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05.05.2018

 

Un messaggio dall’Iran

di Costantino Ceoldo 

 

La situazione nel Medio Oriente sta per raggiungere un nuovo livello di guardia a causa dell’avvicinarci della scadenza del 12 maggio quando, se non intervengono fattori diversi, l’amministrazione Trump potrebbe davvero annunciare il ritiro unilaterale dal trattato JCPOA, l’accordo sul nucleare sottoscritto da Washington con Teheran. Davood Abbasi di ParsToday ci fornisce oggi il punto di vista iraniano, alla luce anche della sentenza di colpevolezza emessa nei confronti della Repubblica Islamica da parte di una corte federale di New York e dell’ultimo messaggio diplomatico diffuso dal ministro degli esteri iraniano, dottor Zarif. Se da un lato, infatti, un giudice federale di New York ha riconosciuto all’Iran una parte di colpa negli attentati dell’11 settembre 2001 e lo ha condannato a risarcire le vittime degli attacchi, dall’altro il dottor Zarif chiarisce una volta per tutte che il ritiro ingiustificato degli Stati Uniti dal JCPOA non aprirà la strada ad altre trattative diplomatiche in tal senso. Sullo sfondo le opposizioni inascoltate delle altre Nazioni garanti dell’accordo ed il potente esempio della Corea del Nord, la cui determinazione nel dotarsi dell’arma atomica sembra aver mutato a suo favore la situazione geopolitica nella penisola coreana.

 

D) Signor Abbasi, perché l’Iran ha firmato il trattato sul nucleare con gli Stati Uniti?

 

R) L’Iran ha firmato un trattato nucleare con 6 nazioni, ossia con Russia, Cina, Francia, Germania e Regno Unito, oltre che con gli Stati Uniti. Non avrebbe mai firmato un accordo solo con Washington. Il mondo politico iraniano non ritiene affidabile il governo americano. Il ritiro annunciato di Donald Trump dall’accordo, previsto per il 12 maggio e la mancata attuazione degli impegni assunti in base ad esso da parte della Casa Bianca, testimonia che non si può dare torto ai politici iraniani. La firma dell’accordo con il gruppo dei paesi del 5+1 è stato probabilmente un’opportunità, che la massima carica in Iran, l’ayatollah Seyyed Ali Khamenei, ha voluto dare al fronte dei riformisti, che avevano vinto le elezioni nel 2013 con Rohani e che ritenevano che, con il negoziato, era possibile risolvere i problemi con l’Occidente. È amaro ammetterlo ma, oggi, il comportamento del presidente Trump dimostra che questa era solo una chimera e che la diplomazia e la soluzione civile del problema nucleare, voluta dall’Iran, non è un linguaggio che gli americani comprendono.

 

D) Si ha l’impressione che il JCPOA fosse completamente rivolto a favore dell’Iran. Nessuno ha sospettato una trappola, un accordo da rispettare formalmente così da preparare con calma una rivoluzione colorata contro la Repubblica Islamica?

 

R) Il JCPOA, come hanno detto più volte le autorità iraniane, aveva dei vantaggi per l’Iran ma anche degli svantaggi. È nello spirito di qualsiasi compromesso. Sbaglia chi lo presenta come male assoluto ma ha sbagliato anche chi lo ha presentato come manna dal cielo. Non è possibile escludere del tutto che sia stato anche l’inizio di un tentativo di regime change in Iran ma, se questo è stato, credo che abbia fallito miseramente. Oggi, gli iraniani hanno le idee molto chiare sulla politica internazionale ed il loro gradimento per il sistema della Repubblica Islamica è ancora a livelli molto alti.

 

D) L’Iran ha ottemperato alle richieste del trattato? E gli Stati Uniti invece?

 

R) L’Iran, in base alle periodiche certificazioni dell’AIEA, l’agenzia dell’Onu per l’energia atomica, ha rispetto per filo e per segno il JCPOA a partire dal 6 gennaio 2016, giorno dell’implementazione degli accordi. Gli Stati Uniti li hanno violati già nel 2016, approvando nuove sanzioni contro l’Iran. Dopo la fine del mandato Obama, le violazioni caratterizzate da nuove sanzioni sono state più intense e il presidente Donald Trump, attraverso il Dipartimento del Tesoro, ha diramato minacce soprattutto alle grandi banche europee, intimando di non lavorare con l’Iran, in barba agli accordi che prevedevano la fine delle sanzioni bancarie contro l’Iran.

