Fonte: Comedonchisciotte https://www.ariannaeditrice.it/articoli/ 10/07/2018
Il collasso prossimo venturo di Chris Hedges Scelto e tradotto da Markus
L’amministrazione Trump non è nata, a prima vista, dal mare, come una Venere sulla conchiglia. Donald Trump è il risultato finale di un lungo processo di decadimento politico, culturale e sociale. E’ un prodotto della nostra democrazia fallita. Più continueremo a perpetuare la finzione di vivere in una democrazia funzionante, (dando per scontato) che Trump e le mutazioni politiche che lo circondano siano in qualche modo uno scostamento anomalo, correggibile nelle prossime elezioni, tanto più continueremo a precipitare verso la tirannia. Il problema non è Trump. Il problema è il sistema politico, dominato dal potere corporativo e dai mandarini dei due maggiori partiti politici e, in tutto questo, noi non contiamo nulla. Riprenderemo il controllo della politica (solo) smantellando il sistema corporativo e questo significa disobbedienza civile massiccia e continuativa, come è stato dimostrato quest’anno dagli insegnanti di tutta la nazione. Se non ci ribelleremo, entreremo in un nuovo Medioevo.
Il Partito Democratico, che ha contribuito alla realizzazione del nostro sistema di totalitarismo inverso, è nuovamente visto come il salvatore da molti esponenti della sinistra. Però, il partito si rifiuta con tutte le sue forze di affrontare il problema delle disuguaglianze sociali, che ha portato all’elezione di Trump e alla ribellione di Bernie Sanders. E’ cieco, muto e sordo nei confronti delle reali difficoltà economiche che investono più di metà della popolazione. Non combatterà affinchè i lavoratori abbiano un salario che permetta loro di vivere decentemente. Non sfiderà le case farmaceutiche e le compagnie di assicurazioni, perchè tutti possano accedere all’assistenza sanitaria. Non metterà un freno al vorace appetito dei militari, che sta smembrando il paese con la prosecuzione di inutili e costose guerre in paesi stranieri. Non ci restituirà le libertà civili, ormai perse, come il diritto alla privacy, a non essere spiati dal governo e la garanzia di un processo equo. Non estrometterà dalla politica le corporations e i finanziamenti in nero. Non smilitarizzerà la polizia e non riformerà un sistema penitenziario che ospita il 25% dei carcerati di tutto il mondo, mentre gli Stati Uniti hanno solo il 5% della popolazione mondiale. Sembra che agisca controvoglia, sopratutto in periodi elettorali, rifiutandosi di affrontare le problematiche sociali e politiche concrete, focalizzandosi invece sulle questioni culturali di nicchia, come i diritti dei gay, l’aborto e il controllo delle armi, il nostro tipico genere di antipolitica.
Questa è una tattica destinata al fallimento, ma è comprensibile. La dirigenza del partito, i Clinton, Nancy Pelosi, Chuck Schumer, Tom Perez, sono tutte creazioni dell’America corporativa. In un processo politico aperto e democratico, non dominato dalle oligarchie di partito e dai soldi delle multinazionali, questa gente non avrebbe nessun peso politico. Loro lo sanno. Farebbero implodere tutto il sistema, piuttosto di rinunciare alle loro posizioni di privilegio. E questo, temo, è proprio quello che succederà. L’idea che il Partito Democratico sia in qualche modo un baluardo alla tirannide cozza contro gli ultimi trent’anni della sua attività politica. E’ il garante del dispotismo.
Trump ha sfruttato l’odio che interi segmenti del pubblico americano nutrono nei confronti di un sistema politico ed economico che li ha traditi. Potrà essere inetto, degenerato, disonesto e narcisista, ma, con grande sagacia, ridicolizza il sistema che loro disprezzano. Le sue crudeli e umilianti provocazioni verso le agenzie governative, le leggi e le elites al potere sono in sintonia con tutti quelli che considerano quelle agenzie, quelle leggi e quelle elites alla stregua di forze a loro ostili. E per i molti che non vedono nel panorama politico nessun sconvolgimento che possa alleviare le loro sofferenze, la crudeltà e le invettive di Trump hanno, come minimo, una funzione catartica.
