Da A l’encontre del 1 febbraio 2018: http://alencontre.org/laune/grece-la-droitisation-de-syriza-est-un-gouffre-ideologique-et-moral-sans-fond.html http://antoniomoscato.altervista.org http://popoffquotidiano.it/ 25 febbraio 2018
La droitisation de SYRIZA: un gouffre social, moral et idéologique par Antonis Ntavanellos Traduzione dal francese di Titti Pierini
La Grecia in un baratro sociale, morale e ideologico. Tsipras: abolire lo sciopero e rappresentare i padroni
Il 15 gennaio 2018 è stato presentato in parlamento, e poi adottato a maggioranza da Syriza-Anel [Greci indipendenti], il progetto di “legge omnibus” con cui il governo Tsipras garantisce il “buon” andamento della terza valutazione della situazione economica greca da parte dei creditori. Così, questo governo prosegue il suo percorso verso la conclusione formale del programma del Terzo memorandum(sottoscritto il 14 agosto 2015), annunciata per il prossimo agosto.
Di qui ad allora, il governo deve evitare altri due scogli. Da un lato, gli “stress test” [test di solidità] delle banche greche [Banca Nazionale Greca, Pireus Bank, Alpha Bank ed Eurobank], in cui spera che i creditori e la Commissione Europea accetteranno l’applicazione di criteri meno rigidi, per evitare una nuova ricapitalizzazione delle banche che farebbe saltare la visione ottimistica dell’economia greca attualmente diffusa. Dall’altro lato, la strategia di comunicazione di Tsipras che, malgrado tutti i problemi, sta già preparando le prossime elezioni. Ha ancora davanti la prospettiva della quarta valutazione (nella primavera prossima), che approderà ad altre misure ancora di ulteriore austerità.
Se il governo riuscisse a superare questi rischi, potrebbe sperare di ottenere una fausta promessa di misure di “alleggerimento” del debito greco, soprattutto un maggiore scaglionamento dei tempi degli inevitabili rimborsi. Ad ogni modo i creditori, per il momento, dichiarano che la discussione sul debito si aprirà ufficialmente dopo il prossimo agosto.
Va utilmente notato che la conclusione formale del terzo memorandum non vuol dire la fine delle sue politiche brutali. Come si è esplicitamente convenuto all’atto della firma da parte di Tsipras del suddetto memorandum, tutte le leggi, norme e regolamenti connessi al referendum, il complesso delle controriforme neoliberiste degli ultimi otto anni, rimarranno in vigore, allo stesso titolo della messa sotto “sorveglianza” dell’economia greca fino al… 2060 (vale a dire fino a quando non si sarà rimborsato almeno il 75% del debito)!
Il progetto di “legge omnibus” I dispositivi predisposti al momento della terza valutazione comportavano varie misure drastiche: – L’articolo più discusso di questa legge è quello che autorizza le banche e le amministrazioni pubbliche a procedere elettronicamente alla messa in vendita all’asta delle abitazioni delle famiglie popolari che non riescono a saldare i propri debiti. Il governo ha già tentato di procedere a un gran numero di vendite all’incanto. Ha però incontrato una resistenza notevole, tra l’altro con mobilitazioni (al cui interno l’Unità Popolare – LAE – ha avuto il ruolo principale) che hanno impedito ai tribunali di svolgere le udienze e decidere le messe in vendita all’asta. Il governo ha provato a ricorrere alla repressione ed ha fallito penosamente, provocando la presenza ancor più numerosa di manifestanti, nei tribunali e fuori. La comparsa in queste azioni del Partito Comunista Greco (KKE), che si è aggiunto con parecchio ritardo, ha contribuito a rafforzare il convincimento che possiamo bloccare le decisioni governative su questo problema cruciale per le banche e i creditori. Il governo cercherà di evitare lo scontro, organizzando fin d’ora vendite all’asta elettroniche, in centinaia di studi notarili dell’intero paese. Ma il programma di vendite all’asta concerne un numero talmente enorme di casi che c’è realisticamente da sperare che il movimento di resistenza si sposti verso i quartieri per condurvi la lotta per porre un freno agli sfratti. Una svolta reazionaria emblematica è stata anche la radicale modifica della legge che riguardava il diritto di sciopero. Questa legge costituiva la conquista delle grandi lotte operaie del periodo successivo al crollo della dittatura [1974]. Oggi, un governo di cui solo il nome rinvia al termine “sinistra”, ha deciso che, perché si possa dichiarare uno sciopero, debbano essere presenti e approvare la decisione di entrare in sciopero il 50% più 1 dei lavoratori di un’impresa o di un settore produttivo. Una simile regolamentazione ha costituito per decenni l’auspicio dei quadri dirigenti capitalisti più estremisti, un auspicio che sembrava finora irrealizzabile.
