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L’accordo UE sul debito è un “bacio della morte” per la Grecia di CJ Polychroniou traduzione di Giuseppe Volpe
Dopo otto lunghi ed estremamente dolorosi anni di austerità a causa dei giganteschi pacchetti di salvataggio accompagnati da brutali misure neoliberiste, ad Atene il governo “di sinistra” di Alexis Tsipras ha annunciato che l’era dell’austerità è ora terminata grazie alla conclusione di un accordo sul debito con i creditori europei. Nelle prime ore del 22 giugno è stato raggiunto un cosiddetto accordo “storico” sul sollievo dal debito in una riunione di ministri delle finanze dell’eurozona dopo che era stato valutato che la Grecia aveva completato con successo il suo programma del Meccanismo Europeo di Stabilità e che non c’era alcuna necessità di un programma di approfondimento. L’idea che i programmi di salvataggio della Grecia possano essere considerati un successo aggiunge una nuova svolta al doppio linguaggio orwelliano del governo, considerato il fatto che il paese ha vissuto la maggiore crisi economica dell’Europa postbellica, con il suo prodotto interno lordo (PIL) precipitato di circa un quarto e con il più elevato tasso di disoccupazione (attualmente al 20,1 per cento) di tutti gli stati dell’Unione Europea (UE). Come se non bastasse il rapporto del debito pubblico del paese con il PIL è salito dal 127 per cento del 2009 a circa il 180 per cento, uno sviluppo che ha essenzialmente trasformato la Grecia in una colonia del debito, portando a pressanti richieste che siano venduti tutti gli attivi pubblici di valore, compresi aeroporti, ferrovie, porti, sistemi fognari e risorse energetiche e del gas. In effetti, dall’avvio dei programmi di salvataggio, i governi greci si sono fortemente impegnati a superarsi l’un l’altro sul fronte delle privatizzazioni, al fine di soddisfare le richieste dei creditori ufficiali, della UE e del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Tuttavia, l’attuale governo di pseudo-sinistra di Syriza si è dimostrato nei confronti dei creditori il più servile dei governi greci.
Argomenti a favore delle privatizzazioni a parte, la mortale combinazione di un debito più elevato e di un PIL in declino avevano convinto parecchio in anticipo la maggior parte degli economisti che l’austerità stava uccidendo l’economia della Grecia e che una cancellazione del debito sarebbe stata a un certo punto assolutamente necessaria per una ripresa a medio-lungo termine. Tuttavia la Germania e i suoi alleati nordeuropei si erano diametricalmente opposti a questa idea, insistendo su dosi sempre più massicce di austerità, tirandosi indietro alla prospettiva di una cancellazione del debito. Al tempo stesso anche l’idea che la Grecia uscisse dall’euro era un anatema per la Germania e per gli eurocrati di Bruxelles. Mantenere la Grecia nell’eurozona – anche se la sua economia e la sua società avrebbero sanguinato a morte in conseguenza di dure misure d’austerità – era considerato assolutamente imperativo per la stessa sopravvivenza dell’euro e per garantire che tutti i debiti precedenti nei confronti delle banche europee fosse rimborsati. In effetti furono innanzitutto queste preoccupazioni che condussero ai salvataggi, non il dovere o l’obbligo di aiutare un membro della famiglia europea a riprendersi da una crisi finanziaria che era stata in larga misura causata dalla natura fortemente difettosa del disegno architettonico della stessa Unione Monetaria Europea. L’idea di ristrutturare l’enorme ammasso del debito della Grecia, che continuava a crescere dopo ogni anno di austerità e di riforme neoliberiste non scomparve mai, specialmente poiché il FMI non si stancò mai di dire agli europei che il livello del debito del paese era insostenibile. In effetti il FMI si rifiutò di aderire al terzo salvataggio prima che fosse messo sul tavolo un sollievo dal debito.
Temendo di restare soli nel loro esperimento neoliberista e nei loro atteggiamenti neocoloniali nei confronti della Grecia, i dirigenti europei continuarono ad accennare in varie occasioni che poteva arrivare un momento nel quale il sollievo dal debito per la Grecia poteva diventare un tema di negoziati. Comunque, pare che le ultime elezioni in Germania possano aver costituito un punto di svolta in tale direzione, particolarmente con Wolfgang Schaeuble costretto a rinunciare al suo ruolo di ministro delle finanze della Germania a favore di quello di presidente del Bundestag.