Trump, come tutti i despoti, non ha un substrato etico. Alleati e incaricati li sceglie in base alla lealtà personale e alla servile cortigianeria nei suoi confronti. Tradirebbe chiunque. E’ corrotto, ammassa soldi per se stesso (l’anno scorso, con il solo hotel di sua proprietà a Washington D.C. ha guadagnato 40 milioni di dollari) e per i suoi soci in affari. Sta smantellando le istituzioni governative che un tempo avevano funzioni regolatorie e di vigilanza. E’ un nemico della società aperta. Questo lo rende pericoloso. Il suo assalto sfrenato alle ultime vestigia delle normative e delle istituzioni democratiche significa che, fra non molto, non ci sarà più nulla, neanche nominalmente, a proteggerci dal totalitarismo corporativo.
Ma i moniti su questo fascismo strisciante che provengono dagli artefici della nostra fallita democrazia, fra cui Madeleine Albright, sono risibili. Mostrano quanto disconnesse dallo spirito dei tempi siano ormai diventate le elites. Nessuna di loro ha una qualche credibilità. Hanno costruito un tale edificio, con le bugie, le falsità e i saccheggi delle multinazionali, da rendere possibile l’ascesa di Trump. E più Trump getta fango su queste elites e più queste strillano come delle Cassandre, più lui riesce a salvare la sua disastrosa presidenza e a far sì che i cleptocrati saccheggino una nazione che si sta velocemente disintegrando.
La stampa è uno dei principali pilastri del dispotismo di Trump. Ciancia in continuazione sulle debolezze del monarca, come facevano i cortigiani del 18° secolo alla corte di Versailles, mentre ai contadini mancava il pane. Gira e rigira in continuazione su questioni inesistenti, come le interferenze della Russia e le mazzette ad una pornodiva, cose che non hanno nulla a che vedere con quell’inferno quotidiano che per molti è la vita in America. Si rifiuta di criticare o di indagare sulle prevaricazioni del potere corporativo, che ha distrutto la nostra democrazia e la nostra economia e che ha dato vita al più grande trasferimento verso l’alto di ricchezza nella storia dell’America. La stampa corporativa è un cimelio putrefatto che, per soldi e introduzione, ha commesso un suicidio culturale. E quando Trump la attacca per le “fake news” non fa altro che esprimere, nuovamente, l’odio profondo di tutti quelli che la stampa ignora. La stampa adora, in modo servile, l’idolo Mammona, proprio come fa Trump. Ama considerare la presidenza come un reality-show. I media, sopratutto i telegiornali delle TV via cavo, sono costantemente in onda e mantengono i telespettatori letteralmente incollati alla versione 21-secolo del “Gabinetto del Dr. Caligari”. E’ un bene per gli indici d’ascolto. E’ un bene per i profitti. Ma accelera il declino.
A tutto questo verrà ad aggiungersi il collasso finanziario. Alle banche di Wall Street sono stati concessi dalla Federal Reserve e dal Congresso, dopo il crollo finanziario del 2008, 16 trilioni di dollari in bailouts ed altri contributi, praticamente a interessi zero. Hanno usato questi soldi, e anche quelli risparmiati grazie agli enormi tagli fiscali dell’anno scorso, per ricomprare le proprie azioni, per innalzare i compensi e i premi dei loro dirigenti, caricando in questo modo sulle società una insostenibile situazione debitoria. Durante l’anno fiscale 2017, le operazioni connesse ai casinò di Sheldon Adelson hanno, da sole, fruttato risparmi fiscali per 670 milioni di dollari. Il rapporto delle retribuzioni Amministratore Delegato/lavoratore è ora in media di 339/1, con il gap più alto che si avvicina a 5.000/1. Questo percorso circolare della moneta, che porta al suo accumulo è ciò che Carlo Marx chiamava “capitale immaginario”. Il costante incremento del debito pubblico, del debito corporativo, del debito legato alle carte di credito e ai prestiti studenteschi arriverà alla fine, scrive Nomi Prins, ad un “punto critico, dove la quantità di denaro in ingresso, destinato al pagamento del debito o disponibile al prestito, semplicemente non basterà più a garantire il pagamento degli interessi. Allora la bolla del debito scoppierà, cominciando dalle obbligazioni a più alto rendimento.”