Incontestabilmente, la “legge omnibus” contiene ben altre misure critiche, ad esempio: ulteriori tagli agli assegni familiari e alle pensioni, nonché modalità che facilitano ulteriormente le privatizzazioni in “settori strategici” come quelli della luce e dell’acqua.
Lo sciopero Questa politica governativa è stata sistematicamente sostenuta dalla direzione delle burocrazie sindacali dei settori pubblici e privati che, sotto l’egida di una coalizione di quadri del PASOK, di Nuova Democrazia e di Syriza, hanno fatto di tutto pur di ostacolare l’innesco e l’organizzazione di importanti mobilitazioni. Le principali confederazioni, ad esempio, si sono astenute dal decidere lo sciopero, lasciando privi di protezione e di appoggio i lavoratori e le lavoratrici intenzionati ad impegnarsi nelle lotte.
Tutto il peso è ricaduto sulle spalle dei sindacati di base, in cui la sinistra costituisce la forza motrice. Tuttavia, anche a questo livello, l’atteggiamento del KKE, che ha proposto una sola giornata di sciopero al momento del voto della “legge omnibus”, senza preliminari mobilitazioni, ridimensionava l’importanza dello sciopero stesso, riducendolo a un atto simbolico, tanto per “salvare l’onore”. Tenuto conto di tutti questi elementi e della nostra esperienza, valutiamo che la partecipazione allo sciopero fosse maggiore del previsto, ancorché largamente insufficiente rispetto a quello di cui ci sarebbe stato bisogno per arrestare l’offensiva governativa.
Lo sciopero si è esteso in particolare nei trasporti pubblici (vicino al 100%) e nel settore della navigazione. Tuttavia, lo sciopero dei trasporti ha ostacolato la possibilità di raggiungere i punti di concentramento dove dovevano trovarsi i manifestanti, per cui i raduni si sono essenzialmente basati sui militanti decisi della sinistra politica. Una volta di più l’esperienza del dopo-2015 è stata confermata in Grecia: la gente è indignata e arrabbiata, ma per il momento questo non si traduce in diretto intervento di massa, perché pesa la delusione prolungata provocata dalla sconfitta del 2015, e pesa l’assenza di un’alternativa politica convincente per rovesciare la brutale austerità.
La piega di destra Tsipras, capitalizzando la delusione popolare e operaia, opera perciò un rapido spostamento della sua base sociale e si volge verso le classi dominanti.
Syriza ha ormai organizzato intorno a sé l’alleanza della cerchia capitalista che prima del 2015 chiamava “la faccia oscura dell’imprenditoria”. Capitalisti che hanno costruito patrimoni su traffici di vario tipo, sul gioco, il riciclaggio di denaro, sulla forte presenza nel calcio e che dipendono sempre dai buoni rapporti con i rispettivi governi. Syriza allarga i suoi rapporti in direzione delle “famiglie” più tradizionali della borghesia, mettendo a profitto così le sue relazioni con le banche e una particolare strumentalizzazione delle privatizzazioni. Si preoccupa cioè, pur attirando investimenti stranieri, di garantire un posto e un ruolo per i capitalisti autoctoni in quanto “partner locali” dei fondi internazionali e delle multinazionali, pretendendo di resistere in questo modo, di fronte alle “superiori forze” dei mercati internazionali, alla “disellenizzazione” delle imprese”.
