Fonte: zope.gush-shalom.org

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22 luglio 2018

 

La marcia della follia

di Uri Avnery

Scelto e tradotto da Markus

 

Si può guardare ai fatti di Gaza con l’occhio sinistro o con l’occhio destro. Si può condannarli come disumani, crudeli e sbagliati, o si può giustificarli come necessari ed indispensabili. Ma c’è un aggettivo su cui non si può transigere. Essi sono stupidi.

 

Se la buonanima di Barbara Tuchman fosse ancora viva, potrebbe essere tentata di aggiungere un altro capitolo al suo testo fondamentale “La marcia della follia”: un capitolo intitolato “Ciechi a Gaza.”

 

L’ultimo episodio di questa epopea aveva avuto inizio alcuni mesi fa, quando gli attivisti indipendenti della Striscia di Gaza avevano organizzato, insieme ad Hamas, una marcia al confine con Israele. Era stata chiamata “La grande marcia del ritorno,” un gesto puramente simbolico per il milione e più di Arabi residenti [nella Striscia]che avevano dovuto fuggire o erano stati scacciati dalle loro case, da quel territorio che era diventato poi lo stato di Israele.

 

Le autorità israeliane avevano fatto finta di prendere la cosa seriamente. Al pubblico israeliano era stato presentato un quadro raccapricciante della situazione: 1,8 milioni di Arabi, uomini, donne e bambini in procinto di lanciarsi contro le recinzioni di confine, sfondarle in molti punti e mettere a ferro e fuoco le città e i villaggi di Israele. Terrificante.

Lungo il confine erano stati dispiegati cecchini israeliani con l’ordine di sparare a chiunque fosse sembrato un “capobanda.” Nei diversi venerdi successivi (il venerdì è il giorno della settimana sacro per i Mussulmani) erano stati uccisi più di 150 dimostranti disarmati, compresi molti bambini, ed altre centinaia feriti in modo grave dai colpi d’arma da fuoco, senza contare gli intossicati dai gas lacrimogeni.

 

La giustificazione israeliana era stata che le vittime erano state colpite mentre cercavano di “superare le recinzioni.” Però non è mai stato documentato un singolo tentativo del genere, anche se sui due lati del confine erano appostati centinaia di fotografi.

 

Di fronte alle proteste di tutto il mondo, l’esercito ha cambiato le regole d’ingaggio ed ora solo di rado uccide manifestanti disarmati. Anche i Palestinesi hanno modificato la loro tattica: il loro obbiettivo principale ora è quello di lanciare aquiloni incendiari ed appiccare il fuoco ai campi israeliani vicino alla Striscia.

 

Dal momento che il vento soffia praticamente sempre da ovest verso est, questo è un modo abbastanza facile per procurare danni ad Israele. Potrebbero farlo dei bambini, e lo fanno. Ora il Ministero dell’Educazione chiede che l’aviazione bombardi i bambini. Il Capo di Stato Maggiore si rifiuta, asserendo che una cosa del genere va “contro i valori dell’esercito israeliano.”

 

Al momento, la metà dei nostri giornali e delle nostre TV sono preoccupati per i fatti di Gaza. Tutti sembrano essere d’accordo che, prima o poi, laggiù scoppierà una guerra vera e propria.

 

La caratteristica principale di tutta questa agitazione è la sua completa stupidità.

Ogni azione militare deve avere un obbiettivo politico. Secondo il famoso detto del teorico militare prussiano Carl von Clausewitz: “La guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi.”

 

La Striscia è lunga 41 km. E larga dai 6 ai 12 km. E’ una delle località più affollate della Terra. Teoricamente appartiene all’altrettanto teorico Stato Palestinese che, come il West Bank, è occupato da Israele. Di fatto, la Striscia è governata dal partito radicale mussulmano Hamas.

 

In passato, folti gruppi di lavoratori palestinesi si trasferivano tutti i giorni da Gaza ad Israele. Ma, da quando nella Striscia è salito al potere Hamas, il governo israeliano ha imposto un blocco praticamente completo, in terra e sul mare. La dittatura egiziana, un fidato alleato di Israele nonché acerrimo nemico dell’Islam radicale, coopera con Israele.

E allora, che cosa vorrebbe Israele? La soluzione ideale sarebbe quella di affondare in mare la Striscia con tutta la sua popolazione. Non potendolo fare, che cosa rimane?

 

L’ultima cosa che Israele vorrebbe è annettere la Striscia e la sua enorme popolazione, che non è possibile scacciare. Inoltre, Israele non vuole costruire insediamenti nella Striscia (i pochi che c’erano erano stati smantellati da Ariel Sharon, che riteneva non valesse la pena di mantenerli e difenderli).

