https://blog.movimentoroosevelt.com/ Martedì, 04 Settembre 2018
Il colpo di Stato delle élite: monopoli privati, neoliberismo e Massoneria neoaristocratica di Patrizia Scanu Segretario generale del Movimento Roosevelt
Se l'obiettivo era il ripristino del potere di classe delle élite, il neoliberismo era senz'altro la risposta giusta (David Harvey, Breve storia del neoliberismo, Milano 2005, p. 106) deregulation.
Mi soffermo ora, per chiarire meglio la mia posizione, sui fatti e sulle informazioni che la sostengono. La comprensione del quadro complessivo degli eventi permette infatti di rendersi conto del forte nesso esistente fra massoneria neoaristocratica e neoliberismo da una parte e fra neoliberismo e monopoli privati dall'altra. Tale nesso non è immediatamente visibile. A prima vista, si direbbe che la libertà del mercato predicata dalla teoria neoliberista sia in contraddizione con i monopoli privati e che in Italia, Paese del capitalismo di relazione, sia difficile configurare un'applicazione del neoliberismo alle politiche economiche. Niente sembrerebbe più lontano delle concessioni di beni pubblici come le autostrade regalate agli amici della Casta dall'idea della concorrenza e del libero mercato.
Bisogna perciò cominciare da quanto scrive Gioele Magaldi, Presidente del Movimento Roosevelt, nel suo best-seller Massoni: società a responsabilità illimitata, editore Chiarelettere. Magaldi sostiene, sulla base di una gran mole di documenti provenienti dagli archivi riservati delle cosiddette Ur-Lodges, che esistono due livelli della Massoneria, uno pubblico e nazionale (le comunioni massoniche ordinarie, come – in Italia – il Grande Oriente d'Italia e la Gran Loggia d'Italia, che sono associazioni regolarmente registrate e dichiaratamente fedeli alla Costituzione) e uno coperto e sovranazionale, le Ur-Lodges, un network di super-logge che rappresentano l'élite massonica mondiale, alla quale aderiscono i membri più ragguardevoli della massoneria ordinaria e persone di prestigio (moltissimi i politici di governo) iniziate per particolari doti individuali esoteriche e sapienziali e provenienti da ogni angolo del pianeta, la cui esistenza è sconosciuta ai più. Di queste super-logge, i vari club paramassonici, quali la Trilateral Commission o il Bilderberg Group, sono solo l'espressione più visibile e aperta.
Benché la Massoneria sia stata l'artefice della modernità, della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani, fra le Ur-Lodges – che costituiscono il back-office del potere a livello internazionale – si distinguono quelle conservatrici (per esempio Edmund Burke, Joseph De Maistre, Compass Star-Rose, Pan Europa, Three Eyes, White Eagle, Hathor Pentalpha) e quelle progressiste (come Thomas Paine, Montesquieu, Chistopher Columbus, Ioannes, Hiram Rhodes Revels, Ghedullah), che hanno visioni e obiettivi divergenti e spesso opposti. Mentre le Ur-Lodges progressiste continuano la tradizione democratica e libertaria della massoneria tradizionale, quelle conservatrici lavorano ad una restaurazione neoristocratica e oligarchica, il cui scopo è
Questo è lo sfondo. Nel suo libro, Magaldi (massone progressista) spiega come la storia mondiale dagli anni '60 in poi veda un progressivo affermarsi dei progetti neoaristocratici, a partire dall'uccisione di J. F. Kennedy. La guerra fra diverse Ur-Lodges vede azioni e reazioni da entrambe le parti. La riscossa neoaristocratica, dopo gli anni del boom economico e l'affermazione dei diritti dei cittadini in molti Paesi del mondo, viene attentamente e pazientemente programmata negli anni '70. Ricordo brevemente alcuni fatti salienti ai fini di questa riflessione:
Le famigerate e scandalose dismissioni e privatizzazioni all'italiana – supervisionate dalla regia del massone neoaristocratico Mario Draghi (classe 1947, affiliato alle Ur-Lodges Pan-Europa, Edmund Burke e in seguito anche alla Three Eyes, alla Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorume alla White Eagle) in qualità di Direttore Generale del Ministero del Tesoro dal 12 aprile 1991 al 23 novembre 2001 e per conto terzi – furono realizzate sotto i governi di Giuliano Amato (28 giugno 1992-28 aprile 1993), Carlo Azeglio Ciampi (28 aprile 1993-10 maggio 1994), Silvio Berlusconi (10 maggio 1994-17 gennaio 1995), Lamberto Dini (17 gennaio 1995-17 maggio 1996), Romano Prodi (17 maggio 1996-21 ottobre 1998), Massimo D'Alema (21 ottobre 1998-25 aprile 2000), Giuliano Amato (25 aprile 2000-11 giugno 2001).