Ma, soprattutto, la direzione di Syriza privilegia sopra ogni altra cosa l’argomento della stabilità. E cioè, l’affermazione che il governo Syriza-Anel ha applicato a tutta velocità le disposizioni dei memorandum, ridimensionando insieme le reazioni popolari e delle masse lavoratrici, installando nel paese un clima di “pace sociale”, per la prima volta dopo anni. L’ambizione di servire gli interessi della classe dominante nel suo complesso arriva, non a caso, fino al sostegno delle più inflessibili velleità del nazionalismo greco nella regione. Il governo, con le figure di punta del ministro della Difesa, Panos Kammenos (Anel) e di quello degli Esteri, Niko Kotzias (Syriza), ha perseguito senza problemi la politica della destra rispetto al Medio Oriente e al Mediterraneo Orientale: l’appoggio aperto agli Stati Uniti, l’intensificazione della presenza della NATO nel Mare Egeo, il consolidamento dell’“asse” con lo Stato di Israele e con la dittatura di al-Sissi, allo scopo di isolare la Turchia di Erdogan, instabile ed ambigua. Il vantaggio verrebbe dalla partecipazione alla spartizione del petrolio e del gas nel Mediterraneo orientale e del sud-est, e dal consolidamento del centro di gravità greco al livello degli sviluppi e delle prospettive a Cipro.
Di recente, la diplomazia greca ha operato una svolta verso i Balcani occidentali. Si compiace di pretendere di risolvere la divergenza con la Repubblica di Macedonia rispetto al nome, in base ai termini dettati dallo Stato greco.
Col pieno appoggio statunitense, della UE e della NATO, i “negoziatori” greci esigono un nuovo nome per il paese vicino, un “nome composto” (sembra quello di “Nuova Makedonja”) che sostituirebbe quello di “Repubblica di Macedonia, per tutti gli usi (erga omnes: all’interno del paese e su scala internazionale, nel linguaggio ufficiale e in quello di tutti i giorni), che sarebbe scritto in alfabeto cirillico (?) e usato internazionalmente in questa forma, senza che si possa tradurre o coniugare.
Il mutamento di nome dello Stato vicino dovrebbe obbligatoriamente riferirsi alla qualificazione della propria lingua e quella della cittadinanza. Questa assurda violazione del diritto democratico all’autodeterminazione punta soltanto a garantire l’esclusivo impiego greco del termine Macedonia.
Questo “aggiustamento” ha come vero obiettivo l’immediata integrazione della Repubblica di Macedonia nella NATO (probabilmente al prossimo vertice, del luglio 2018) e l’avvio del processo del suo inserimento nell’UE.
La vera trattativa è intercorsa tra le grandi potenze occidentali e lo Stato greco, riguardo alle contropartite sufficienti ad eliminare il veto all’inserimento della Macedonia nella NATO pronunciato dal governo Karamanlis nel corso del vertice di Bucarest, nel 2008. Per questo NATO e UE esercitano un’implacabile pressione sul governo di Zoran Zaev (utilizzando anche l’influenza dei partiti albanesi che si preoccupano poco dell’autodeterminazione “macedone”) perché accetti le condizioni della Grecia, indicando al governo di Skopje che non ci sono alternative.
Seguendo questa politica, e con l’affermazione che l’allargamento della NATO nei Balcani rafforzerà la pace (!) e la democrazia (!!) nella regione, il governo Tsipras cerca di includere nel proprio bilancio un “successo nazionale”, con la soluzione, in base alla linea degli Stati Uniti, di un problema che ristagnava da decenni.[1]
Questi movimenti tattici esercitano una pressione sulla direzione di Nuova Democrazia, incarnata da Mitsotakis. Conscio dei vantaggi attesi dal capitalismo greco, Kyriakos Mitsotakis assume un “atteggiamento responsabile”. Ma l’ala destra del partito e l’estrema destra nazionalista hanno reagito sul piano ideologico organizzando raduni nazionalisti [21 gennaio a Salonicco, con 100.000 manifestanti, stando alla polizia], in collaborazione con la Chiesa. Ma anche costoro si preoccupano di non alzare troppo i toni: da un lato, per non danneggiare con provocazioni la politica del governo, dall’altro, per non ridurre la prospettive di una vittoria elettorale per Nuova Democrazia.
Si tratta di una vera e propria incursione nel progetto politico della destra. Tramite questa Syriza tenta di compensare la perdita d’influenza fra gli strati popolari e i lavoratori, o di ridimensionarla. Tuttavia, tutto induce a credere che questa tattica non otterrà risultati spettacolari, o non ancora. Stando alle dichiarazioni di un analista critico radicale, Tsipras ha imboccato la strada di una battaglia politica ed elettorale in cui prenderà atto che la debolezza della resistenza delle classi popolari è una cosa, ma il loro consenso, anche solo elettorale, è un’altra cosa.
