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Ago 17, 2018

 

Moneta Fiscale: sfida all’euro o salvezza dell’economia europea ?

di Marco Cattaneo

 

Si parla sempre più frequentemente, in Italia, di Moneta Fiscale come strumento di soluzione della crisi economica. Crisi assolutamente non risolta: nonostante l’ottimismo ostentato dal governo italiano e dalla UE, l’economia dell’Eurozona è ben lontana da una condizione complessiva accettabile, e questo è particolarmente vero per l’Italia.

 

Il PIL reale italiano crescerà nel 2017 dell’1,5% rispetto all’anno precedente, ma rimarrà comunque inferiore del 6% circa rispetto al 2007 – dieci anni dopo ! E sempre rispetto al 2007 la disoccupazione è doppia e le persone in povertà assoluta sono più che triplicate, da 1,5 milioni a quasi 5, e non accennano a diminuire. Il sistema economico italiano viaggia molto al di sotto delle sue potenzialità: il gap si è creato per effetto della crisi finanziaria mondiale del 2008-9, e poi delle politiche di austerità “prescritte” dalla UE nel 2011-2.

 

L’Italia può risolvere questo problema introducendo un’adeguata quantità di potere d’acquisto nel suo sistema economico. Non può però farlo emettendo euro, né (a causa dei meccanismi di funzionamento dell’Eurosistema) con incrementi di deficit pubblico.

 

Tutte queste difficoltà si ricollegano al fatto che l’Italia utilizza una moneta (l’euro) che non emette. Una moneta non sovrana, quindi. La Moneta Fiscale consente di superare questo problema senza “rompere” l’euro. La Moneta Fiscale è un concetto riconducibile al “cartalismo”, teorizzato dall’economista tedesco Georg Friedrich Knapp all’inizio del Novecento, e recentemente esteso e sviluppato dagli economisti legati alla Modern Monetary Theory (MMT).

 

I principi base della proposta Moneta Fiscale sono che:

PRIMO, un titolo accettato dallo Stato per soddisfare le obbligazioni finanziarie nei suoi confronti, in particolare quelle fiscali, ha un valore, anche se il titolo stesso non è legal tender per nessun altro operatore economico. In altri termini, solo lo Stato si vincola (volontariamente) ad accettarlo, mentre aziende e cittadini sono libere di utilizzarlo o meno. L’accettazione da parte dello Stato è però sufficiente a conferire valore al titolo.

 


SECONDO, poiché il titolo non è destinato a essere rimborsato in una moneta che lo Stato non emette (quale l’euro), lo Stato è sempre in grado di onorare l’impegno preso. Appunto perché s’impegna ad accettarlo ma non a rimborsarlo, lo Stato non può essere forzato al default. Un titolo a valenza fiscale è sotto questo profilo assimilabile alla moneta sovrana (= emessa dallo Stato), o a un debito da rimborsare in moneta sovrana.

Come può funzionare la Moneta Fiscale
Attualmente, in Italia, tutti i tre principali partiti politici di opposizione stanno valutando schemi di Moneta Fiscale.


Per quanto riguarda Forza Italia, la proposta in esame 1) è basata sui Certificati di Credito Fiscale (CCF), originariamente concepiti da Marco Cattaneo e sviluppati insieme a vari altri economisti e ricercatori in numerosi articoli, libri e in un ebook che ha raggiunto un’ampia diffusione 2). I CCF sono un titolo emesso dallo Stato, che dà diritto a riduzioni di pagamenti per imposte (o per qualsiasi altro impegno finanziario nei confronti del settore pubblico) a partire da due anni dopo la loro emissione.

 

I CCF possono essere emessi e assegnati (senza contropartita) per una pluralità di scopi: ai lavoratori per integrare i loro redditi; alle aziende per ridurre il carico fiscale e contributivo sul lavoro (il che implica un immediato recupero di competitività ed evita che la ripresa economica squilibri i saldi commerciali esteri); ai ceti sociali disagiati per interventi di sostegno e di spesa sociale; possono inoltre finanziare programmi di investimenti pubblici, ecc.

 

Il CCF è un titolo di Stato (anche se non è un titolo di debito): potrà quindi essere venduto in cambio di euro, presumibilmente con un modesto sconto rispetto al valore facciale, utilizzando le piattaforme già ampiamente rodate e operative su cui oggi si compravendono BTP, BOT ecc. Inoltre, con ogni probabilità molti operatori commerciali accetteranno (pur non essendovi obbligati) i CCF come contropartita per la vendita di beni e servizi.


I due anni intercorrenti tra l’emissione dei CCF e il loro utilizzo per conseguire sconti fiscali permettono all’economia di riprendersi, incrementare PIL e gettito fiscale, e compensare quindi l’effetto di riduzione delle entrate statali che altrimenti i CCF produrrebbero.

 

Il M5S ha da alcuni mesi reso noto il suo interesse per la Moneta Fiscale secondo le linee descritte da Gennaro Zezza 3).


