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21/2/18
Dal Lago: voto inutile, partiti immaginari e crisi cronica Ue
I 5 Stelle? Un gruppo di “puri” destinato a fallire. Renzi? La sintesi perfetta di Berlusconi e Grillo. Per Alessandro Dal Lago, filosofo e sociologo, i partiti hanno orientamenti “immaginari”, Berlusconi e Renzi sono perfettamente intercambiabili, i grillini non sono il partito della protesta ma del rifiuto della società e del ritiro nel privato. Intellettuale di sinistra, autore di saggi come “Populismo digitale”, Dal Lago vede nel paese un aumento radicale della diseguaglianza: «Chi resta indietro non avrà speranze». Il voto del 4 marzo? «Ininfluente, perché la riforma elettorale ha introdotto un proporzionale corretto che non permette a nessuna forza di avere il vantaggio che serve per governare». Ci governa l’Unione Europea, «sostenuta da dinamiche economiche di tipo ordoliberista i cui centri decisionali hanno imbrigliato il continente in una serie di vincoli determinati dai trattati». Detto in modo brutale: «Anche se l’Italia avesse rappresentanti massicciamente contrari all’Unione, non potrebbe fare nulla: l’esempio più lampante viene proprio dal Regno Unito, che non sa come uscirne». Pessimismo cosmico: «L’evoluzione di queste dinamiche economico-politiche potrebbe durare anche una trentina d’anni. E potrebbe alimentarsi di una o più crisi di cui non conosciamo la portata».
Intervistato da Federico Ferraù per “Il Sussidiario” (vedi quì affianco), Dal Lago vede un’Italia politica che guida a fari spenti nella notte. «In campo ci sono tre grandi soggetti, di cui due in crisi di legittimazione, Pd ed M5S, e il terzo, il centrodestra, già delegittimato 5-6 anni fa, rinato come un’araba fenice ma pronto a dividersi dopo la probabile vittoria». Partiti che «ritraggono orientamenti in larga parte immaginari». Ovvero: «A destra c’è una sorta di Democrazia Cristiana fuori tempo, ma senza essere un partito di massa: Forza Italia, da sempre virtuale, ha avuto in passato il 30 per cento dei voti, oggi è al 17. Si è alleata con un partito ex “catalano”, oggi di destra, e con un partitino di ex fascisti». Poi viene il Pd: «E’ il partito di un uomo solo al comando, che mira a una formazione piccola ma di cui controlla tutte le leve». Infine, il Movimento 5 Stelle: «Un ircocervo né di destra né di sinistra, che fa finta di essere democratico quando è gestito da una società di consulenza aziendale e che oltretutto si sta annacquando giorno dopo giorno».
Orientamenti “immaginari”, appunto, «perché il centrosinistra non ha fatto più spesa pubblica e cacciato meno immigrati di quando avrebbe potuto fare il centrodestra al governo. Sono differenze più immaginarie e simboliche che non legate a interessi o politiche materiali». I sondaggisti dicono che l’astensione è intorno al 34% per cento. Un giovane su due potrebbe disertare le urne. Non è una novità: a Ostia (80.000 persone) è andato a votare solo il 33%. «Siamo in una fase di transizione», sostiene Alessandro Dal Lago. «I modelli politici tradizionali sono morti, quelli nuovi ancora non ci sono ma si affacciano nuove dimensioni: la politica non passa più per la televisione e i comizi ma per i social media». Proprio sui social si registra «un distacco crescente dalle azioni e dalle scelte condivise». Vale a dire: «I soggetti interagiscono con l’ambito pubblico rimanendo confinati in una sfera totalmente privata, quella del loro schermo. Fare politica si è ridotto ad assistere alle polemiche su Twitter e Facebook». La politica frana, ovunque: «Negli Stati Uniti c’è un presidente che si vanta di avere il bottone nucleare più grande di quello degli altri. In Francia non c’è più il partito che per quarant’anni si
è alternato con la destra alla guida del paese. In tutta Europa crescono i partiti xenofobi. In Italia i giovani del Sud sono destinati a rimanere esclusi o ai margini dei processi produttivi».
