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15 nov 2018
Lieberman si dimette
perché il governo
non attacca Gaza…per ora
di Michele Giorgio
A sgretolare le fondamenta dell’esecutivo è stata la decisione del premier di bloccare la nuova guerra e di optare per il cessate il fuoco proposto dall’Egitto. Le elezioni anticipate il probabile sbocco della crisi
Gerusalemme, 15 novembre 2018, Nena News –
«Il governo più a destra della storia di Israele si sta dissolvendo perché non è abbastanza di destra». Con poche parole affidate a un tweet la giornalista Mairav Zonszein ha racchiuso alla perfezione il motivo della improvvisa crisi dell’esecutivo guidato da Benyamin Netanyahu. Crisi che, con ogni probabilità, porterà ad anticipare ai primi mesi del 2019 le elezioni politiche in Israele, previste ufficialmente il prossimo anno in autunno. A sgretolare le fondamenta del governo nazionalista e religioso al potere è stata la decisione del premier di bloccare la nuova guerra contro Gaza e di optare per il cessate il fuoco (almeno per ora) proposto dall’Egitto e già accettato da Hamas e altre organizzazioni palestinesi. Un passo condannato dalle migliaia di israeliani nei centri abitati adiacenti alla Striscia di Gaza che invocano a gran voce dalla scorsa estate una nuova ampia offensiva militare per mettere fine, affermano, «alla minaccia dei razzi palestinesi».
Strade bloccate, copertoni date alle fiamme, slogan contro Netanyahu che hanno spinto un politico astuto come il ministro della difesa e superfalco della destra Avigdor Lieberman a dare le dimissioni, in segno di protesta contro quello che ha definito un cedimento al terrorismo e a mettersi nella condizione ideale per raccogliere consensi popolari in vista del voto anticipato al quale ha fatto subito appello. «Quello che è successo, il cessate il fuoco, è stato una resa al terrorismo. Non c’è altro significato», ha detto Lieberman aggiungendo di aver già avuto contrasti con Netanyahu e tra questi ha citato «il mancato sgombero del villaggio beduino di Khan al Ahmar, il combustibile del Qatar per Gaza e il trasferimento ad Hamas di 15 milioni di dollari (sempre da parte di Doha,ndr)». La pressione politica è salita subito. Il ministro Naftali Bennett, leader di Casa ebraica (destra religiosa e nazionalista) determinante per la stabilità della maggioranza, pretende il ministero della difesa altrimenti, minaccia, abbandonerà il governo.
Netanyahu ha provato a motivare la decisione presa l’altro giorno. «Un leader – ha detto – deve saper prendere nei momenti di emergenza decisioni difficili, anche contro il parere del popolo…Sento le voci che vengono dagli abitanti del sud, le loro parole mi arrivano al cuore ma non posso spartire con loro il quadro generale della sicurezza generale di Israele». Ha quindi tentato di far apparire la sua scelta come una vittoria affermando che Hamas e i palestinesi «ci hanno pregato per un cessate il fuoco e loro sanno la ragione». Frasi che non hanno fatto presa sull’opinione pubblica e Netanyahu si trova ora in una posizione scomoda, in cui paradossalmente rischia di apparire troppo “moderato” per poter guidare, come fa dal 2009, la destra e il paese.
Per questo appaiono prematuri i festeggiamenti di Hamas per celebrare la “vittoria” militare e politica su Israele. «Le dimissioni del ministro Lieberman sono un riconoscimento della sua sconfitta per mano della resistenza palestinese», ha detto compiaciuto il portavoce del movimento islamico Sami Abu Zuhri commentando le manifestazioni di giubilo che perdurano a Gaza city e in altre città di Gaza dall’inizio del cessate il fuoco. Zuhri dovrebbe tenere in conto che, con la campagna elettorale alle porte, tutti i leader politici israeliani andranno a caccia di consensi e voti e Netanyahu, in modo da apparire più duro con i palestinesi, tra qualche settimana potrebbe dare il via alla guerra contro Gaza che due giorni fa ha congelato. I carri armati non si sono spostati, circondano ancora Gaza e la Marina militare ieri ha ucciso un giovane pescatore palestinese che si era avvicinato “troppo” ai limiti di pesca imposti da Israele. Nena News |
Fonte: Press Tv
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14 novembre 2018
Il ministro della difesa israeliano Lieberman si dimette dal governo in polemica per l’accordo di tregua su Gaza
Traduzione di Luciano Lago
Annunciando la sua decisione in una conferenza stampa, il ministro israeliano, considerato un “falco”, ha descritto la tregua di Gaza di martedì come “una capitolazione al terrore”.
Lieberman nelle sue dichiarazioni ha riferito di aver anche contestato con veemenza la decisione Israele di permettere al Qatar di consegnare $ 15 milioni di aiuti alla Striscia di Gaza, in forte difficoltà finanziaria, per pagare gli stipendi degli impiegati governativi e dei funzionari pubblici la settimana scorsa. Gaza dipende in tutto e per tutto dagli aiuti dall’estero visto che da undici anni si trova sotto blocco israeliano. A Gaza non entrano generi alimentari o medicinali, latte in polvere e acqua potabile se non per concessione israeliana.
“Non è un segreto che c’erano differenze tra il primo ministro e me”, ha detto Lieberman. “Non ero d’accordo per consentire l’ingresso di denaro del Qatar [a Gaza], e dovevo permetterlo solo dopo che il primo ministro l’aveva annunciato”.