Un’economia che per crescere si basa sul debito fa sì che gli interessi passivi salgano al 28% quando andiamo in rosso con la carta di credito. Questo è il motivo per cui i nostri salari ristagnano o sono diminuiti in termini reali; se avessimo un reddito sostenibile non dovremmo far debiti per sopravvivere. E’ questo il motivo per cui l’educazione universitaria, la casa, la parcella del medico e le varie utenze sono così care. Il sistema è congegnato in modo tale che non ci si può mai liberare dal debito.
Comunque, il prossimo crollo finanziario, come sottolinea la Prins nel suo libro “Collusion: How Central Bankers Rigged the World” [Complicità: come i banchieri delle banche centrali hanno truccato il mondo], non sarà come l’ultimo. Questo perché, dice, “non esiste un Piano B”. I tassi di interesse non possono scendere ulteriormente. Nell’economia reale non c’è stata crescita. La prossima volta non ci sarà via d’uscita. Quando l’economia crollerà e la rabbia esploderà in tutta la nazione, al confronto con questi politici degenerati, Trump sembrerà scaltro e innocuo.
E allora, tanto per citare Vladimir Lenin, Che cosa si deve fare? Dobbiamo investire le nostre energie nella formazione di istituzioni popolari e parallele, per proteggere noi stessi e contrapporre forza alla forza. Queste istituzioni parallele, sindacati, organizzazioni per lo sviluppo delle comunità, valute locali, partiti politici alternativi e cooperative alimentari dovranno essere edificate città per città. Le elites, in tempo di crisi, si ritireranno nelle loro residenze fortificate e ci lasceranno a cavarcela da soli. I servizi di base, dalla raccolta rifiuti al trasporto pubblico, alla distribuzione alimentare, all’assistenza medica, collasseranno. I disordini causati dalla massiccia disoccupazione e sottoccupazione verranno risolti non con la creazione di lavori pubblici, ma dalla brutalità di una forza di polizia militarizzata e dalla completa sospensione delle libertà civili. I critici del sistema, già marginalizzati, verranno silenziati ed attaccati, alla stregua di nemici dello stato. Le ultime vestigia delle organizzazioni sindacali verranno prese di mira in vista della loro abolizione, un processo che è destinato molto presto ad essere accelerato dalla sentenza prevista in un dibattimento attualmente in corso alla Corte Suprema, sentenza che metterebbe a rischio la possibilità dei sindacati del settore pubblico di rappresentare legalmente i lavoratori. Il dollaro cesserà di essere la valuta di riserva del mondo e ci sarà una forte svalutazione. Le banche chiuderanno. Il riscaldamento globale causerà sempre più danni, specialmente alle popolazioni delle fasce costiere, all’agricoltura e alle infrastrutture, con costi che non saranno sostenibili da uno stato in bancarotta. I media corporativi, così come le elites al potere, passeranno dal burlesco all’assurdo, con una retorica così palesemente falsa che, come in tutti gli stati totalitari, sarà completamente distaccata dalla realtà. Gli organi di informazione sembreranno tutti fatui, proprio come Trump. E, per citare W.H. Auden, “i bambini piccoli moriranno per la strada”.
Ho già documentato, come corrispondente straniero, collassi di società, compreso quello della ex Yugoslavia. E’ impossibile, per una popolazione condannata, capire quanto sia fragile un sistema finanziario, sociale e politico, ormai guasto, alla vigilia dell’implosione.
Sono le normali patologie di una morte imminente. Sarei felice di sbagliarmi. Ma l’ho già visto una volta. Conosco i segni premonitori. Tutto quello che posso dire è: preparatevi.
Link: https://www.truthdig.com/articles/the-coming-collapse/
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