http://contropiano.org/ 20 agosto 2018
Il governo stracciaculo /2 di Dante Barontini
Non è facile fare informazione obbiettiva – dunque rivoluzionaria – in un ambiente saturo di pressapochismo, disinformazione pilotata, fedi politiche acquistate di recente senza troppo sforzo intellettuale (una lista di luoghi comuni, anche se non troppo coerenti tra loro, basta e avanza per sentirsi “attivisti”), lanci d’agenzia mainstream e chi più ne ha, più ne metta.
Sulla tragedia del ponte Morandi – che mette in tensione il governo attuale, svergogna quelli precedenti (tutti, nessuno escluso), demolisce il mito interessato del “privato che sa fare meglio e con minori costi rispetto allo Stato”, ecc – lo sforzo da fare è semplicemente gigantesco. E va ben oltre le forze di questo giornale.
Un commento niente affatto benevolo di un lettore al nostro editoriale di qualche giorno fa ci consente però di provare a districare una matassa che è ingarbugliata, ma non incomprensibile.
Scrive Antonio Ianuario: Una lettera inviata ad Autostrade per l’Italia che avvia la procedura per lo stop alla concessione. A tre giorni dalla tragedia del ponte Morandi l’esecutivo conferma quanto annunciato nelle prime ore successive al crollo: verrà ritirata la concessione alla società controllata dal gruppo Benetton. Ad annunciarlo è un comunicato del premier Giuseppe Conte. “Oggi il governo, tramite la competente direzione del Ministero delle Infrastrutture, ha formalmente inoltrato ad Autostrade per l’Italia la lettera di contestazione che avvia la procedura di caducazione della concessione. Il governo contesta al concessionario che aveva l’obbligo di curare la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’autostrada A10, la grave sciagura che è conseguita al crollo del ponte”, si legge nella nota di Palazzo Chigi.
La differenza di vedute è grande: da un lato un lettore (in sintonia con “una parte del paese”) che prende alla lettera una lettera dell’attuale governo, dall’altro redattori con qualche esperienza della storia di questo paese, che hanno visto entrare in azione meccanismi difensivi del potere oliati nei secoli.
Effettivamente il governo grillin-leghista ha inviato una lettera ad Atlantia contestando le gravi inadempienze che hanno portato al crollo del ponte. Ma anche questa scelta era fortemente in discussione all’interno dello stesso esecutivo, al momento di stendere il nostro pezzo, e solo la minaccia retorica di Di Maio (“dovranno passare sul mio corpo”) sembra aver prodotto successivamente questo primo atto formale nell’iter che potrebbe portare alla revoca della concessione.
Diciamo subito due cose: A) non fare nemmeno quest’atto avrebbe significato che la procedura di insabbiamento vedeva già concordi Lega e Cinque Stelle, spaventati dalla rivendicazione da parte dei Benetton del diritto a riscuotere le “penali” miliardarie previste dal contratto di concessione; B) revocare la concessione a un’azienda e passarla a qualcun altro non modificherebbe di una virgola il sistema per cui soggetti privati si arricchiscono intascando pedaggi su una rete costruita con i soldi di tutti noi, senza neanche darsi troppo la pena di curare una manutenzione tale da conservare l’integrità della rete.
Il governo insomma ha fatto il minimo sindacale per non perdere subito la faccia davanti agli elettori. E non c’è dubbio che l’elettorato grillino sia al momento un po’ più sensibile di quello leghista, su questi temi.
Ma una lettera significa che la concessione sarà certamente revocata e senza pagare “nemmeno un euro di penale”, come detto dal premier-fantasma Conte? Ovviamente no.
L’azienda farà la sua controreplica, così come tutti gli altri gestori di tratte autostradali (Gavio, Toto, ecc).
Poi ci si sarà una commissione di inchiesta, che dovrà stabilire – indipendentemente o meno dall’indagine della magistratura – quali responsabilità imputare ad Atlantia. In ogni caso si preannuncia un lungo contenzioso legale, dalla durata prevedibile in anni. Nel corso del quale – come le stragi di Stato degli anni ‘70, da piazza Fontana alla stazione di Bologna – molti protagonisti saranno scomparsi per questioni di età o incidenti, sia dal lato societario che da quello statale (i funzionari che avrebbero dovuto tenere sotto controllo l’efficacia della manutenzione fatta da Atlantia), molti ed inestricabili depistaggi saranno stati messi in atto, ecc.