 

D) Secondo lei c’erano delle parti riservate del trattato, non disponibili al grande pubblico?

 

R) Ho sempre avuto la sensazione che fosse così, anche se le autorità iraniane e quelle di altri Paesi negano questa eventualità. Il fatto è che stranamente il governo Rohani ha fermato, oltre al nucleare, anche altri settori della ricerca scientifica. Ad esempio, ha quasi prosciolto l’agenzia spaziale iraniana, congelandone tutti i progetti, proprio dopo il JCPOA. Mi pare strano che si tratti di una coincidenza o che ciò sia dovuto, come dicono le autorità iraniane, solo alla mancanza di fondi.

 

D) Perché gli americani si ostinano ad accusare l’Iran di sviluppare missili a lunga portata? Lo sviluppo dei missili rientrava nei capitoli del JCPOA?

 

R) Intanto l’Iran sviluppa missili a medio raggio che non superano una gittata di 3000 km. Si tratta dell’unica arma difensiva dell’Iran e gli americani lo sanno bene. Probabilmente sperano di indurre l’Iran a rinunciare anche al programma missilistico per ridurlo senza difese e poi poterlo attaccare con un pretesto. L’attacco all’Iraq e le armi chimiche inesistenti di Saddam, insegnano che una volta presa la decisione di andare in guerra, fabbricare il casus belli è uno scherzo da ragazzi. Lo sviluppo dei missili non era compreso nel JCPOA, almeno a livello ufficiale e credo che gli americani siano irritati dal fatto che ciò non fosse compreso. In questa condizione, ed anche senza nucleare, l’Iran continua ad essere un paese stabile, sicuro e sempre più una potenza regionale.

 

D) Un giudice federale di New York ha condannato l’Iran a risarcire le vittime dell’11 settembre. Questo equivale ad una condanna di colpevolezza. È possibile un attacco americano alla Repubblica Islamica per rappresaglia?

 

R) Una commissione bipartisan del Senato, due estati fa, ha stabilito che 15 dei 19 attentatori delle Torri Gemelle erano sauditi ed avevano ricevuto finanziamenti da principi della famiglia reale. Credo che la sentenza del giudice di New York abbia un valore minore ed in ogni caso, rimane poco credibile dinanzi agli occhi della comunità internazionale. Per quanto riguarda l’attacco, come ho già accennato, il problema non è avere o meno un casus belli, che tanto si fabbrica a tavolino in un battibaleno. Il problema è riuscire ad avere la meglio, militarmente, contro l’Iran, cosa che almeno oggi non è possibile, nemmeno per gli Stati Uniti.

 

D) Quali realistiche implicazioni ci si può aspettare dal messaggio del Dr. Zarif?

 

R) Credo che sia un messaggio chiaro dell’Iran a Trump e un serio avvertimento. Come dire: “Se non vuoi l’accordo nucleare, verrai accontentato”. Il problema è che l’accordo nucleare aveva tenuto basso anche il profilo dello scontro dell’Iran con gli alleati degli Usa in medioriente, ossia Arabia Saudita e Israele. Silurato il JCPOA, Teheran potrebbe decidere di rispondere alle provocazioni di questi paesi, anche perché non avrebbe nulla da perdere. Non credo sia un caso se il segretario generale dell’Onu, António Guterres, abbia detto agli USA che un ritiro dall’accordo crea il rischio di una guerra.

 

D) Quale lezione può trarre l’Iran dalla politica recente della Corea del Nord?

 

R) Purtroppo può solo trarre la conclusione che per avere la pace bisogna preparare la guerra. I nordcoreani sono stati presi in considerazione, anche per un dialogo di pace, solo dopo aver raggiunto la capacità di produrre bombe nucleari e dopo aver messo a punto missili abbastanza potenti da raggiungere il suolo degli Stati Uniti. Una conferma all’amarissima realtà che la più grande potenza del mondo, oggi, capisce molto bene il linguaggio delle armi e della forza militare ma non il linguaggio del dialogo e della diplomazia. Il probabile ritiro di Trump dall’accordo nucleare è la dimostrazione di questa amara realtà.

 

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Video messaggio del ministro Zarif: 

https://www.youtube.com/watch?v=fYOnXL6R-B8&feature=youtu.be

 

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