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28 June 2018

 

Il trappolone (franco-tedesco)

di Leonardo Mazzei

 

L'ultima trovata: far decidere ai parlamenti di Berlino e Parigi la politica economica italiana. Non è uno scherzo, è la proposta Merkel-Macron. E poi qualcuno ci chiede perché insistiamo tanto sulla sovranità..

 

A Berlino stan preparando una trappola. Ed a Parigi gli tengono bordone. Nel mirino - sai che novità! - l'Italia. Il terreno è stato arato fin dall'autunno scorso, con il famoso non-paper di tre paginette col quale Wolfgang Schäuble dette il suo addio all'Eurogruppo. Ora, dopo otto mesi, Angela Merkel proverà a tradurre in pratica le dritte del suo ex ministro. L'occasione sarà quella del vertice europeo della prossima settimana.

«L'ultima trappola di Schäuble in Europa», questo il titolo insolitamente allarmato dell'insospettabile Sole 24 Ore dell'11 ottobre 2017. Insospettabile pure l'autore, Alberto Quadrio Curzio, non esattamente un "populista". Il quale, descrivendo la proposta dell'ormai ex ministro delle Finanze tedesco, parlava già allora di: «un Fondo monetario come "sovrano rigorista"» e di una «minacciosa "gestione ordinata" dei titoli di Stato», concludendo seccamente che «la proposta è da respingere e non solo perché sarebbe micidiale per l’Italia».

Com'era immaginabile quella di Schäuble non era la mera esercitazione di un ministro in disarmo. Tant'è che adesso la cosa si fa seria. Ce ne parla stavolta un altro insospettabile, Federico Fubini sul Corriere della Sera di ieri l'altro. Il fatto è che l'informale non-paperdell'attuale presidente del Bundestag ha ora preso l'ufficialissima forma di una proposta firmata dal duo Merkel-Macron.

Ma se a ottobre l'establishment nostrano sembrava deciso a dire no, adesso invece tentenna. Lorsignori comprendono che il cappio franco-tedesco riguarda in qualche modo anche loro, ma l'alternativa è il dilagare del populismo, addirittura il licenziamento della tanto amata Merkel, che Dio non voglia!

Di questo atteggiamento tentennante l'articolo del Fubini è un esempio pressoché insuperabile. Ma qual è la posta in gioco, in vista del vertice europeo di fine giugno? Nel loro recente incontro, Merkel e Macron hanno trovato un accordo su due punti: un mini-bilancio dell'Eurozona a partire dal 2021, come chiesto dalla Francia; un nuovo ruolo dell'Esm (European Stability Mechanism, il cosiddetto "Fondo salva-Stati"), come voluto da Berlino in linea con il lascito testamentario di Schäuble. Ma mentre il risultato per il piccolo Napoleone parigino è più che altro di facciata (l'entità del bilancio della zona euro è tutta da vedere, ma già viene indicata come particolarmente modesta), il cuore della proposta è come sempre nella parte che arriva direttamente da Berlino.

Entriamo dunque nel merito. Il comunicato franco-tedesco ci dice che l'Esm

«dovrebbe avere la capacità di valutare la situazione economica degli Stati membri, contribuendo alla prevenzione delle crisi». 

C'è in questa frase il succo dell'idea di Schäuble, quella di assegnare ad una istituzione "tecnica", dunque non soggetta a trattative politiche, le scelte economiche fondamentali non tanto - si badi - a livello europeo, quanto quelle propriamente spettanti agli Stati. I quali dovrebbero semplicemente adeguarsi alle decisioni dell'Esm.

Ma questo varrebbe per tutti gli Stati? Ovviamente no. In base all'idea dei due simpaticissimi padroni dell'Europa, mentre 17 Paesi dell'Eurozona perderebbero ogni parvenza di sovranità, gli altri due (casualmente Germania e Francia) non solo non vi rinuncerebbero, ma acquisirebbero addirittura il potere di decidere per conto degli altri. Bella no, l'Europa! Quella del sognooo!