È l’anno in cui in soli 7 giorni cambiano il sistema monetario italiano che viene sottratto dal controllo del Governo e messo nelle mani della finanza speculativa. Per farlo vengono privatizzati gli istituti di credito e gli enti pubblici compresi quelli azionisti della Banca D’Italia, è l’anno in cui viene impedito al Ministero del Tesoro di concordare con la Banca d’Italia il tasso ufficiale di sconto (costo del denaro alla sua emissione) che viene quindi ceduto a privati. È l’anno della firma del Trattato di Maastricht e l’adesione ai vincoli europei. In pratica è l’anno in cui un manipolo di uomini palesemente al servizio del Cartello finanziario internazionale ha ceduto ogni nostra sovranità. A sostituirlo come Presidente del Consiglio in Italia e a continuare il suo lavoro di smembramento delle aziende di Stato ci penserà Massimo D’Alema che nel 1999 favorirà la cessione, tra le altre, di Autostrade per l’Italia e Autogrill alla famiglia Benetton, che di fatto hanno, così, assunto il monopolio assoluto nel settore del pedaggio e della ristorazione autostradale. Una operazione che farà perdere allo Stato italiano miliardi di fatturato ogni anno. Se invece di “cartello finanziario internazionale” leggiamo, con Magaldi, “Massoneria aristocratica sovranazionale”, capiamo di colpo il nesso chiarissimo fra privatizzazioni, neoliberismo, cessione di sovranità monetaria (prima con la separazione fra Tesoro e Banca centrale e poi con il sistema dell'euro) e politica (con il Trattato di Maastricht, capolavoro neoliberista), deindustrializzazione, crisi della democrazia e del Welfare e Ur-Lodges neoaristocratiche. Soprattutto, appare chiaro che l'Europa dei tecnocrati e dell'euro, che fu realizzata da Maastricht in poi, lontanissima dall'Europa dei popoli vagheggiata da Altiero Spinelli, era stata progettata fin dall'immediato dopoguerra (dai massoni neoaristocratici Richard Coudenhove-Kalergi e Jean Monnet) per portare al potere un'élite economico-finanziaria a danno delle democrazie europee. Il neoliberismo era un'ideologia costruita appositamente per questo fine, cioè per travasare ricchezza dai poveri ai ricchi e asservire gli Stati alle banche private mediante il debito, secondo il più tradizionale sistema imperialista, tenendo buone le masse con la favoletta del debito pubblico, della crisi, dei vincoli europei, del rapporto deficit-PIL, dell'austerity e infine dello spread.
Occorre dunque andare a fondo e guardare dietro la superficie per comprendere chi ci ha derubati della nostra ricchezza, ha tradito la Costituzione e ha svenduto la nostra vita e il nostro Paese per arricchire un'élitespietata e immeritevole. Sarà la storia a giudicare questo sciagurata operazione di rapina ai danni di tutti noi, perpetrata sotto il nostro naso e sotto tutte le bandiere politiche, mentre i mass media compiacenti ci parlavano d'altro. Ora è il momento di aprire gli occhi. La tragedia di Genova è un terribile monito per tutti noi. O ci riprendiamo diritti, democrazia e sovranità, oppure saremo schiavi per sempre.
Le incredibili concentrazioni di ricchezza e di potere che esistono adesso ai livelli più alti del capitalismo non si vedevano dagli anni Venti. Il flusso dei tributi verso i maggiori centri finanziari del mondo è stato stupefacente. Quello che però è ancora più stupefacente è l'abitudine a trattare tutto questo come un semplice – e magari in qualche caso deprecabile – effetto collaterale della neoliberalizzazione. La sola idea che questo aspetto possa invece costituire proprio l'elemento sostanziale a cui puntava la neoliberalizzazione fin dall'inizio – la sola idea che esista questa possibilità – appare inaccettabile. La teoria neoliberista ha dato prova di molto talento presentandosi con una maschera di benevolenza, con parole altisonanti come libertà, indipendenza, scelte e diritti, nascondendo le amare realtà della restaurazione del puro e semplice potere di classe, a livello locale oltre che transnazionale, ma in particolare nei principali centri finanziari del capitalismo globale (D. Harvey, op. cit. p. 138; corsivo mio).