In questo caso lo strumento è concepito come un’unità di valore destinata a circolare tramite il supporto di un sistema di carte elettronico diffuse presso il pubblico. Resta fermo il concetto, anche in questo caso, dell’utilizzabilità per conseguire sconti fiscali. Non ci sarebbe un differimento temporale di due anni: l’utilizzabilità avrebbe partenza immediata ma a tranches scadenziate nel tempo (es. 20% all’anno per cinque anni, ma il primo 20% fin da subito). Anche in questo caso, l’utilizzabilità fiscale garantisce il valore della Moneta Fiscale.

 

La Lega Nord e in particolare il suo responsabile economico, Claudio Borghi, propone l’emissione di Minibot 4), titoli di Stato destinati a circolare in forma cartacea e in piccoli tagli (gli stessi delle banconote in euro). E’ prevista l’attribuzione di Minibot a titolari di crediti verso il settore pubblico (aziende fornitrici, soggetti beneficiari di detrazioni fiscali ecc.).

 

Il Minibot è utilizzabile fin da subito per pagare tasse e imposte, e anche servizi erogati da aziende statali. Non incrementa, in effetti, le disponibilità patrimoniali del ricevente perché a fronte dell’erogazione si estingue un credito preesistente; trasforma, tuttavia, un credito differito e illiquido in uno strumento circolante e immediatamente utilizzabile.

 

Moneta Fiscale: soluzione permanente o provvisoria?
La Moneta Fiscale è uno strumento gestibile da parte dei singoli governi nazionali, che consente di espandere la domanda interna e di migliorare la competitività delle aziende (abbassandone il carico fiscale effettivo). Restituisce quindi all’Eurosistema il livello di flessibilità necessario per superarne le disfunzioni, senza che si debba arrivare a romperlo. I livelli di emissione e la composizione delle assegnazioni di Moneta Fiscale possono essere dosati in modo da garantire nel tempo alti livelli di occupazione, equilibrio nei saldi

commerciali esteri e, rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

 

Riguardo al punto (iii), in particolare, dato un obiettivo di deficit pubblico (inteso come differenza tra pagamenti e incassi dello Stato) il maggior livello necessario per uscire da una fase ciclica negativa dell’economia sarà ottenibile mediante un appropriato livello di emissione di Moneta Fiscale.


L’affiancamento della Moneta Fiscale all’euro consente di creare un Eurosistema stabile. In questo senso, la Moneta Fiscale deve costituire uno strumento disponibile in permanenza ai governi nazionali, per effettuare le necessarie manovre anticicliche e superare fasi di difficoltà dell’economia (a partire, naturalmente, dall’attuale). E’ anche possibile che le emissioni di Moneta Fiscale scendano a zero in una fase del ciclo economico particolarmente favorevole. Lo strumento resterà comunque a disposizione e potrà essere riattivato in caso di difficoltà successive.

 

Moneta Fiscale: coerenza con trattati e regolamenti UE
La Moneta Fiscale non confligge con nessuna regolamentazione dell’Eurosistema. Non è moneta legale in quanto la sua accettazione avviene su base volontaria e non è imposta dalla legge. Non si viola, quindi, il principio del monopolio BCE riguardo all’emissione della moneta legal tender, che rimane l’euro. Non è neanche indebitamento pubblico, in quanto i regolamenti Eurostat chiariscono senza ambiguità che non si ha debito se non quando il settore pubblico è impegnato a effettuare pagamenti. La Moneta Fiscale è invece un non-payable tax credit: non dà diritto a pagamenti, ma a ridurre un carico d’imposta altrimenti dovuto (non diversamente dalla possibilità di ammortizzare un impianto, o da una perdita fiscale pregressa, per citare due casi di diritti di natura fiscale che non sono, ovviamente, debito dello Stato).

 

Soprattutto, la regolamentazione dell’Eurosistema è basata sul principio di non incrementare i rischi di default sul debito pubblico degli stati membri. Emettere Moneta Fiscale non confligge con questo obiettivo, in quanto nessuno Stato può essere forzato all’inadempimento su un titolo che incorpora il diritto a riduzioni fiscali future, ma non a essere rimborsato in moneta che lo Stato non emette e di cui potrebbe non riuscire ad approvvigionarsi. Naturalmente l’esistenza di una Moneta Fiscale nazionale può costituire un primo passo verso la fuoriuscita dello Stato emittente dall’Eurosistema, se a un certo punto la Moneta Fiscale fosse dichiarata legal tender in sostituzione dell’euro.

 

Va però sottolineato che quest’ultimo passaggio è comunque di complessa esecuzione. L’esistenza di un titolo che circola e che aziende e cittadini sono abituati a utilizzare lo agevolerebbe, ma tutta una serie di problemi giuridici e tecnici (non insormontabili, ma tutt’altro che semplici) rimangono in essere, a partire dalla ridenominazione dei contratti e dei rapporti di debito / credito stipulati in euro. D’altra parte, è importante notare che i rischi legati all’assetto dell’Eurosistema non vengono a crearsi in quanto viene emessa la Moneta Fiscale. Esistono già oggi, e rimarranno in essere fino a quando non saranno risolte le attuali, gravissime disfunzioni del sistema odierno Disfunzioni che la Moneta Fiscale consente di superare.

 

 

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