Ora qualcuno penserà che stiamo esagerando, che forse si tratta di uno scherzo, che proprio così non può essere. E invece no. Il meccanismo pensato dalla coppia Merkel-Macron è piuttosto semplice, una roba che la può capire anche un piddino. Siccome i due non sono del tutto insensibili alle ragioni della democrazia, essi hanno pensato che certe decisioni possano essere prese solo con la maggioranza dell'80% dei "diritti di voto". Attenzione, non dei voti di ciascun membro, che la cosa non farebbe al caso loro, bensì dei "diritti di voto" assegnati a ciascun Paese in base alle proprie quote detenute nell'Esm. "Diritti di voto" che solo per Germania e Francia superano - guarda un po' il caso! - il 20%. Per la precisione, la quota della Germania è del 27,14%, quella della Francia è del 20,38%, mentre quella dell'Italia è del 17,91%.

Ovvie le conseguenze politiche di un tale meccanismo. E qui lasciamo la parola a Fubini, sennò pare che siamo solo noi a "pensar male". Dopo aver detto che

«Questo è un passo significativo verso la subordinazione dei Paesi dell'area al Bundestag, dunque agli umori dell'opinione pubblica tedesca», egli osserva che «Solo Germania e Francia hanno di fatto un veto individuale su ogni decisione, perché solo loro hanno quote sopra il 20%. Così l'Esm in questa proposta vigila su tutta l'area euro, in competizione con un organo sovrannazionale come la Commissione Ue, ma non può fare nulla che il Bundestag non approvi: un'evidente violazione del principio di uguaglianza fra Stati alla base dell'Unione europea».

E su cosa potrebbe decidere l'Esm, cioè di fatto i governi (o, se volete, i parlamenti) di Berlino e Parigi, se la proposta dell'asse carolingio dovesse disgraziatamente passare? Ovvio, esso potrebbe decidere anzitutto sulle modalità di un eventuale default del debito di alcuni Stati, Italia in primis.

Ora, che una ristrutturazione del debito italiano sia necessaria è cosa abbastanza ovvia, come cosa altrettanto nota è che la forma più indolore di una tale operazione consiste proprio nell'uscita dall'euro. Ma che tempi e modalità di questa possibile scelta debbano essere decisi da Francia e Germania, via Esm, questo va al di là di ogni immaginazione. Oltre alla totale perdita di sovranità, due le conseguenze disastrose per il nostro Paese. In primo luogo le "condizionalità", cioè i nuovi sacrifici, che verrebbero imposti dall'Esm per portare in porto quello che ci verrebbe presentato come un "salvataggio" (vedi il caso greco). In secondo luogo - e qui sta la principale preoccupazione del Fubini - l'inevitabile aumento dello spread che seguirebbe da subito l'eventuale approvazione della linea franco-tedesca.

Tutto questo perché l'idea Merkel-Macron è quella di adottare un sistema di riduzione del debito sul modello del bail in bancario, mettendo cioè in preventivo una certa perdita per i detentori dei titoli del debito italiano, con la conseguenza di spingere questi soggetti a vendere, alzando così immediatamente tassi e spread. Inutile dire come questa sequenza avrebbe un micidiale effetto sull'economia italiana. Ma evidentemente è proprio questo il risultato voluto: mettere in ginocchio l'Italia, per meglio depredarla e per cacciare da subito il governo gialloverde. 

Se questo è il regalino del duo franco-tedesco, cosa propone di fare il Fubini? Ovviamente è qui che casca l'asino. Tanto chiaro nel denunciare la pericolosità della trappola congegnata contro l'Italia, il Nostro diventa all'improvviso tentennante quando si tratta di indicare il che fare. Un atteggiamento che evidentemente non è solo il suo, e che esprime piuttosto bene l'attuale smarrimento delle nostrane èlite.

