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maggio 30, 2018
La Cina può tenere in ostaggio Trump
Chiamare Donald Trump toro in un negozio di porcellana sarebbe una gentilezza. Il suo approccio agli affari esteri è a volte un elemento nuovo agli occhi dell’ordine istituzionale globale post-Seconda guerra mondiale. Ma negli ultimi mesi è diventato pericoloso. Il desiderio di risolvere i nodi gordiani geopolitici, vale a dire Corea democratica ed Iran, lo costringe a scagliarsi in ogni direzione possibile, spingendo il mondo intero in un angolo manicheo. O sei contro l’Iran o sarai rimosso dall’economia globale. E quel tipo di “diplomazia” gioca bene con l’elettorato statunitense che sente, a torto o a ragione, di essere maltrattato da questo sistema; che l’ascesa della Cina ci ha resi poveri, che Unione europea, Messico e Canada si approfittano di noi, che la Russia è ancora l’impero che cerca di sovvertire il nostro laborioso e decente spirito statunitense. Che l’Iran è la definizione del male nel mondo e noi ne siamo il salvatore. È una bella storia, peccato che non sia vera. Trump ha intrapreso un’epica guerra commerciale in stile “Art of the Deal” che il Presidente Vladimir Putin ha definito al Forum economico internazionale di San Pietroburgo (SPIEF), “…può portare a una crisi sistemica, tale che il mondo ha non ancora visto”. Putin non è un maniaco, né un allarmista. Quando parla in questi termini lo fa avendo raggiunto il limite della pazienza. E quando Putin parla di questi problemi, parla anche per la Cina. Il che mi riporta al titolo dell’articolo, perché ritengo che la Cina sia la chiave per esaurire le conseguenze negative del commercio globale, rendendo insignificante la spada di Damocle economica di Trump, dazi, sanzioni, multe e in definitiva espulsione dal sistema di pagamento internazionale SWIFT. Lo strumento è la svalutazione dello yuan supportato dalle mosse della Cina nei mercati dei futures sulle materie prime. Ma iniziamo col problema di base, il debito.
La bomba del debito
Trump, come ogni altro presidente aggressivo statunitense, usa il primato del dollaro USA nel commercio globale come manganello per colpire qualsiasi Paese che sfida i suoi editti per l’ordine globale. Dopo un decennio di buoni a tassi d’interesse zero ci sono miliardi di debiti denominati in dollari emessi da società straniere. Ora si si comprimono con un dollaro in aumento mentre la Fed ha invertito la politica dei tassi d’interesse e non solo li aumenta ma riducendo il bilancio. Questo ha il duplice effetto di rendere più costosa la copertura del dollaro e allo stesso tempo di prelevare decine di miliardi di denaro dai mercati del credito ad alto potenziale. Il risultato netto è che i Paesi vedono le proprie valute crollare mentre le aziende si affrettano a trovare dollari per soddisfare il debito societario. Inoltre, una piccola spinta nei mercati dei cambi, per assistere la caduta della moneta, pensate al banditismo tipico di George Soros, ma la tana del coniglio va molto più in profondità, e si creerebbe una grave crisi valutaria molto velocemente. Turchia e Venezuela sono al centro dell’attenzione di questa politica. Il Venezuela viene attaccato per mantenerne il petrolio fuori dal mercato ed effettuare il cambio di regime contro Nicolas Maduro. E la Turchia è l’ira di Trump per opporsi alle nostre politiche in Siria, formando un rapporto più forte con l’Iran, con ricadute diplomatiche con Israele. Il presidente Erdogan in Turchia ha anticipato le elezioni di oltre un anno per consolidare la presa del potere. Queste elezioni si svolgono a giugno. Quindi, fare pressione sulla lira turca ora ha senso. Ci sono 222 miliardi di dollari di debiti societari non denominati in dollari nei libri delle società turche. La banca centrale turca vuole sostenerle perché una volta entrate in vigore le sanzioni di Trump, chiunque sia in affari con l’Iran sarà soggetto a sanzioni, multe, sequestri di beni ed escluso da accordi in dollaro USA. Trump minaccia l’UE della stessa cosa. La Russia è già stata rimossa dai finanziamenti in dollari USA, ed ha risposto rimuovendo il dollaro dalla maggior parte del proprio commercio. La Turchia avrà la stessa transizione dolorosa che i russi attraversarono nel 2014/15, se scegliesse di sfidare Trump. Crollo della valuta, ristrutturazione del debito societario in una valuta diversa, massiccia inflazione delle materie prime e recessione. Ma può sopravvivere perché, come la Russia, la Turchia ha grandi riserve auree e un basso debito pubblico.
