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Bolsonaro presidente, Brasile in mano al razzista a cui piace torturare di Francesco Ruggeri
Oltre il 55% dei voti, Bolsonaro batte Haddad, l’erede di Lula. La quarta democrazia del mondo in mano ai fascisti. Salvini gongola e vuole Battisti
«Dio sopra ogni cosa. Non c’è una cosa chiamata Stato secolare. Lo Stato è cristiano e la minoranza dovrà cambiare…». Come ogni fascista (barbuto o no) vede un amico immaginario sanguinario a indicargli la via. Con il 99,61% dei voti scrutinati, Jair Bolsonaro risulta vincitore del ballottaggio delle elezioni presidenziali in Brasile con il 55,20% dei voti, contro il 44,80% ottenuti da Fernando Haddad, candidato del Partito dei Lavoratori (Pt), un vantaggio equivalente a circa 11 milioni de voti. “Pinochet avrebbe dovuto uccidere più persone.” Veja, 2 dicembre 1998 “Ho cinque figli. Quattro ragazzi, al quinto sono stato debole e ho avuto una femmina.” Discorso al Clube Hebraica, Rio de Janeiro, 3 aprile 2017 “Il mio consiglio e la mia condotta: evado quante più tasse è possibile. Se non ho bisogno di pagare qualcosa, non la pago.” Programa Câmera Aberta, Band RJ, 23 maggio 1999 “Sono favorevole alla tortura e voi lo sapete.” Programa Câmera Aberta, Band RJ, 23 maggio 1999 “Attraverso il voto non cambieremo mai niente in questo paese. Niente! Assolutamente niente! Sfortunatamente, cambieremo quando cominceremo una guerra civile. E a fare il lavoro che il Regime Militare non fece: ucciderne trentamila! […] Se qualche innocente morisse, capita; in ogni guerra muoiono innocenti. Io sarei felice di morire se altri trentamila morissero con me.” Programa Câmera Aberta, Band RJ, 23 maggio 1999 “La situazione del paese oggi sarebbe migliore se la dittatura avesse ucciso più persone.” Folha de São Paulo, 30 giugno 1999; “Il grande errore è stato torturare e non uccidere.” 7 agosto 2008 “Quale debito storico avremmo con i neri? Io non li ho mai schiavizzati. I Portoghesi non hanno mai messo piede in Africa. I neri sono stati portati qui da altri neri.” Programa Roda Viva, 30 luglio 2018 “Non ho mai picchiato la mia ex moglie. Ma ho pensato di spararle più volte.” Revista IstoÉ, 14 febbraio 2000 “Dio sopra ogni cosa. Non c’è una cosa chiamata Stato secolare. Lo Stato è cristiano e la minoranza dovrà cambiare, se possono. Le minoranza dovranno adattarsi alla posizione della maggioranza. Discorso all’Aeroporto João Suassuna, Campina Grande, 8 febbraio 2017 “Non ti stuprerei mai perché non te lo meriti.” alla Deputata Federale Maria do Rosário, novembre 2003 Fernando Haddad, il candidato del Partito dei Lavoratori (Pt) sconfitto nel ballottaggio delle elezioni presidenziali in Braile, ha riaffermato il suo «impegno» e la sua «responsabilità civica e politica» per difendere «la democrazia e la sovranità nazionale, che sono valori che stanno al di sopra di tutti noi». In una breve dichiarazione alla stampa da un albergo di San Paolo, Haddad non si è mai riferito a Jair Bolsonaro, il candidato che lo ha sconfitto per 11 punti nel secondo turno nelle presidenziali. Fonti del Pt hanno precisato inoltre che non telefonerà al suo rivale per congratularsi con lui per la vittoria. Rivolgendosi ai suoi simpatizzanti, «la militanza che mi ha portato prima al ballottaggio e dopo a conquistare 45 milioni di voti», Haddad ha sottolineato che si tratta di «una parte del paese che ora esige rispetto». «Abbiamo sopportato un lungo periodo di dure prove, iniziato nel 2016 con la destituzione di Dilma (Rousseff), e poi la prigione ingiusta di Lula e la bocciatura della sua candidatura, malgrado le raccomandazioni dell’Onu», ha aggiunto. In quanto al futuro, Haddad ha