L'articolista ammette che

«accettando l'ipotesi di accordo franco tedesco si potrebbe aprire la strada a un governo dell'unione monetaria con un potere speciale del Bundestag», che dunque «l'Italia potrebbe mettere il veto», 

ma... Ovvio che a questo punto del discorso arrivi il più grande dei ma di questi timorati di un Dio che risiede a Berlino. E difatti: «In questo modo, però, rischierebbe di favorire la sostituzione di Angela Merkel con un cancelliere tedesco ancora meno disposto a compromessi».

Ora, a parte il fatto che chiamare "compromesso" una piena capitolazione come quella dell'accettazione del piano Merkel-Macron fa venire in mente solo la faccia di tolla di un Tsipras che si mette la cravatta per festeggiare il disastro greco chiamandolo "uscita dalla crisi", la conclusione del Fubini è una specie di "Merkel o morte" che la dice assai lunga sullo stato di salute di quel pezzo di establishment in qualche modo rappresentato dal Corsera.

Noi ci auguriamo invece che la posizione del governo italiano sia ferma, costringendo l'asse franco-tedesco a ritirare la proposta o, nel caso non la ritirasse, usando il diritto di veto. In gioco non è solo questa fondamentale partita, ma il futuro dello scontro che si profila con l'Unione europea. Se non si dicesse di no a questa micidiale trappola, figuriamoci come andrebbe poi il confronto sulle regole di bilancio, sulle quali da Bruxelles si continua quotidianamente a tuonare. Il no andrà dunque detto subito e senza incertezze.

Molti sono i limiti, le debolezze, le contraddizioni, del governo Conte, ma chi scrive non pensa che vi sarà una capitolazione. Da più parti si spingerà il governo ad un passo falso, cercando di staccare il presidente del consiglio dalle forze politiche che lo hanno espresso, giocando la carta Tria contro l'esecutivo che l'ha dovuto inglobare per ordine quirinalizio. Da altre parti si dirà (ed anzi già si dice) che questo è addirittura un Monti bis: alla faccia del rigore analitico... 

Ma lasciamo perdere. La convinzione sul no italiano alla porcata carolingia non nasce da una particolare fiducia in questo o quel personaggio. Essa deriva invece da due dati di fatto: che sulla questione europea il governo gialloverde gode di un consenso più ampio dei due partiti che lo compongono, che l'Unione europea è ormai in una crisi esistenziale di cui non si vede l'uscita. Non è dunque il tempo della paura, bensì quello dell'azione e della mobilitazione.

Necessaria, quest'ultima, specie in vista delle battaglie dell'autunno. Perché anche un no alle pretese del duo Merkel-Macron non sarà sufficiente a fermare l'azione genocida dell'oligarchia eurista. I fatti ci diranno se ci sbagliamo, che se invece non ci sbagliamo le alternative saranno due e soltanto due: o il percorso di liberazione nazionale avrà davvero inizio o le forze della peggiore restaurazione oligarchica avranno il sopravvento per un periodo non breve. Con buona pace di chi crede di potersela cavare con la politica del né né.

PS - Sul tema di cui si occupa questo articolo, il Corriere della Sera di stamattina pubblica con grande risalto la lettera di tre economisti - Francesco Giavazzi, Lucrezia Reichlin e Luigi Zingales - a Giuseppe Conte. La tesi dei tre è che, sì nel progetto Merkel-Macron vi sono delle insidie per l'Italia (peraltro pudicamente non esplicitate), ma che esse non sono tali da dover mettere il veto. Anzi, secondo i tre, il progetto dell'asse carolingio è nella sostanza positivo. Dunque il governo italiano, anziché ostacolarlo, dovrebbe entrare senza problema alcuno nel negoziato che si aprirà. Dopo la trappola franco-tedesca (che almeno Fubini denuncia), ecco ora quella predisposta dai falsi amici del governo italiano. Il consiglio dei tre non è certo disinteressato. Per loro tutto deve essere sacrificato al Dio Euro ed all'attuale costruzione europea. A Conte viene amichevolmente chiesto di stare al gioco, tanto poi le disastrose conseguenze di una simile scelta cadrebbero appunto sul "governo populista" che essi combattono. Che dire? Dagli amici mi guardi Iddio che ai nemici ci penso io.

 

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