La soluzione cinese
Quindi, come aiuta la Cina? Facile. Fornendo ai mercati alternative al dollaro su materie prime vitali come energia e metalli, per mantenere le catene di approvvigionamento funzionali, vale a dire contratti futures denominati in yuan. Il cosiddetto contratto del petroyuan di Shanghai è uscito sul mercato a marzo e si è visto aumentare man mano che più attori internazionali presentavano le proprie merci a Shanghai. Mentre il dollaro e i contratti commerciali globali si rafforzano grazie alla dinamica del servizio del debito appena descritto, lo yuan fornirà liquidità al mercato assente nelle precedenti iterazioni di tale “diplomazia” del dollaro. In secondo luogo, la Cina svaluta lo yuan accanto alle valute in difficoltà dei Paesi dei mercati emergenti, abbastanza da incoraggiare ancora l’afflusso di capitali in Cina, ammorbidire il colpo e rendere lo yuan più attraente procurandosi i beni necessari nei mercati internazionali. E poiché Trump non osa sanzionare le banche cinesi senza distruggere l’economia statunitense, questo è solo uno dei percorsi disponibili per Paesi come Turchia, Iran e UE per aggirare l’aggressiva guerra commerciale di Trump. Le mosse della Cina vanno oltre al mero petroyuan. Come ho affermato, la Cina usa la proprietà della London Metals Exchange per fornire al mercato anche contratti in metalli denominati in yuan per aiutare l’Europa a resistere alle richieste unilaterali di Trump.
L’UE è il premio
Se si torna su queste mosse tattiche e si guardano le cose in modo strategico, un modello emerge dal caos. Cina-Russia-Iran usano la campagna di massima pressione di Trump per dividere l’UE dagli Stati Uniti. Si guardino i segnali:
Putin ha appena completato un altro SPIEF di grande successo che ha visto cementarsi quasi 40 miliardi di dollari in accordi, mentre importanti segnali provengono dagli Stati Uniti, incontrava e aveva forum aperti con molti alleati importanti degli Stati Uniti: Giappone, Francia, Germania, India, Italia, Turchia. Questi sono i Paesi con cui Trump è stato brutale e ostile mentre Putin continua ad adottarvi l’offensiva del fascino. Gazprom ha risolto la vecchia causa anti-trust con l’Unione Europea, evitando miliardi di multe e una migliore struttura dei prezzi del gas per tutti. La cancelliera tedesca Angela Merkel incontrava Putin due volte di recente sulla gestione della pressione di Trump, mentre il commercio tedesco-russo ha registrato un aumento di oltre il 20% nel 2017, nonostante le sanzioni. Merkel e Putin prenderanno accordi sul transito del gas in Ucraina in concessione al completamento del Nordstream 2. Trump fumerà e sbatterà i piedi. Italiani e spagnoli, eventualmente, se il governo di Rajoy cadesse, fanno pressioni sulla Merkel per allentare i cordoni della borsa e permettere all’euro di scendere. Se non lo fa volentieri, i mercati lo faranno, specialmente se Trump passerà ai dazi su acciaio, alluminio e automobili. Di fatto, l’euro scende in riflesso non solo della realtà economica del sistema bancario insolvente dell’Italia, ma anche della crisi politica col populismo che sferza il continente. Niente di tutto ciò crea fiducia negli investitori sulla leadership europea. Quindi, la Merkel dovrà accettare un euro più conveniente nel prossimo futuro, molto probabilmente molto più economico. Ma per un’economia trainata dalle esportazioni come quella tedesca, è esattamente l’arma di cui ha bisogno per difendersi da Trump. Un euro inferiore del 20% annulla la maggior parte, se non tutte, i dazi proposti da Trump. BMW e Volkswagen avranno prezzi simili in tutto il mondo, poiché gli aggiustamenti valutari compensano le barriere commerciali. Certo, Trump potrebbe rispondere con dazi più alti, ma un euro inferiore del 20% implica una crisi finanziaria oceanica, la cui risposta sarà fuori dalla portata dei politici e nei presunti adulti, i banchieri centrali. E in tempi come questi, la Merkel accoglierà con favore le offerte da Paesi come Russia e Iran ad abbandonare del tutto il dollaro e utilizzare l’euro per regolare il commercio. Significherebbe revocare le sanzioni dell’UE sulla Crimea, ma sospetto che l’Italia si prenderà cura di tale decisione, a luglio. L’ultima arma nell’arsenale di Putin sono i prezzi del petrolio. Si indicava questa settimana che Russia ed OPEC pensano che abbandonare il tetto della produzione sia un grosso problema. Un improvviso calo di petrolio attenuerà il colpo di una moneta più debole.
Tutto sommato, se anche alcune di queste cose accadranno e la Turchia sopravviverà agli attuali problemi, l’Iran manterrà il rialzo della produzione di petrolio mentre la Russia ne scarica altro sul mercato abbassando i prezzi, Trump si ricorderà il vecchio detto sulle guerre “Nessun piano di battaglia sopravvive al contatto col nemico”.