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29 novembre 2018

           

Silvia Romano costretta a indossare un niqab

 

Silvia Romano, la volontaria italiana rapita in Kenya nove giorni fa, "è stata costretta a indossare un niqab" che lascia scoperti solo gli occhi, e i rapitori "le mettono sul viso e sulle mani" del fango per non farla riconoscere.

 

Lo riferiscono all'ANSA fonti nella zona in cui la giovane è tenuta in ostaggio e a Malindi. Sempre per non farla riconoscere, i sequestratori "le hanno tagliato le treccine" con un coltello, ritrovate domenica scorsa nella foresta a nord di Malindi.

 

Secondo le fonti, "è naturale che i rapitori abbiano fatto questo, perché si trovano in una zona a prevalenza musulmana caratterizzata dalla presenza di tribù di origini somale, tra cui gli 'Orma' a cui appartengono i sequestratori. Si tratta di comunità dedite alla pastorizia e all'agricoltura nelle quali il niqab è molto diffuso.

 

Giorni fa, l'emittente keniana Ntv aveva riferito che alcuni abitanti della zona costiera, dove è stata rapita Silvia, "hanno visto la volontaria italiana con i suoi rapitori". Gli abitanti "delle comunità di Garsen e Bombi, coinvolti nelle ricerche, si sono addentrati nella foresta", ha affermato la tv.

 

Intanto, la situazione sul campo lascia intuire - spiegano alcuni osservatori - che l'operazione per la liberazione della ragazza è entrata in uno stadio avanzato.

 

Nella giornata di ieri erano filtrate voci su una sua "imminente" liberazione, che purtroppo non hanno ancora trovato conferme ufficiali. A Garsen, oltre 100 chilometri a nord di Malindi, sede della base di polizia 'Tana Delta' dove opera il centro di coordinamento dell'operazione, i militari keniani supportati da agenti dell'intelligence italiana stringono sempre di più il cerchio attorno ai rapitori, stremati da giorni di clandestinità nella foresta circostante. E' un ammasso di rovi e alberi, regno dei serpenti mamba e dei cobra dove è difficile muoversi, in un clima rovente spezzato da improvvisi e violenti temporali che trasformano il terreno in fiumi di fango. Solo i nidi delle termiti restano in piedi.

 

I sequestratori si sarebbero spinti fino al punto di pagare dei rifornimenti di cibo con la app per smartphone largamente utilizzata nel Paese. La stessa che avrebbero voluto Silvia utilizzasse per trasferire soldi su un loro conto, una sorta di 'auto-riscatto' che però la ragazza non ha potuto pagare perché non aveva con sé il telefono.

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