Fonte: Il Manifesto
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30/11/2018
Le bugie nucleari di Stoltenberg
di Manlio Dinucci
Un pericolo i missili russi»: lancia l’allarme il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg in una intervista al Corriere della Sera, a cura di Maurizio Caprara, tre giorni prima dell’«incidente» del Mar d’Azov che getta benzina sulla già incandescente tensione con la Russia [1]. «Non ci sono nuovi missili in Europa. Però missili russi sì», premette Stoltenberg, tacendo due fatti.
Primo: a partire dal marzo 2020 gli Stati uniti cominceranno a schierare in Italia, Germania, Belgio, Olanda (dove già sono schierate le bombe nucleari B-61), e probabilmente in altri paesi europei, la prima bomba nucleare a guida di precisione del loro arsenale, la B61-12, in funzione principalmente anti-Russia. La nuova bomba è dotata di capacità penetrante per esplodere sottoterra, così da distruggere i bunker dei centri di comando in un first strike. Come reagirebbero gli Stati uniti se la Russia schierasse bombe nucleari in Messico, a ridosso del loro territorio? Poiché l’Italia e gli altri paesi, violando il Trattato di non-proliferazione, mettono a disposizione degli Usa sia basi sia piloti e aerei per lo schieramento di armi nucleari, l’Europa sarà esposta a maggiore rischio quale prima linea del crescente confronto con la Russia.
Secondo: un nuovo sistema missilistico USA è stato installati nel 2016 in Romania, e uno analogo è in corso di realizzazione in Polonia. Lo stesso sistema missilistico è installato su quattro navi da guerra che, dislocate dalla U.S. Navy nella base spagnola di Rota, incrociano nel Mar Nero e Mar Baltico a ridosso del territorio russo. Sia le installazioni terrestri che le navi sono dotate di lanciatori verticali Mk 41 della Lockheed Martin, i quali – specifica la stessa società costruttrice – possono lanciare «missili per tutte le missioni: sia SM-3 per la difesa contro i missili balistici, sia Tomahawk a lungo raggio per l‘attacco a obiettivi terrestri», Questi ultimi possono essere armati anche di testata nucleare. Non potendo verificare quali missili vi siano realmente nei lanciatori avvicinati al territorio russo, Mosca dà per scontato che vi siano anche missili da attacco nucleare, in violazione del Trattato Inf che proibisce l’installazione di missili a gittata intermedia e corta con base a terra.
Stoltenberg accusa invece la Russia di violare il Trattato INF, lanciando l’avvertimento «non possiamo accettare che i trattati siano violati impunemente» Nel 2014, l’amministrazione Obama ha accusato la Russia, senza portare alcuna prova, di aver sperimentato un missile da crociera (SSC-8) della categoria proibita dal Trattato, annunciando che «gli Stati uniti stanno considerando lo spiegamento in Europa di missili con base a terra», ossia l’abbandono del Trattato INF. Il piano, sostenuto dagli alleati europei della NATO è stato confermato dalla amministrazione Trump: nell’anno fiscale 2018 il Congresso ha autorizzato il finanziamento di un programma di ricerca e sviluppo di un missile da crociera lanciato da terra da piattaforma mobile su strada. Missili nucleari tipo gli euromissili, schierati dagli USA in Europa negli anni Ottanta ed eliminati dal Trattato INF, sono in grado di colpire la Russia, mentre analoghi missili nucleari schierati in Russia possono colpire l’Europa ma non gli USA. Lo stesso Stoltenberg, riferendosi agli SSC-8 che la Russia avrebbe schierato sul proprio territorio, dichiara che sono «in grado di raggiungere gran parte dell’Europa, ma non gli Stati Uniti». Così gli Stati Uniti «difendono» l’Europa.
Grottesca infine l’affermazione di Stoltenberg che, attribuendo alla Russia «l’idea molto pericolosa di conflitti nucleari limitati», avverte: «Tutte le armi atomiche sono rischiose, ma quelle che possono abbassare la soglia per il loro uso lo sono particolarmente». È esattamente l’avvertimento lanciato da esperti militari e scienziati statunitensi a proposito delle B61-12 che stanno per essere schierate in Europa: «Armi nucleari di minore potenza e più precise aumentano la tentazione di usarle, perfino di usarle per primi invece che per rappresaglia».
Perché il Corriere non li intervista?