Si sta scivolando pericolosamente verso un aumento disastroso delle diseguaglianze: «C’è un distacco sempre più netto tra la società digitale post-industriale e quelli che restano indietro, e che non hanno speranze. Un 60enne che faceva l’operaio e perde il lavoro dove va? A lavorare in un call center? Da questo punto di vista il Jobs Act è stato fatto apposta per espellere le persone dal mercato del lavoro. Si dà loro qualche indennità e stop». Processi complicati: troppo, per partiti “immaginari”. «Il centrodestra italiano ha un senso solo nella società degli integrati, di quelli che non vogliono perdere il loro status. Il Pd è ancorato a un sistema di notabilato e di gestione degli interessi radicato in due-tre Regioni, senza le quali non esisterebbe. Il monopolio del voto meridionale da parte del centrodestra non c’è più». Saranno i 5 Stelle a fare il pieno al Sud, ma non sarà un voto di protesta bensì “di distacco”: «Segnala la nuova estraneità al mondo politico. Nelle regioni del Sud gli elettori vedono – a torto – il M5S come l’alternativa elettorale, legale, a una società che non amano, a un sistema di potere che rifiutano». |
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19 febbraio 2018
"Italia come Ostia: voterà il 33 per cento"
Federico Ferraù intervista Alessandro Dal Lago
Per Alessandro Dal Lago siamo nel tempo dei partiti immaginari, privi di legittimazione ma concordi nel parlare d'altro. Il voto del 4 marzo? Entriamo in una crisi lunga 20-30 anni
Aveva definito il M5s come un gruppo di "puri" destinato a fallire, e Renzi la sintesi perfetta di Berlusconi e Grillo. Ad Alessandro Dal Lago, filosofo e sociologo, non interessa più di tanto prevedere cosa succederà dopo il 4 marzo. Gli preme scandagliare cosa sta cambiando sotto la pelle della politica e del paese. Per lui i partiti hanno orientamenti "immaginari", Berlusconi e Renzi sono perfettamente intercambiabili, i grillini non sono il partito della protesta ma del "distacco", del rifiuto della società presente e del ritiro nel privato, a compulsare smartphone e pc. Intellettuale di sinistra, cita il suo ultimo lavoro (Populismo digitale), mentre sui migranti ha scritto Non-persone (ma nel lontano 2004). Anche Dal Lago vede nel paese un aumento radicale della diseguaglianza: "chi resta indietro non avrà speranze".
Eppure i partiti non ne parlano. Al massimo si propongono bonus e flat tax.
In campo ci sono tre grandi soggetti, di cui due in crisi di legittimazione, Pd ed M5s, e il terzo, il centrodestra, già delegittimato 5-6 anni fa, rinato come un'araba fenice ma pronto a dividersi dopo la probabile vittoria.
In che misura questi tre soggetti rispecchiano la realtà del paese?
Ritraggono orientamenti che sono in larga parte immaginari. A destra c'è una sorta di Democrazia cristiana fuori tempo, ma senza essere un partito di massa: Forza Italia, da sempre virtuale, ha avuto in passato il 30 per cento dei voti, oggi è al 17. Si è alleata con un partito ex "catalano", oggi di destra, e con un partitino di ex fascisti.
Poi viene il Partito democratico.
E' il partito di un uomo solo al comando che mira ad una formazione piccola ma di cui controlla tutte le leve.
E infine il Movimento 5 stelle.
Un ircocervo né di destra né di sinistra, che fa finta di essere democratico quando è gestito da una società di consulenza aziendale e che oltretutto si sta annacquando giorno dopo giorno.
Perché definisce questi orientamenti immaginari?
Perché il centrosinistra non ha fatto più spesa pubblica e cacciato meno immigrati di quando avrebbe potuto fare il centrodestra al governo. Sono differenze più immaginarie e simboliche che non legate a interessi o politiche materiali.
