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11/12/2018

 

"Macron prigioniero di se stesso"

By Angela Mauro

 

Per l'ex leader di Rc destra e sinistra non c'entrano nulla: "La situazione da noi è drammatica: in Francia almeno non hanno sequestrato il farsi società"

 

"Destra e sinistra non sono categorie valide per leggere il movimento dei gilet gialli". Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera e punto di riferimento della sinistra anche movimentista in una Italia ormai lontana nel tempo, assesta il colpo finale alle categorie del passato e si sintonizza sull'unica onda possibile per analizzare il movimento che sta sconvolgendo la Francia: movimento "imprevedibile", dice in questa intervista ad Huffpost. Movimento lontano dal '900 eppure segnato da una "dirompente" richiesta di "uguaglianza", come nella maggior parte delle rivendicazioni del '900. E Macron? "E' prigioniero di guerra" perché "non è in grado di rompere con lo schema di politiche economiche e sociali che ha prodotto la ribellione", continua Bertinotti che sull'Italia conclude: "Non ci resta che piangere...".

 

Che idea si è fatto di questo movimento francese: destra, sinistra, nessuna delle due o entrambe?

Penso che le letture che usano queste categorie siano inadatte a cerca di capire il fenomeno. Non serve usare le categorie che una volta davvero servivano a leggere i movimenti. Tutto il Novecento, compreso il '68 e anche il movimento alter-mondialista che secondo me segna il passaggio da un ciclo all'altro, erano caratterizzati da un soggetto sociale e politico che organizzava in qualche modo il movimento, definendone l'obiettivo, i percorsi di lotta e i risultati. Si trattava di movimenti prevedibili. Adesso invece abbiamo valicato il fiume, siamo su un'altra sponda.

L'imprevedibilità.

I movimenti che nascono oggi non sono programmati, ma nascono su un terreno sociale completamente diverso per cultura, soggetti e composizione di classe. E' un paradigma diverso che semmai è più interpretabile sotto la categoria della 'rivolta' che non la categoria di movimento riformatore o contro-riformatore. Diversamente da quello precedente che era programmato, questo movimento scaturisce da un imprevisto. Nessuno mesi fa poteva immaginare i 'gilet gialli' in piazza. E nemmeno 'Occupy Wall Street' era immaginabile prima che accadesse, la stessa cosa vale per gli 'indignados' in Spagna. Sono movimenti che nascono da un imprevisto, da una scintilla: in Francia è successo con la tassa sul carburante. Questa scintilla porta a coagularsi tutti, persone diverse tra di loro, tutti non solo contro il governo ma anche contro il sistema. E' un movimento che irrompe sulla scena e le caratteristiche le detta l'irruzione, non la sua predicazione o la sua proposta. Si determina come un magma che però va decifrato perché è il magma l'alfa e l'omega del movimento.

Molti analisti dicono che questo movimento scaturito in maniera imprevista da una scintilla poi in realtà è stato cavalcato e sostenuto da account social non francesi, anche russi. Insomma, ci sarebbe lo zampino di influenze estere. Che ne pensa?

Quando non si capisce, ci si affida agli stregoni. Il complotto è supplente dell'intelligenza: non capisci e ti affidi ad una tesi indimostrabile, un complotto appunto. Semmai invece dovresti capire la genesi di questo movimento e come fa a espandersi.

Come fa?

Si espande per aggregazione più che per cooptazione. Chi è d'accordo, si unisce alla protesta: dallo studente del liceo al pensionato, il disoccupato, il precario. Si uniscono pur essendo diversi perché hanno maturato un 'essere contro' comune contro l'ingiustizia di questa intollerabile società. L'avvio di questo movimento è: non ne possiamo più. Intorno a questo si uniscono varie categorie fino a ieri invisibili. Attenzione: non si unificano, bensì coesistono. Però hanno un orizzonte impressionante, che è quello dell'uguaglianza. Ed è questo il fenomeno dirompente.

Fenomeno che lo accomuna ai movimenti del '900?

E' dirompente il fatto che il paradigma del '900 muoia, ma al tempo stesso il tema della distribuzione della ricchezza torna sulla scena con la richiesta di reintrodurre la patrimoniale, tassare i ricchi e le grandi potenze. Insomma continua a vivere uno temi più antichi delle rivendicazioni di classe.

Macron cosa può fare?

Gli chiedono di dimettersi, ma il sistema francese non glielo consente. Dovrebbe essere De Gaulle e non lo è. Ecco perché vedo lo stallo: mentre il movimento cresce, Macron è un prigioniero di guerra. Non è in grado di rompere con lo schema di politiche economiche e sociali che ha prodotto la ribellione. La gabbia è quella: le classi dirigenti europee non sanno pensare una politica fuori dal quadro che ha generato la rivolta, fanno solo maquillage.

Quindi nessuna sorpresa se i 'gilet gialli' hanno preso una piega di critica decisa dell'Ue?

Nel 2005 in Francia si fece un referendum contro il progetto europeo. La geografia del no di quel referendum è grosso modo la stessa che sostiene questo movimento. Persino alcuni nomi sono gli stessi. Anche allora c'erano Melenchon e Marine Le Pen a sostegno del no con altri europeisti critici, convinti che l'Europa dei trattati e di Maastricht fossero contro l'idea di una Europa democratica. Ora i gilet gialli sono contro questa Europa, non contro l'Europa in sé. E' lo stesso rapporto che intercorre tra loro e la Francia: i gilet gialli sono contro Macron, ma non contro la Francia, tanto che protestano cantando la Marsigliese! Chiedono un'altra Europa, come quello slogan dei no global 'un altro mondo è possibile', 'un'altra Europa è possibile'. Solo che oggi aggiungono: 'non ci fidiamo più di voi', che è anche molto ambiguo.

Perché?

Perché questo movimento nato dall'imprevisto non si dà un profilo programmatico, anzi lavora molto sul simbolico. Chiede le dimissioni di Macron, ma sfugge alla domanda sul dopo. Non se lo fa chiedere: dopo, sarà quel che sarà. Ma questo è ambiguo.

Gilet gialli in Italia non ne vedo in vista.

In Italia non possiamo che piangere. In Francia il movimento assume dentro di sé anche dei connotati populistici: lo scontro tra alto e basso della società, la lotta contro le elite in nome del popolo... In Italia questa istanza populista è stata sequestrata nel cielo della politica: invece di sfociare in un esito sociale, ne ha avuto uno politico e tiene tutto. Ma il populismo contraddice se stesso quando si fa politica e per giunta governo. Si muove sul piano della democrazia rappresentativa per battendosi per la democrazia diretta. Si posiziona contro le elite, pur facendosi elite. La situazione da noi è drammatica: in Francia almeno non hanno sequestrato il 'farsi società'.

In Italia siamo prigionieri quindi? Un po' come Macron?

Macron è prigioniero e lo siamo anche noi: il governo e anche il paese.

Mi sembra che la sua analisi abbia molti punti in comune con quella di Toni Negri, che abbiamo intervistato la settimana scorsa sullo stesso argomento. Eppure in passato non eravate d'accordo su molte cose, compreso il referendum francese del 2005 sulla Costituzione europea: lui era a favore. Ora che è successo?

E' incredibile l'avvicinarsi delle posizioni tra me e Toni: credo sia la conferma che sono cambiati i tempi davvero e che si possono annullare le differenze a patto di essere semplicemente curiosi di quello che accade.

 

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