P.S. Leggendo il libro di Magaldi, si possono trovare i nomi di tutti i politici italiani e stranieri coinvolti nella distruzione della democrazia in Europa. Così può esserci più chiaro quali responsabilità abbiano i rappresentanti del popolo di destra, di centro e di sinistra che abbiamo votato, ignari e in buona fede, per tanti anni. Per chi lo abbia letto e sia curioso di sapere se sia arrivata all'autore qualche querela da parte dei personaggi citati, la risposta è no, come il silenzio è stata la risposta all'intervento in Senato della parlamentare M5S Laura Bottici del 12 gennaio 2015, con il quale la senatrice chiedeva conto a Giorgio Napolitano della sua affiliazione alla Massoneria internazionale. Il che vorrà ben dire qualcosa...
https://blog.movimentoroosevelt.com/ Mercoledì, 15 Agosto 2018
Il neoliberismo è compatibile con la democrazia? di Patrizia Scanu Segretario generale del Movimento Roosevelt
A poche ore dalla tragedia del crollo del viadotto Morandi a Genova, la prima riflessione di molti cittadini italiani sta andando alla questione tutt'altro che secondaria della privatizzazione dei beni e dei servizi pubblici. I numerosi crolli di viadotti, strade, scuole, infrastrutture del Paese, da sempre giustificata con i vincoli di bilancio, con il debito pubblico, con le richieste di austerity da parte dell'Europa, ci sta mostrando due fatti evidenti: che se non si spende in infrastrutture e manutenzione si mette in pericolo la vita delle persone, il turismo e l'economia di intere zone; e poi che la semplice privatizzazione di infrastrutture lucrose come le autostrade non porta con sé i meravigliosi benefici promessi dalla propaganda neoliberista degli anni '80 e '90, con la sua retorica del “privato è bello”, della maggiore efficienza del privato rispetto al pubblico, dei vantaggi per gli utenti.
Riflettendo in questi giorni sulle profetiche analisi del sociologo ungherese Karl Polanyi, scritte nel 1944 e pubblicate nel volume La grande trasformazione, mi chiedo se il neoliberismo, con i suoi miti di libertà d'impresa, competizione, privatizzazione, deregolamentazione, sia compatibile con la democrazia in generale e con la Costituzione italiana in particolare. La domanda non è originale e la risposta in certa misura è scontata, per chi frequenta la ricca letteratura al riguardo, ma non credo sia inutile ripercorrere le ragioni per le quali la risposta non può che essere negativa. Da queste ragioni deve derivare infatti un giudizio storico e politico nettissimo sulla classe dirigente che ci ha governato dagli anni '80 in poi e la motivazione chiara a ribellarci ad uno stato di cose non più tollerabile.
Il neoliberismo ha fatto fortuna, anche nelle masse, equivocando sulla parola “libertà”. Chi non è sensibile alle infinite promesse di una parola tanto pregnante? Chi non vorrebbe essere libero? Il problema è però è duplice: quale libertà? E la libertà di chi? La visione liberale dello Stato si fonda sulla difesa delle libertà civili e politiche: libertà di coscienza, di riunione, di associazione, di espressione eccetera. Esistono, però, osserva Polanyi, anche le libertà negative: la libertà di sfruttare i propri simili, di sottrarre all'utilizzo comune scoperte tecnico-scientifiche per proteggere interessi privati, di trarre profitti da calamità collettive, di inquinare l'ambiente. Nell'economia capitalista, queste due forme di libertà sono i due lati della stessa medaglia.
Si potrebbe ipotizzare, continua Polanyi, una società futura nella quale le libertà “positive”, accompagnate da una regolamentazione adeguata, possano essere estese a tutti i cittadini. “Regolamentare” vuol dire porre limiti ai privilegi di una minoranza, proteggere i più deboli dal potere soverchiante di chi detiene la proprietà, correggere gli squilibri economici e sociali, controllare e sanzionare i comportamenti dannosi alla collettività, permettere a tutti i cittadini, anche a quelli svantaggiati, di esercitare le libertà “positive”. Questa società futura sarebbe libera e giusta insieme.