Nel frattempo i media metteranno la sordina – lo hanno fatto subito, pestando violentemente il tasto emozionale e mettendo sullo sfondo quello delle responsabilità soggettive (chi si ricorda già più del “fulmine” che avrebbe provocato il crollo di un pilone di quasi 100 metri?) – a protestare resteranno soltanto i familiari delle vittime, e neanche tutti, forse, se il risarcimento sarà stato sufficientemente persuasivo. A ricordare che quella di ponte Morandi è un’altra strage di Stato resteranno infine quelli come noi, che ricordano abbastanza per militanza ostinata e contraria.
Ma che prove abbiamo per dire che le cose stanno già andando in questa direzione? Senza fare troppo sforzo, e anzi ringraziando Fabrizio Gatti che ha fatto ancora una volta la sua brava inchiesta, pubblicata ieri su L’Espresso (gruppo cui non lesiniamo certo critiche asprissime, quasi ogni giorno).
Risulta dunque che – e lo screenshot dei verbali non ammette minimizzazioni – Autostrade e Provveditorato alle opere pubbliche di Genova erano perfettamente a conoscenza delle “criticità” del ponte già sei mesi fa. Risulta che né i tecnici di Autostrade, né quelli di parte statale (guidati dal provveditore, l’architetto Roberto Ferrazza), abbiano mosso un dito. Anzi – nonostante i rilievi per certi versi definitivi mossi dall’”esperto esterno” (il professore della facoltà di ingegneria dell’Università di Genova, Antonio Brencich) – la conclusione finale sul progetto di manutenzione straordinaria da effettuare sugli ormai famosi stralli “garantisce” la solidità della struttura con parole che oggi suonano come un crimine in sé: «Complessivamente il progetto esecutivo esaminato appare ben redatto e completo in ogni dettaglio. Lo stesso risulta studiato in modo metodologicamente ineccepibile».
Senza ancora imputare nulla al nuovo ministro (ogni giorno che passa sembra di più un pesce fuor d’acqua che si arrampica sugli specchi, con gli occhi sbarrati dalla paura), la stessa inchiesta di Gatti segnala che l’architetto Ferrazza è stato nominato propri da Toninelli a capo della “commissione ministeriale d’inchiesta”, mentre il prof. Brencich sarà ancora una volta il “membro esperto esterno”.
Traduzione: sono incaricati di indagare su se stessi, sugli atti che hanno sottoscritto, sulle misure che non hanno preso (chiudere il ponte, o quantomeno ridurre il traffico escludendo i Tir e i carichi pesanti, ecc). Quale “sentenza” potrà arrivare da una commissione siffatta? Non certo di condanna o di individuazione delle responsabilità… Ecco: quando scrivevamo, scriviamo e scriveremo che il finale di questa presunta “revoca della concessione” è annunciatoquasi quanto il disastro del ponte, non stiamo affatto esprimendo un nostro “pregiudizio” sul governo attuale. Stiamo invece facendo funzionare un post-giudizio, elaborato su 50 anni almeno di esperienza politica a ridosso di tragedie, stragi, disastri. E che cerca di mettere sempre a fuoco la struttura degli interessi più che il diluvio di dichiarazioni dei “politici”.
Perché abbiamo imparato che “i politici” passano, quegli interessi restano. E sono in grado di decidere la composizione delle commissioni d’inchiesta che dovrebbero portarli in tribunale o quantomeno fuori dal comodo business che hanno gestito finora. Quegli interessi, nell’attuale maggioranza di governo, hanno sicuramente la Lega e Salvini come referente privilegiato, anche in virtù dell’ormai lunga frequentazione dei leghisti con le poltrone governative, anche in materia di Autostrade.
Liberarsi di questi interessi, sgominare quei gruppi di potere (imprenditori, funzionari, politici. ecc) richiede una forza e un progetto di cambiamento che nessuno, in questo Parlamento e anche fuori, per il momento ha. Perché si tratta di tagliare con lo spadone di Alessandro Magno un nodo verminoso che “la legalità” non può sciogliere. Per il buon motivo che proprio quegli interessi e gruppi di potere hanno scritto la legalità che c’è. Come abbiamo visto con il “contratto di concessione” della gestione delle autostrade, secondo cui lo Stato ha sempre torto e non può pretendere nulla.
Il minimo del “cambiamento” necessario è quasi una Rivoluzione, insomma. Ma non è certo colpa nostra se i piccoli chiacchieroni saliti a Palazzo Chigi gridando “onestà, onestà” ora si trovano in questa compagnia e col terrore di veder franare – insieme al ponte Morandi – anche la loro prima e forse ultima prova di governo…
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