Ciò di cui c’è sempre bisogno in politica greca, dal punto di vista degli interessi dei lavoratori, è la creazione di un polo massiccio della sinistra radicale, che servirebbe da appoggio ai settori importanti che sostenevano Syriza, ormai delusi dalla sua politica e dal suo accelerato spostamento a destra. (Gennaio 2018)
note [1] Secondo Jaklina Naumovski, in Le Courrier des Balkan, «Il mercoledì 24 gennaio, ai margini del vertice di Davos, sette anni dopo l’ultimo incontro a questo livello, i capi del governo macedone e di quello greco, Zoran Zaev e Alexis Tsipras, si sono incontrati per proseguire il dialogo sulla disputa riguardante il nome della Macedonia, mandando così un nuovo segnale di distensione nei rapporti tra i due paesi. L’incontro avviene ad appena tre giorni di distanza dalla massiccia manifestazione a Salonicco e a pochi giorni dalla visita nelle due capitali del mediatore dell’ONU. Matthew Nimetz, che deve avanzare le sue nuove proposte per risolvere il principale contenzioso diplomatico fra i due paesi…. Alexis Tsipras ha confermato la sua intenzione di appoggiare il suo vicino del nord nel processo di inserimento euro-atlantico. Ad esempio, fra le misure che vanno in questa direzione ha annunciato l’apertura del posto di confine Markova Nova a Prespa. Ha anche precisato il suo impegno ad “appoggiare le procedure sospese dal suo governo, più precisamente la candidatura del vicino all’Iniziativa Adriatico-Ionica (ESS) e di fare in modo che la seconda fase dell’Accordo di Stabilizzazione e di Associazione (ASA) all’UE sia ratificata dal parlamento greco”. Hanno concluso che le riunioni sarebbero proseguite nelle prossime settimane, soprattutto al livello dei ministeri degli Esteri. Un incontro unanimemente salutato dai rappresentanti dell’UE…».
La manifestazione di Salonicco è certamente significativa. Ha ottenuto – stando alle notizie di stampa – l’appoggio di chi vuole acquistare il porto di questa città ed ha legami con Putin, Ivan Savidis, più russo che greco. E’ anche il proprietario della squadra di calcio PAOK Salonicco, uno dei tre principali club della Grecia, e coltiva i rapporti con la Chiesa ortodossa. Inoltre, ha effettuato numerosi riacquisti di immobili e alberghi, nonché di aziende del settore del tabacco e dello zucchero. Il tutto non impedisce – al contrario, potremmo dire – che intrattenga un rapporto con Tsipras. Il progetto politico potrebbe essere quello di costituire una destra dura al nord che non si confonda con l’immagine criminalizzata di Alba Dorata e che ostacoli, alle prossime elezioni, un’avanzata vincente della Nuova Democrazia di Mitsotakis. Tsipras è “capace di tutto”!
Una delle personalità di primo piano di questa manifestazione era il militare in pensione, nazionalista dichiarato, Frangos Frangulis (o Fragos Fragulis, a seconda della translitterazione): Ha rivestito incarichi importanti nell’esercito, nelle truppe speciali e nello Stato Maggiore, nei servizi di informazione; è stato Generale in capo degli eserciti. Ha rivestito per un breve periodo l’incarico di ministro della Difesa nel governo di transizione di P. Pikramenos (maggio-giugno 2012). In prospettiva storica, la manifestazione è però ben lontana dall’ampiezza di quella del 1992.
Si prepara un’altra manifestazione, per domenica 4 febbraio ad Atene, e in questo caso Nuova Democrazia vuole dimostrare la sua capacità di opposizione a Tsipras, lasciando insieme intendere che non vuole essere d’ostacolo all’allargamento della NATO. Sarà presente Alba Dorata, ai margini. La Chiesa ortodossa partecipa all’operazione. Colmo della confusione politica, Mikis Theodorakis sarà uno degli oratori principali. Manolis Glezos, invitato, ha rifiutato. [Redazione di A l’Encontre]
P.S. La manifestazione ha avuto successo, anche se invece del milione e mezzo di persone, vantato dagli organizzatori, c’erano solo 140.000 partecipanti … Antonio Moscato
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