promesso che «non lasceremo indietro il paese», assicurando che la sua «professione di fede» sarà di «riconnetterci con la base, con i poveri, per creare insieme un progetto di paese differente». La quarta democrazia più grande del mondo sarà governata da un ex ufficiale dei paracadutisti denunciato da molti come una «minaccia fascista». Una vittoria immediatamente salutata in Italia dal leader della Lega Matteo Salvini: «Anche in Brasile – ha twittato – i cittadini hanno mandato a casa la sinistra (in realtà governava la destra di Temer dopo una sorta di golpe, ndr)! Buon lavoro al presidente Bolsonaro, l’amicizia tra i nostri popoli e i nostri governi sarà ancora più forte». Ed ha aggiunto: «Dopo anni di chiacchiere, chiederò che ci rimandino in Italia il terrorista rosso Battisti». Intanto in Brasile, da Rio de Janeiro a San Paolo, sono scesi in piazza migliaia di simpatizzanti. Malgrado la rimonta registrata negli ultimi giorni da Haddad – l’erede politico scelto da Lula da Silva come candidato del Partito dei Lavoratori (Pt) – i risultati del ballottaggio hanno confermato le previsioni dei sondaggi, che davano Bolsonaro come favorito anche prima del primo turno delle presidenziali, lo scorso 7 ottobre. La vittoria di Bolsonaro rappresenta una frattura storica per il Brasile, dopo una fase di quattro governi consecutivi del Pt, chiusasi nell’agosto del 2016 con l’impeachment di Dilma Rousseff, e il breve intermezzo dell’amministrazione di Michel Temer, che arriva alla fine del suo mandato battendo tutti i record storici di impopolarità. Il risultato del voto in Brasile segna anche una nuova sconfitta per i partiti e i leader protagonisti della cosiddetta «marea rosa» progressista che investì l’America Latina all’inizio del secolo XXI, dopo le vittorie elettorali del centrodestra in Argentina, Cile, Perù e Colombia e le derive autoritarie in Venezuela e Nicaragua. Bolsonaro, un deputato che è passato per otto partiti diversi in quasi due decenni di attività parlamentare e fino a poco fa era considerato un personaggio eccentrico, noto per le sue dichiarazioni polemiche a favore della dittatura militare e la tortura e contro le donne e le minoranze razziali, etniche e sessuali, è diventato in pochi mesi il leader che ha cavalcato il crescente malessere di grandi fasce della società brasiliana. La crisi economica iniziata nel secondo governo di Dilma Rousseff, la più grave della storia brasiliana, gli scandali di corruzione politica che hanno colpito i principali partiti politici – e portato in carcere Lula – e l’escalation della violenza criminale nel paese hanno alimentato un sentimento di esasperazione diffusa, che ha portato i brasiliani a scegliere un candidato che si è presentato come un outsider «contro» l’establishment politico. Il ballottaggio è diventato anche una sorta di gioco della torre elettorale: il Brasile si è diviso fra chi voleva evitare il «pericolo fascista» rappresentato da una vittoria di Bolsonaro e chi era disposto a votare qualunque candidato che impedisse un ritorno al potere del Pt, in un clima di forte polarizzazione delle posizioni. Haddad è partito in svantaggio, giacché il Pt – che in fin dei conti è responsabile del suo discredito a livello di massa – ha scelto di spingere fino all’ultimo termine possibile la candidatura di Lula – bocciata dalle autorità elettorali a causa della sua condanna a 12 anni per corruzione – e non è riuscito né a spostare sulla sua candidatura i voti assicurati dal suo mentore politico né ad ottenere l’appoggio di leader politici di altri partiti per lanciare il suo progetto di «unità democratica» contro Bolsonaro.
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