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10/2/2018
Bisognerebbe buttare in mare i corpi dei palestinesi uccisi
La commissione per gli Affari interni del Knesset ha discusso, mercoledì, la possibilità di negare la restituzione dei corpi dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane alle loro famiglie per la sepoltura.
Le autorità israeliane continuano a trattenere i corpi di presunti aggressori palestinesi, come parte di una serie di misure di punizione collettiva che includono anche la demolizione di case.
Durante l’udienza della commissione, i genitori di un soldato israeliano ucciso a Gerusalemme Est occupata, nel gennaio 2017, hanno affermato che “invece di discutere se tenere un corpo o meno, c’è una soluzione – lasciarlo definitivamente in Israele o gettarlo in mare”.
Il presidente della commissione Yoav Kisch (Likud) ha dichiarato: “Questi terroristi che cercano di infliggere danni, dovrebbero essere sistemati sul posto. Non possiamo trattare con i terroristi come se fossimo in Svizzera.
“Quello che gli Stati Uniti hanno fatto con [Osama] Bin Laden è un grande esempio di un Paese che contrattacca”.
Il dibattito ha attirato il sostegno interpartitico per la politica di sequestro dei corpi palestinesi. Il parlamentare Akram Hasun (Kulanu) ha affermato che i funerali dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane “fanno diventare 10 mila persone anti-israeliane. Non dovremmo restituire i corpi. Dovremmo demolire case”.
Il parlamentare Anat Berko (Likud) ha detto: “I terroristi che ci uccidono meritano la sepoltura di un asino, di notte, quando nessuno può vedere”.
Il parlamentare Mickey Levy (Yesh Atid), un ex-comandante della polizia distrettuale di Gerusalemme, ha aggiunto: “Ero solito restituire i cadaveri dopo un anno, nel cuore della notte, schierando 700 ufficiali, in modo che nessuno oltre ai parenti stretti avrebbe potuto lasciare la casa”. |
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9/2/2018
OMS: 54 pazienti morti in attesa dei permessi di transito israeliani
Nel 2017, 54 pazienti palestinesi sono morti mentre attendevano l’approvazione della sicurezza israeliana per uscire da Gaza, secondo quanto affermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Nel suo rapporto mensile sull’accesso alle condizioni di salute per i pazienti provenienti dalla Striscia di Gaza, l’OMS ha riferito che circa l’85% dei pazienti deceduti in attesa di permessi di sicurezza avrebbe dovuto sottoporsi ad ulteriori indagini cliniche su probabile cancro o trattamenti contro neoplasie negli ospedali al di fuori della Striscia di Gaza.
Secondo il rapporto dell’OMS, il 2017 ha visto il più basso tasso di autorizzazioni dal 2008 (anno in cui l’Organizzazione ha iniziato a monitorare attivamente la situazione).
Soltanto il 54% delle domande per uscire da Gaza attraverso il check-point israeliano di Erez (Beit Hanoun), nel nord di Gaza, ha avuto esito positivo.
“C’è stato un continuo calo dei tassi di approvazione dal 2012, quando circa il 93% delle domande dei pazienti ebbe successo”, ha dichiarato l’OMS.
A dicembre, al 48% dei pazienti è stato negato il permesso dalle autorità israeliane. Delle 2.170 domande dei paziente, il 52,4% è stata approvata; 2,6% negata; e il 45% ritardata, non avendo ricevuto alcuna risposta definitiva dalle autorità israeliane entro la data d’appuntamento con l’ospedale.
A tre su cinque accompagnanti di pazienti non è stato concesso il permesso di viaggio fuori da Gaza. Su 2.507 richieste di autorizzazione per gli accompagnanti dei pazienti, il 40,5% è stata approvata, il 3,6% è negata e il 55,9% ritardata.
Interrogatorio di sicurezza dei pazienti:
11 pazienti (7 maschi, 4 femmine) sono stati interrogati dai servizi di sicurezza generali israeliani ad Erez nel mese di dicembre. Cinque hanno ricevuto i permessi per viaggiare per l’assistenza sanitaria. |