 

La vera politica [israeliana] è quella di rendere la vita a Gaza così miserabile da far sì che gli stessi abitanti si ribellino ed estromettano i rappresentanti di Hamas. A questo scopo, la fornitura di acqua è stata ridotta a due ore al giorno, stessa cosa per l’energia elettrica. La disoccupazione è circa al 50%, le paghe sono sotto il minimo. E’ un quadro di totale miseria.

 

Dal momento che tutto quello che arriva a Gaza deve passare attraverso Israele (o l’Egitto), i rifornimenti vengono spesso bloccati per giorni interi come “punizione.”

 

Purtroppo, la storia dimostra che simili metodi di rado hanno successo. Riescono solo ad esacerbare gli animi. E allora, che cosa si potrebbe fare?

 

La risposta è incredibilmente semplice: sedersi, parlare ed arrivare ad un accordo.
Si, ma come si può colloquiare con un nemico mortale, la cui ideologia rifiuta totalmente uno stato ebraico?

 

L’Islam che (come tutte le religioni) ha una risposta per ogni situazione, riconosce un qualcosa chiamato “Hudna”, un armistizio di lunga durata, che può durare anche decenni ed è (religiosamente) rispettato. Sono molti anni ormai che Hamas fa capire di essere pronto per una lunga Hudna.

 

L’Egitto si è offerto volotario per fare da mediatore. Il nostro governo ha completamente ignorato l’offerta. Una Hudna con il nemico? Fuori  questione! Dal punto di vista politico sarebbe terribilmente impopolare!

 

Ma sarebbe la cosa opportuna da fare. Cessare tutte le attività ostili da ambo le parti per, diciamo 50 anni. Abolire il blocco. Costruire un vero porto a Gaza. Permettere il libero scambio sotto il controllo di ispezioni militari di qualche genere. Stessa cosa per un aereoporto. Permettere ai lavoratori di trovarsi un impiego in Israele, invece di importare mano d’opera dalla Cina e dalla Romania. Trasformare Gaza in una seconda Singapore. Liberalizzare i trasferimenti fra Gaza e il West Bank con un ponte o un’autostrada extraterritoriale. Aiutare la riunificazione della Striscia di Gaza e del West Bank.

 

Perchè no? L’idea stessa è rifiutata d’istinto dall’Israeliano medio.

 

Un accordo con Hamas? Impossibile!!! Hamas vuole distruggere Israele. Lo sanno tutti. L’ho sentito dire molte volte, e ogni volta mi meraviglio per la stupidità della gente che lo ripete. Come può una popolazione di poche centinaia di migliaia di persone “distruggere” uno degli stati più potentemente armati del mondo, uno stato che possiede le bombe atomiche e i sommergibili per lanciarle? Come fa? Con gli aquiloni?

 

Sia Donald Trump che Vladimir Putin ci rendono omaggio, i dittatori fascisti e i presidenti democratici di tutto il mondo vengono a farci visita. Come può Hamas essere un pericolo mortale?

 

Perchè Hamas non cessa per primo le ostilità? Hamas ha dei concorrenti, anche più radicali. Non deve mostrare segni di debolezza.

 

Alcuni anni fa, il mondo arabo, su iniziativa dell’Arabia Saudita, aveva offerto ad Israele la [possibilità] di ottenere la pace a diverse condizioni, tutte quante accettabili. I vari governi israeliani non solo non le hanno accettate, le hanno del tutto ignorate.

 

In questo c’è una certa logica. Il governo israeliano vuole annettere il West Bank. Vuole scacciare la popolazione araba e sostituirla con i coloni ebrei. Porta avanti questa politica lentamente, cautamente, ma con efficacia.

 

Questa è una politica crudele, una politica detestabile, ma comunque ha una sua logica. Se veramente si vuole raggiungere questo abominevole obbiettivo, allora i metodi potrebbero essere inadeguati. Ma questi sistemi non si possono applicare alla Striscia di Gaza, che nessuno vuole annettere. Qui, metodi del genere sono pura follia.

 

Questo non significa che, complessivamente, la politica israeliana nei confronti dei Palestinesi sia in qualche modo più saggia. Non lo è.

 

Binyamin Netanyahu e i suoi selezionatissimi e stupidi ministri non hanno una politica. O così sembra. Infatti ne hanno una non dichiarata: l’annessione strisciante del West Bank. Questa procede più speditamente di prima. Le notizie di tutti i giorni danno l’impressione che tutta la macchina governativa sia ora concentrata su questo progetto.

 

Questo porterà direttamente ad uno stato basato sull’apartheid, dove una minoranza ebraica dominerà una maggioranza araba.

 

Per quanto tempo? Una generazione? Due? Tre?

 

Si dice che una persona intelligente sia in grado di districarsi da una trappola in cui una persona saggia non avrebbe neanche dovuto cadere.

 

Gli stupidi non riescono a districarsi. Non si accorgono neanche della trappola.



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21.07.2018

 

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