https://orientxxi.info Un documentaire interdit sur le lobby pro-israélien aux États-Unis https://www.telerama.fr/ Da InvictaPalestina http://www.infopal.it/ 20/12/2018
Lobby USA filo-israeliana, “a Israele non importa nulla dell’antisemitismo” Traduzione di Simonetta Lambertini.
La serie di documentari sull’azione della lobby pro-Israele negli Stati Uniti, prodotta da Al-Jazeera ma censurata dal Qatar, è ora visibile sulla piattaforma francese Orient XXI. Il suo fondatore, Alain Gresh, spiega come ha messo le mani su questo reportage esplosivo.
Nonostante il Qatar abbia congelato la messa in onda della sua trasmissione, l’intera indagine di Al-Jazeera sulla lobby pro-Israele negli Stati Uniti può essere vista altrove sul Web. Le quattro puntate di questo lavoro di lungo respiro svolto dall’unità investigativa della rete del Qatar sono ora online (e sottotitolate) su Orient XXI, sito d’informazione francese sul mondo arabo e musulmano.
Dopo aver visto i primi due episodi di questo reportage esplosivo, abbiamo qualche domanda da porre ad Alain Gresh, fondatore di Orient XXI ed ex redattore capo di Le Monde Diplomatique. Ci spiega perché questo documento è stato censurato, come lo ha recuperato e perché alla fine ha deciso di diffonderlo.
Come è venuto a conoscenza di questa inchiesta di Al-Jazeera? Nel gennaio 2017 la rete aveva già trasmesso un’inchiesta sulla lobby pro-Israele in Inghilterra. Le sue rivelazioni avevano suscitato molte reazioni. L’ambasciatore israeliano a Londra era stato persino costretto a scusarsi pubblicamente. Tutti quelli che si interessano di queste questioni sapevano che l’unità investigativa della rete aveva condotto un’inchiesta negli Stati Uniti. Il risultato di questo lavoro era atteso per l’inizio del 2018. Ma non si è visto niente. Abbiamo aspettato. Senza fornire spiegazioni, la rete ha rimandato la trasmissione sine die. Era tutto incerto. Poi la stampa ebraica americana ha iniziato a evocare questo reportage affermando che non sarebbe stato trasmesso. Da parte sua, Clayton Swisher, il direttore dell’unità investigativa Al-Jazeera, ha protestato ufficialmente contro questa scelta.
Perché l’indagine è rimasta invisibile? Nell’estate 2017, una crisi scoppia tra il Qatar e i suoi vicini del Golfo, Arabia Saudita in testa. Quest’ultima accusa Doha di sostenere l’Iran e il terrorismo islamista. Trump ha preso una posizione a favore dei sauditi. Non è la prima volta che questi paesi si scontrano sulla scena diplomatica, ma questa crisi è la più grave. L’Arabia Saudita e gli Emirati lanciano un blocco contro Doha. Per molto tempo il Qatar ha perseguito una politica indipendente che è un modo di presentarsi sulla scena internazionale. Questa volta, la famiglia regnante [la famiglia principesca Al Thani] è in preda al panico, teme un intervento militare. Decide allora di fare quello che fanno tutti i governi del mondo quando cercano di influenzare la politica americana: andare a vedere le lobby. La più potente è la lobby israeliana, è naturale guardare a quella. Un accordo è finito. Lo si può trovare scandaloso, ma è realpolitik.
È quindi un gesto di circostanza e non l’espressione di una convinzione … Sì, il Qatar è imbarazzato da questa storia. A riprova di questo fatto, nonostante le sue proteste pubbliche, il leader del centro di investigazione di Al-Jazeera non è stato scaricato. Gli è stato soltanto concesso un congedo sabbatico di sei mesi, dopo di che è tornato a lavorare alla rete.
Ricordo anche che, quando il ministro degli Esteri del Qatar è venuto a Parigi nella primavera del 2018, gli ho chiesto di questo documentario invisibile. Mi rispose che Al-Jazeera era una rete indipendente. Respinse l’idea di un Qatar costretto a questa censura. Nel suo complesso, la politica del Qatar è favorevole ai palestinesi. I qatarioti hanno investito molti soldi nella ricostruzione di Gaza dal 2008. La qual cosa non impedisce loro di negoziare anche con gli israeliani: Al-Jazeera è la prima rete araba a dare la parola a funzionari israeliani.
Come ha recuperato questo documentario? Tramite un amico occidentale che vive nel Golfo. Questa indagine ha richiesto mesi; uno dei giornalisti è stato infiltrato, il risultato ottenuto è impressionante, quindi si pensa che all’interno della rete la decisione di non mostrarlo sia stata accolta male. Non è stato pertanto difficile mettere le mani sui documenti, che sono usciti dall’interno della rete.
Cosa l’ha colpita quando ha visto le quattro puntate dell’inchiesta? Ciò che mi ha sorpreso di più è l’importanza che questa lobby straordinariamente potente accorda al BDS [Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni, un appello al boicottaggio per porre fine all’occupazione delle terre arabe]. Certamente il movimento, che si ispira agli appelli al boicottaggio del Sud Africa durante l’apartheid, è molto ben radicato nei campus americani, ma rispetto ai mezzi di cui dispongono le associazioni pro-Israele negli Stati Uniti, non ha un grosso peso. All’inizio non si capisce questa ossessione, poi, poco a poco, le cose si chiariscono. La lobby sa che le giovani generazioni di americani, ebrei compresi, non sono più così automaticamente a favore delle politiche di Israele. Va detto che il governo Netanyahu è il più di destra nella storia del paese. È un governo che non propone più altro che l’estensione dell’occupazione. La pace? Non è più una richiesta. Per molte persone, diventa complicato sostenerla. Per non parlare del fatto che la lobby è talmente coinvolta al fianco di Trump – anche se la maggior parte degli ebrei americani gli sono ostili – da finire per creare tensioni.
