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17 agosto 2018

 

Il governo stracciaculo

di Dante Barontini 

 

Fare campagna elettorale promettendo mari e monti è abbastanza facile, se hai gli spin doctor giusti, spazi mediatici rilevanti e una gestione dei social di buon livello. Governare un paese imbavagliato da interessi immondi, trasversali alle forze politiche, blocco dominante vero di tutti gli esecutivi fin qui avvicendatisi a Palazzo Chigi, è tutta un’altra cosa.

 

Non abbiamo neanche fatto in tempo a scrivere che il governicchio giallo-verde non avrebbe mai messo in discussione le “concessioni autostradali” – venendo subito attaccati da alcuni troll professionali al soldo dei due plenipotenziari – che la dura realtà si è incaricata di confermare che avevamo visto giusto.

 

Nel breve volgere di 24 ore il governo è passato dalla messa in stato d’accusa di Atlantia (la società che controlla buona parte della rete autostradale), proclamando di aver già avviato l’iter per il ritiro della concessione, alla solita melassa democristiana che annuncia la conservazione pura e semplice dello statu quo.

 

Anche un bambino capisce che c’è un’abissale differenza tra: 

«Ritireremo le concessioni alla società e la multeremo» (Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture, 15 agosto);

 

«Per la prima volta c’è un governo che non ha preso soldi da Benetton, e siamo qui a dirvi che revochiamo i contratti e ci saranno multe per 150 milioni di euro. Autostrade ha poi la sede finanziaria in Lussemburgo, quindi manco pagano le tasse. Se il ponte era pericolante dovevano dire che andava chiuso» (Luigi Di Maio, 15 agosto);

 

«E’ chiaro che ci sono responsabilità e la giustizia dovrà fare il proprio corso per accertarle. Ma il nostro governo non può rimanere ad aspettare. Per questo abbiamo deciso di avviare le procedure di revoca della concessione alla società Autostrade, sulla quale incombeva l’obbligo e l’onere di curare la manutenzione del viadotto. Dovere del governo è di fare viaggiare i cittadini in sicurezza. Tragedie simili non devono ripetersi. Mai più» (Giuseppe Conte, figurativamente presidente del Consiglio, 15 agosto);

 

«Non è possibile che si possa morire pagando il pedaggio. Prima che il Governo annunciasse il ritiro della concessione, già la Borsa aveva condannato Atlantia. Se non sono in grado di gestire le autostrade, lo farà lo Stato. Tutti parlano oggi della penale da 20 miliardi per la revoca della concessione. Ma se la motivazione è giusta e 40 morti finora mi sembrano una buona motivazione, non credo che si dovranno pagare penali. Tutti chiedono giustizia a Genova. Ci sono tutte le ragioni per recedere dalla concessione senza pagare penali. Gli utili netti che fanno queste società, che hanno operato in monopolio, fanno arrabbiare tutti. I Benetton li incontreremo quando gli revocheremo la concessione» (Luigi Di Maio, ministro del lavoro e dello sviluppo economico, 15 agosto);

 

«Revocare le concessioni, dare le multe più alte possibili, far pagare civilmente e penalmente quelli che hanno questi morti e feriti sulla coscienza, è il minimo» (Matteo Salvini, ministro dell’interno e segretario della Lega, 15 agosto );

e:

«Il lavoro della Commissione ispettiva è il primo atto con cui questo Ministero intende fare luce sull’accaduto e avviare tutti gli accertamenti necessari, nel rispetto del contraddittorio con le parti interessate, per la contestazione di eventuali inadempienze del concessionario, soggetto su cui, ai sensi dell’art. 14 del Codice della strada, ricade la responsabilità di assicurare la sicurezza dell’infrastruttura. Le risultanze del lavoro svolto dalla Commissione entreranno nella valutazione per la procedura di un’eventuale revoca della concessione» (comunicato del governo, 16 agosto

 

«Da Autostrade puntiamo ad ottenere, nell’immediato, fondi e interventi a sostegno dei parenti delle vittime, dei feriti, dei seicento sfollati e della comunità di Genova tutta, anche in termini di esenzione dai pedaggi. Di tutto il resto parleremo soltanto dopo» (Matteo Salvini, 16 agosto).