Ma ad impedire questo esito (la diffusione della libertà) è proprio l'”ostacolo morale” dell'utopismo liberale (quello che chiamiamo “neoliberismo”), di cui lui riconosceva il massimo esponente nell'economista Von Hayek. La visione neoliberista è utopica perché predica l'assenza del controllo e dell'intervento dello Stato in ambito economico e sociale, proprio mentre invoca l'esercizio della forza e anche della violenza dello Stato a difesa della proprietà. Detto in parole povere, per il neoliberismo lo Stato è al servizio della proprietà individuale e della libera impresa, cioè di quei pochi che non hanno bisogno di incrementare il proprio reddito, il proprio tempo libero e la propria sicurezza e agisce a svantaggio delle libertà di tutti gli altri. La libertà neoliberista è solo prerogativa dei ricchi (anche se a parole è disponibile a tutti) e non può essere estesa a tutti, perché questo minaccerebbe la proprietà. Chi è povero lo è per colpa sua ed è solo un perdente nella competizione per la ricchezza. La libertà è in sostanza la libertà di arricchirsi senza vincoli né regole.
Il neoliberismo (l'utopismo liberale), concludeva Polanyi, è intrinsecamente e incorreggibilmente antidemocratico e autoritario, perché piega lo Stato a difendere gli interessi di una minoranza a danno della maggioranza. Non per nulla il primo esperimento di Stato neoliberista fu il Cile di Augusto Pinochet, dove “libertà” significava azzeramento dei sindacati e dei diritti delle comunità, privatizzazioni selvagge, liberalizzazioni finanziarie e repressione delle libertà civili. Qui il neoliberismo si sposa con il fascismo.
Ma c'è anche un modo meno cruento per effettuare un colpo di Stato: corrodere un giorno dopo l'altro, per decenni, i diritti e i redditi dei cittadini, asservirli al potere finanziario, vincolarli a norme-capestro che li rendano schiavi di interessi estranei, modificare la Costituzione a danno della sovranità popolare, indebolire i lavoratori e i sindacati, assecondare gli interessi dei più forti, non intervenire a ridurre le disuguaglianze, privatizzare i beni pubblici, ridurre la spesa sociale, distrarre continuamente l'attenzione pubblica con falsi problemi e individuare sempre nuovi bersagli per la rabbia popolare, colpevolizzare i cittadini per la loro condizione e controllare i mass-media, in modo che veicolino continuamente la visione che più fa comodo ai manovratori (quella che Marcello Foa ha chiamato “il frame”, la cornice), martellare per anni e decenni i cittadini con un linguaggio economicista pieno di concetti come imprenditorialità, libertà d'impresa, debiti e crediti, competizione eccetera - insomma costruendo un'ideologia che giustifichi e renda accettabile la progressiva riduzione in schiavitù di interi popoli, tenendone a bada l'inevitabile scontento con il senso di colpa, la paura e la menzogna. Questo è ciò che è successo da noi in questi ultimi decenni. Questo è l'imperdonabile tradimento della Costituzione e dei suoi valori realizzato da una classe politica avida e asservita a gruppi di potere nazionali e sovranazionali che l'hanno telecomandata a danno nostro. Il neoliberismo non è solo di una teoria economica, ma di un modello complessivo di società, sorretto da un poderoso e contraddittorio apparato ideologico, incompatibile con la democrazia, come sono incompatibili con la democrazia i monopoli privati di beni collettivi.
Il viadotto di Genova è un simbolo di ciò che deve finire in Italia e nel mondo se vogliamo avere un futuro democratico. La globalizzazione neoliberista, che esalta il libero mercato, mentre mira a costituire monopoli e posizioni di forza, sta mettendo in ginocchio interi popoli. Povertà e disuguaglianza aumentano di giorno in giorno a livello globale. Non è più accettabile mantenere in piedi privilegi feudali, massacrando sogni e speranze di miliardi di persone. Il filosofo John Rawls sosteneva che una disuguaglianza è accettabile solo se migliora anche le condizioni di chi ha di meno. La ricchezza non è un male, ma lo è l'ingiusta distribuzione di essa. La libertà senza giustizia sociale è solo un guscio vuoto e uno specchio per le allodole. Questo dice in sostanza la nostra Costituzione.
|