D’altro canto, il sostegno incondizionato a Israele negli Stati Uniti non trascende più sistematicamente i partiti. C’è stato un tempo in cui Repubblicani e Democratici erano sulla stessa lunghezza d’onda al riguardo. Nell’ultimo decennio, più l’elettorato repubblicano ha fatto blocco dietro lo stato ebraico, più gli elettori democratici ne hanno preso le distanze. È un cambiamento storico. Durante le elezioni americane di metà mandato di novembre, abbiamo visto i giovani candidati democratici vicini a Bernie Sanders venirsene fuori con uscite sulla situazione nella Striscia di Gaza, che, nel contesto americano, erano inimmaginabili fino a dieci anni fa.
Cosa rende esplosiva questa inchiesta? Per me è veramente la rivelazione di un sistema di spionaggio di cittadini americani basato sulle loro convinzioni, con il sostegno diretto di una potenza straniera – in questo caso il Ministero israeliano degli affari strategici. È illegale e, come dice una persona ripresa nel film: Immagina per due secondi che si sappia che la Cina, la Russia o il Canada stiano facendo lo stesso sul suolo americano… sarebbe una bomba. Ora, Israele spia degli americani in completa impunità. Questo passa attraverso la creazione di siti web anonimi che calunniano e confondono sistematicamente i difensori dei diritti di palestinesi con i terroristi. Quando il tuo nome appare sul sito Canary Mission, che elenca i nomi di cosiddetti individui antisemiti o terroristi, sei finito: non troverai più lavoro negli Stati Uniti. Non importa che le accuse riportate siano delle menzogne. È una guerra psicologica. La lobby ha abbandonato il campo delle idee. Perché cercare di convincere la gente della liceità dell’occupazione quando si ha il potere di mettere a tacere i propri avversari?
Perché ha deciso di pubblicare questo reportage? Perché è un eccellente reportage, un ottimo lavoro giornalistico. Non c’è motivo per cui non dovrebbe essere mostrato, questo è diritto all’informazione. Ho scommesso – perché di questo si tratta, poiché la diffusione di questa inchiesta su Orient XXI è completamente illegale – che Al-Jazeera non ci farà causa.
Quali sono le reazioni degli utenti di Internet che hanno visto l’inchiesta? È difficile dirlo. Quello che si sa è che è molto vista. Ho fatto in modo che fosse visibile allo stesso tempo negli Stati Uniti, tramite il sito web Electronic Intifada, e nel mondo arabo. L’inchiesta sta andando bene e penso che sia importante che le persone la vedano, anche per dare un taglio alle teorie complottiste sulla “lobby ebraica”. Non esiste un ufficio segreto dal quale si tirerebbero tutte le fila della politica estera americana, ma una miriade di associazioni che promuovono la politica dello Stato di Israele. In nessun momento il documentario usa il termine “lobby ebraica”: inoltre, la vera base di massa della lobby filo-israeliana negli Stati Uniti, non è la comunità ebraica, che rappresenta solo l’1% della popolazione, ma gli evangelisti sionisti.
Che credono in un’interpretazione della Bibbia che può essere descritta come antisemita… Sì. Secondo questa interpretazione, il Messia non può tornare in Terra se gli ebrei della diaspora non potranno tornare a vivere in Terra Santa. E cosa succede dopo? Alcuni cristiani sionisti credono che saranno uccisi da Gesù, altri che saranno convertiti… Ma si sa, in fondo, a Israele non importa nulla dell’antisemitismo.
Che intendi dire? Guarda le liaisons dangereuses che Netanyahu intrattiene con le destre estreme europee! E anche negli Stati Uniti, ci sono veri antisemiti nell’entourage di Trump. Ciò non impedisce alla lobby israeliana di sostenerlo. Una parte della comunità ebraica americana è molto critica nei confronti di Netanyahu, che preferisce chiudere un occhio su questo antisemitismo piuttosto che correre il rischio di irritare Trump.
Possiamo parlare di una lobby filo-israeliana in Francia? Tendo a dire, un po’ come battuta, che la forza della lobby è nella testa dei nostri leader. Nel sostegno alle politiche di Israele c’è un non detto che mi ha sempre infastidito molto: gli ebrei sarebbero dappertutto e sarebbero necessariamente ricchi e potenti. In verità, non esiste un equivalente della lobby americana pro-Israele in Francia. Il Crif [Consiglio di Rappresentanza delle istituzioni ebraiche in Francia, ndr] deve avere due o tre incaricati nelle attività amministrative. Nulla a che vedere con le migliaia di persone che lavorano per promuovere la politica di Israele negli Stati Uniti. Detto questo, un mese fa, il CRIF non ha esitato a intervenire in appoggio all’ambasciata israeliana in Francia per protestare contro la messa in onda di un reportage di Envoyé special [Gaza, une jeunesse estropiée]. La virata a destra delle istanze ebraiche francesi è una realtà. Sotto questo punto di vista non sono necessariamente rappresentativi della comunità ebraica in Francia, parte della quale svolge un ruolo molto importante nel movimento pro-palestinese. C’è ancora un movimento ebraico anti-sionista a sinistra in Francia, specialmente tra le giovani generazioni. D’altra parte la ragione è semplice: essere di sinistra e sostenere Netanyahu è semplicemente impossibile.
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