 

In pratica, un rovesciamento a 180 gradi della posizione da tenere. Dal “togliamo ad Autostrade-Atlantia il business miliardario che gli avevano regalato i governi precedenti” (tutti, anche quelli in cui la Lega aveva affiancato Berlusconi), a “facciamo una commissione, indagheremo, vedremo, sentiremo, eventualmente…”. Abbiamo scherzato, via…

Tra qualche giorno i toni saranno ancora più sfumati. I funerali di Stato per le vittime saranno la solita occasione per recitare un dolore che nessuno di questi personaggi prova, la melassa di retorica raggiungerà il top, le questioni tecniche e giuridiche – compresa la concessione, le multe, i reati, ecc – torneranno sullo sfondo. Roba da far valutare ai tecnici, lontani da telecamere e riflettori…

 

Cos’è successo nel frattempo? Atlantia è ovviamente crollata in borsa (anche i broker sanno che un disastro come Genova comporterà comunque costi per la società e un “danno di immagine” rilevante, anche senza revoca della concessione), ha emesso un cinico comunicato in cui ricorda di avere contrattualmente il coltello dalla parte del manico, i media mainstream hanno battuto sul tasto delle “penali da pagare” (come se fosse lo Stato – il popolo di questo paese – a dover risarcire i Benetton e non il contrario), e devono esser corse telefonate di fuoco tra i vertici confindustriali, quelli dell’Unione Europea (che premono sempre per la “massima libertà d’azione per i capitali internazionali”) e i cellulari di questi scombiccherati personaggi seduti su poltrone ministeriali troppo grandi per la loro personalità.

 

Capita l’antifona, i feroci bastonatori di migranti, mendicanti, occupanti di case (e via elencando tra le figure sociali più deboli), si sono rapidissimamente calati nei panni dei soliti governanti italici: cautelosi chiacchieroni, pronti a baciare i piedi delle imprese e di chiunque abbia un potere solido, ben attenti a non disturbare il business da cui sgorga – o potrà sgorgare – qualche briciola di riconoscenza.

 

Stiamo infatti parlando di una società con 6 miliardi di fatturato che dichiara utili per 1,1, che pur vantando un margine operativo lordo di 1,9 miliardi fa investimenti per soli 340 milioni (le cifre si riferiscono ai primi nove mesi dello scorso anno). Diciamo che ben pochi imprenditori dell’economia reale possono vantare guadagni così alti facendo così poco.

 

Meglio di loro, forse, solo pochi maghi della finanza internazionale. 

Diciamo che, seguendo la retorica grillin-leghista, si potrebbe tranquillamente pensare che “il primo governo che non ha preso soldi da Benetton” stia cercando di colmare la lacuna… 

L’unica cosa seria che uno Stato possa fare dopo una tragedia del genere è nazionalizzare la gestione di tutta la rete autostradale. Non servirebbe a nulla, infatti, “revocare la concessione” ad Atlantia (ma solo “eventualmente”…) per affidarla a qualcun altro. Un bene costruito con le tasse dei cittadini, un monopolio naturale senza possibile concorrenza, deve essere gestito bandendo la fame di profitto individuale (societario o di persone fisiche). Una nazionalizzazione senza indennizzo né penali, naturalmente, perché il danno provocato alle vittime e all’economia del paese è senza dubbio superiore ai pur rilevantissimi “profitti attesi”. 

 

E’ possibile che un governo come questo – e tutta una classe politica come quella presente e passata (la “privatizzazione” delle autostrade è stata gestita da Prodi, D’Alema, Bersani…) – possa rivoltarsi contro i poteri economici che stanno distruggendo fisicamente questo paese? Che possa rimettere in discussione i “vincoli” interni ed esterni (Unione Europea, euro, Nato) che guidano lungo la via del degrado trasferendo ricchezza dal lavoro “ai mercati”?

Naturalmente no. “Il cambiamento” non è roba per gente che sbraca in 24 ore…

 

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