Lieberman, che dirige il partito Yisrael Beiteinu, riprenderà il suo posto alla Knesset dopo le sue dimissioni. Lieberman ha anche detto che tutti i membri del suo partito lasceranno la coalizione di governo di Israele composta da 120 membri, nel parlamento . L’uscita dalla coalizione del Yisrael Beiteinu significa che il primo ministro Benjamin Netanyahu detiene solo una maggioranza esigua nella Knesset (61-59) per mantenere in piedi la coalizione.
Un altro partner chiave della coalizione nel governo di Netanyahu, Habayit Hayehudi (presieduto dal ministro dell’Istruzione Naftali Bennett), ha detto che, a meno che il portafoglio della difesa non vada a Bennett, anche il suo partito lascerà la coalizione.
Lo stesso ha richiesto che le elezioni si tengano il più presto possibile, affermando che spera che la domenica venga fissata una data.
Nata nell’ex Unione Sovietica, la base elettorale di Lieberman è composta da altri immigrati di lingua russa, e dalla destra ai laici, tutti esponenti che condividono la sua intransigenza ed ostilità con i palestinesi, favorevoli ad una “soluzione finale” per risolvere definitivamente il problema della popolazione nativa della Palestina.
“Vittoria politica per Gaza”
Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha scritto, in un post pubblicato sulla sua pagina Twitter ufficiale, che la mossa è un “riconoscimento israeliano della sua sconfitta per mano della resistenza palestinese”.Abu Zuhri ha inoltre osservato che le dimissioni di Lieberman costituiscono una “vittoria politica per Gaza” dopo essere riuscita a “resistere all’Occupazione (Israele)”.
I gruppi di resistenza di Gaza hanno annunciato un cessate il fuoco con Israele in una dichiarazione congiunta martedì sera, dicendo che si sarebbero attenuti al cessate il fuoco fino a quando Israele ha fatto lo stesso.
“Gli sforzi dell’Egitto sono stati in grado di far raggiungere un cessate il fuoco tra la resistenza e il nemico sionista”, si legge nella dichiarazione.
Ha aggiunto: “La resistenza rispetterà questa dichiarazione finché il nemico sionista la rispetterà”.
L’ultima fase di aggressione militare israeliana contro la Striscia di Gaza ha visto 14 palestinesi uccisi e molti altri feriti in 48 ore mentre i raid aerei israeliani e le granate hanno ridotto gli edifici in macerie e hanno mandato palle di fuoco e pennacchi di fumo nel cielo.
In pecedenza nelle sorse settimane, nella varie manifestazioni “per il ritorno”, oltre 250 palestinesi erano stati uccisi, e migliaia di feriti, dalle forze israeliane che avevano fatto il “tirassegno” contro le persone disarmate che manifestavano lungo il confine della Striscia di Gaza. fra le vittime diversi bambini, donne, personale medico e inviati stampa.
Risulta ancora vivo il ricordo quando, all’inizio del luglio 2014, Israele intraprese una guerra contro la Striscia di Gaza. L’aggressione militare durata 50 giorni, che si concluse il 26 agosto 2014, mediante intensi bombardamenti su abitazioni, scuole, ospedali e persinino sulla sede dell’ONU, aveva ucciso circa 2.200 palestinesi, tra cui 577 bambini. Oltre 11.100 persone colpite – compresi 3.374 bambini, 2.088 donne e 410 anziani – sono stati feriti e mutilati in quella guerra.
La Striscia di Gaza è sotto assedio israeliano dal giugno 2007. Il blocco ha causato un declino del tenore di vita e livelli senza precedenti di disoccupazione e povertà inesorabile, con diffusione di malnutrizione e malattie infettive fra i bambini per mancanza di medicinali, acqua potabile e generi di necessità.
Le tensioni sono aumentate vicino al recinto che separa la Striscia di Gaza dai territori occupati da quando le proteste anti-occupazione hanno avuto inizio nell’enclave costiera il 30 marzo. Più di 250 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane. Quasi 23.000 palestinesi hanno anche subito lesioni.
Gli scontri di Gaza hanno raggiunto il loro apice il 14 maggio, alla vigilia del 70 ° anniversario del Nakba Day (Day of Catastrophe), che ha coinciso quest’anno con il trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme Est occupata (al-Quds in arabo).
Il 13 giugno, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione, sponsorizzata da Turchia e Algeria, che condanna Israele per la morte di civili palestinesi nella Striscia di Gaza.
La risoluzione, che era stata presentata a nome dei paesi arabi e musulmani, ha raccolto una forte maggioranza di 120 voti nell’assemblea di 193 membri, con otto voti contrari e 45 astenuti.
La risoluzione invitava il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres a presentare proposte entro 60 giorni “su modi e mezzi per garantire la sicurezza, la protezione e il benessere della popolazione civile palestinese sotto l’occupazione israeliana”, comprese le raccomandazioni relative a un meccanismo di protezione internazionale.
Ha anche chiesto “provvedimenti immediati per porre fine alla chiusura e le restrizioni imposte da Israele al movimento e all’accesso da e verso la Striscia di Gaza”.
Tale risoluzione, come le altre precedenti, è stata bloccata all’ONU dal veto degli Stati Uniti. |