Diversamente dalla vergognosa affermazione di Tsipras che l’accordo sul debito rappresenta un accordo “storico” poiché consente alla Grecia di tornare a essere un “paese normale”, le misure concordate per rendere sostenibile il debito greco condanneranno il paese a diventare una colonia del debito permanente semiperiferica della UE. L’accordo semplicemente sposta il debito in un futuro molto lontano e blocca la società in uno stato di austerità perpetua prescrivendo che il governo consegua avanzi primari di bilancio eccessivamente elevati. L’accordo non è un motivo di festa per la Grecia bensì, piuttosto, un bacio della morte.
Innanzitutto, concede alla Grecia una proroga di dieci anni di alcune pressanti scadenze debitorie e fornisce fondi extra al governa per un importo di 15 miliardi di euro al fine di incrementare le sue riserve di contante. In altri termini, nessuna cancellazione del debito di alcun genere, con l’importo totale del debito che resta intorno al 180 per cento, ma semplicemente rendendo la prossima generazione responsabile del rimborso di una considerevole fetta del debito. Questa decisione dovrebbe rafforzare la credibilità finanziaria della Grecia e consentire al paese di tornare ai mercati privati per le sue future necessità di finanziamento.
L’accordo sul debito obbliga anche la Grecia a conseguire avanti primari di bilancio del 3,5 per cento fino al 2022 e poi di circa il 2,2 per cento fino al 2060. Questo significa, allora, che la Grecia sarà in uno stato di severa austerità per i prossimi quarant’anni. Infatti, la richiesta che la Grecia consegua un avanzo primario di bilancio del 3,5 per cento fino al 2022 significa che le dosi di austerità dovranno essere aumentate considerevolmente negli anni a venire. E’ particolarmente così poiché il rimborso dei debiti è gravato da interessi, il che significa che l’effettivo avanzo di bilancio è persino maggiore. In effetti, quando teniamo conto dei pagamenti degli interessi sul debito, anche a un tasso dell’un per cento fino al 2022, l’avanzo complessivo di bilancio richiesto alla Grecia come parte del cosiddetto accordo “storico” sul debito balza a circa il 5,3 per cento del PIL fino al 2022. Ma anche dopo il 2022 l’avanzo annuo di bilancio richiesto dal 2023 al 2060 (supponendo che il tasso d’interesse resti all’un per cento, anche se probabilmente sarà più elevato) sarà al minimo del 4 per cento del PIL. (Sono debitore all’economista Robert Pollin dell’Università del Massachusetts ad Amherst per aver segnalato questo importante dettaglio riguardante l’impatto dei tassi d’interesse sull’effettivo avanzo primario di bilancio).
A questo punto, con avanzi primari di bilancio al livello del 5,3 per cento (fino al 2022) e anche al 4 per cento (dal 2023 al 2060), “severo” non è l’aggettivo giusto per descrivere il livello di austerità che dovrà essere imposto al popolo greco. Un termine più adatto è austerità “brutale” e tali vasti avanzi primari inevitabilmente riportano alla mente la condizione della Germania alla fine della prima guerra mondiale, quando il paese fu costretto a conseguire avanzi analogamente vasti per finanziare le riparazioni pretese dal Trattato di Versailles del 1919. Naturalmente quello che successo dopo è oggi sapere comune, salvo, evidentemente, presso la classe politica tedesca e gli eurocrati di Bruxelles. L’accordo sul debito per la Grecia è davvero un punto di svolta: segna la morte di qualsiasi prospettiva o speranza di ripresa economica e di ritorno alla normalità. Sono in arrivo tempi solo più difficili.
C.J.Polychroniou è un economista politico/politologo che ha insegnato e lavorato in università e centri di ricerca in Europa e negli Stati Uniti. I suoi principali interessi di ricerca sono l’integrazione economica europea, la globalizzazione, l’economia politica degli Stati Uniti e la decostruzione del progetto politico-economico del neoliberismo. E’ un collaboratore regolare di Truthout e anche membro del Public Intellectual Project di Truthou. Ha pubblicato numerosi libri e i suoi articoli sono apparsi in una varietà di riviste, periodici, giornali e siti giornalisti popolari in rete. Molte delle sue pubblicazioni sonos tate tradotte in numerose lingue straniere, tra cui croato, francese, greco, italiano, portoghese, spagnolo e turco. E’ autore di Optimism Over Despair: Noam Chomsky on Capitalism, Empire and Social Change, un’antologia di interviste a Chomsky in origine pubblicate presso Truthout e raccolte da Haymarket Books. Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/eus-debt-deal-is-kiss-of-death-for-greece/
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