I sondaggisti dicono che l'astensione è intorno al 34 per cento. Il 40 per cento dei giovani sono totalmente disinteressati al voto. Sono cifre preoccupanti.
Eppure non sono una novità. A Ostia, che con 80mila persone è grande quanto una città della provincia italiana, è andato a votare il 33 per cento. Siamo in una fase di transizione. I modelli politici tradizionali sono morti, quelli nuovi ancora non ci sono ma si affacciano nuove dimensioni: la politica non passa più per la tv e i comizi ma per i social media.
E i social come la stanno cambiando?
C'è un distacco crescente dalle azioni e dalle scelte condivise. I soggetti interagiscono con l'ambito pubblico rimanendo confinati in una sfera totalmente privata, quella del loro schermo. Fare politica si è ridotto ad assistere alle polemiche su Twitter e Facebook.
Sono saltati i vecchi modelli, ha detto. A cosa si riferisce esattamente?
Negli Stati Uniti c'è un presidente che si vanta di avere il bottone nucleare più grande di quello degli altri. In Francia non c'è più il partito che per quarant'anni si è alternato con la destra alla guida del paese. In tutta Europa crescono i partiti xenofobi. In Italia i giovani del Sud sono destinati a rimanere esclusi o ai margini dei processi produttivi. Si potrebbe continuare.
Verso dove stiamo andando, secondo lei?
Verso un aumento radicale della diseguaglianza. C'è un distacco sempre più netto tra la società digitale post-industriale e quelli che restano indietro. E che non hanno speranze. Un 60enne che faceva l'operaio e perde il lavoro dove va? a lavorare in un call center? Da questo punto di vista il Jobs Act è stato fatto apposta per espellere le persone dal mercato del lavoro. Si dà loro qualche indennità e stop.
E come possono dei partiti "immaginari" governare questi processi?
Appunto. Il centrodestra italiano ha un senso solo nella società degli integrati, di quelli che non vogliono perdere il loro status. Il Pd è ancorato a un sistema di notabilato e di gestione degli interessi radicato in due-tre Regioni, senza le quali non esisterebbe. Il monopolio del voto meridionale da parte del centrodestra non c'è più: i tempi del 61 a zero in Sicilia (politiche del 2001, ndr) sono ormai lontani.
Anche lei è convinto che M5s farà il pieno di voti al Sud?
Sì. Il voto a M5s non è di protesta ma di distacco: segnala la nuova estraneità al mondo politico. Nelle regioni del Sud gli elettori vedono — a torto — M5s come l'alternativa elettorale, legale, a una società che non amano, a un sistema di potere che rifiutano.
Se i 5 Stelle avessero successo?
Non governerebbero. Da un lato perché non ne sono capaci, dall'altro perché il sistema elettorale li estromette dal governo. Ci sono due aspetti da rilevare. Uno è l'ostilità, di per sé inammissibile, verso un ceto politico nuovo e, va detto, indecifrabile. L'altro è l'autodifesa del sistema. Le prove di governo che i 5 Stelle hanno dato sono disastrose.
Ma quanto conta il voto del 4 marzo?
E' un voto ininfluente, perché la riforma elettorale ha introdotto un proporzionale corretto che non permette a nessuna forza di avere il vantaggio che serve per governare.
E chi è che ci governa?
L'Europa è sostenuta da dinamiche economiche di tipo ordoliberista i cui centri decisionali hanno imbrigliato il continente in una serie di vincoli determinati dai Trattati e noi vi siamo dentro. Anche se l'Italia avesse rappresentanti massicciamente contrari all'Unione, non potrebbe fare nulla: l'esempio più lampante viene proprio dal Regno Unito, che non sa come uscirne.
Come si risolverà questa grande contraddizione?
L’evoluzione di queste dinamiche economico-politiche potrebbe durare anche una trentina d'anni. E potrebbe alimentarsi di una o più crisi di cui non conosciamo la portata. |