova dove – notizia di due giorni fa – il Ministro della Difesa   Vitalie Marinuta  ha trovato modo di dimettersi in polemica col Presidente Nicolae Timofti accennando a dissapori circa argomenti strategici non specificati ma che includevano “input dalla UE e dagli USA”. Senza l’adesione alla UE da parte della Moldova, la collaborazione dei romeni con l’occidente sarà sempre tiepida.

Intanto – qui si risente l’odore di una Yalta in preparazione – la Russia ha occupato i due aeroporti della penisola ben difendibile (l’assedio di Sebastopoli da parte russa nel 1944 durò oltre otto mesi) e la base navale di Sebastopoli , affittata fino al 2050,   senza colpo ferire e gli USA – e la Germania – che hanno protestato quando non volavano ancora le pallottole, non hanno fiatato.

 

In più Il rappresentante ucraino nei negoziati con la UE, Kostyantyn Yeliseyev ha colto la palla al balzo chiedendo “l’immediata firma dell’accordo di adesione ”alla Unione Europea che converrebbe anche agli USA dato che porrebbero un altro grosso fardello sulle spalle dell’Euro e della Germania.

 

I tedeschi, che hanno fatto una guerra sanguinosa  per conquistare e conservare  l’Ucraina (e rifiutarono la pace separata nel 1942 con la Russia per non cederla. vds biografia di Beria già cit.), dovrebbero a questo punto  pagare i debiti e ristrutturare le industrie e gli costerebbe ben più dell’annessione della Germania est e dovrebbero farlo questa volta  senza aiuti dagli altri paesi dell’Unione e col fardello della crisi interna in eurozona.

Oltre alla Crimea – considerata russa senza discussione – si avrebbe una separazione su base culturale e etnico-linguistica: il sud e l’est in orbita russa e l’ovest in quella tedesca.

Aspettiamo l’attacco al Kazakistan con un ruolo per Shalabayev dopo che gli effetti della svalutazione (del 20% per ora) si saranno fatti sentire. Per tamponare, il presidente Nazabajev ha nominato governatore della banca centrale il suo pupillo Karimbetov togliendolo dalla direzione del fondo sovrano di trenta miliardi che era il vanto del regime.

 

SECONDO OBBIETTIVO: La Russia deve uscire dal Mediterraneo.

Sarebbe stato un obbiettivo a portata di mano senza le ‘primavere arabe’, adesso è molto più difficile e forse è una delle ragioni della inversione di marcia americana.

In questo momento siamo in presenza della prima opzione (la crisi ucraina), ma questa seconda (mediterraneo libero da navi russe)  è di gran lunga più pericolosa per noi e per la sicurezza del Mediterraneo.

Dopo la caduta dell’URSS, la ripresa russa è stata molto più rapida di quanto prevedessero gli analisti e il ritorno di Putin alla presidenza della Russia ha creato i presupposti per una ulteriore serie di frizioni  basate sul fatto che la Russia pretende un trattamento di parità nel consesso internazionale e l’America non glielo ha riconosciuto che a malincuore nella sola occasione della crisi siriana, con l’intento di fargliela pagare alla prima occasione.

I russi dispongono di una base in Siria a Tartus e non è chiaro se abbiano già ottenuto una base navale vera e propria a Cipro.

Ipotizzo che la concederanno non appena abbandonata la presidenza di turno della UE.

“L’umiliazione” subita nella vicenda siriana  ha impresso una accelerazione al processo di confronto, mentre la Russia ha ingenuamente creduto di aver ormai raggiunto l’agognato status di parità. Non ci può essere parità tra due paesi quando uno dei due ha un bilancio di spesa militare decuplo (anche se il territorio da presidiare è dieci volte più grande…).

La Russia dispone di un alleato di taglia nel mondo mediterraneo-Egeo: la chiesa ortodossa russa.

A meno di passare alla guerra guerreggiata, l’obiettivo di togliere la base di Sebastopoli alla flotta Russa (che comunque ha un contratto di affitto che scadrà tra trentasei anni) sembra rinviato sine die.

 

La fornitura di armi concordata con l’Egitto (oltre 2 miliardi di dollari di armi specie antiaeree) permette loro di rientrare politicamente nel paese che controlla il canale di Suez.

L’Algeria guarda con sospetto alla NATO dai tempi della Libia. L’opinione pubblica italiana – da sempre contraria alla guerra –  è crescentemente ostile alla presenza delle basi USA e NATO che tendono a consumare merci proprie e godono di immunità giuridiche superiori a quelle dei parlamentari, non imparano la lingua e fanno lievitare gli affitti.

Se questo confronto dovesse continuare, sarebbe molto saggio ed economicamente vantaggioso dichiararsi neutrali, ospitando tutti e non legandosi a nessuno.

 

riferimenti

http://corrieredellacollera.com/2014/02/28/ucraina-tra-usa-e-russia-con-germania-mezzana-dalla-ribellione-alla-secessione-a-di-antonio-de-martini/

TerraSantaLibera Network reloaded on March 4, 2014

top