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5 gennaio 2018

 

Lacrime e lotta: da Erica Garner ad Ahed Tamimi

di Russell Rickford

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Per molti aspetti, il 2017 è stato un anno penoso più o meno per tutti, tranne per l’uno per cento e per le élite parassite che servono i loro interessi. Sofferenze, disgregazione sociale,  e insicurezza, hanno assillato vaste zone del pianeta. Negli Stati Uniti, l’agenda spaventosa di Trump ha aggravato la sofferenza economica di milioni di persone. Nel frattempo, la classe dei miliardari ha esteso la sua egemonia, espandendo moltissimo il panorama dell’angoscia umana.

Mentre si accelerava la corrosione delle democrazia, una coltre oscura avvolgeva i ranghi dell’opposizione. Le persone di sinistra e i progressisti hanno continuato a mobilitarsi in tutto il paese. Tuttavia, mentre lottavano per reagire alla bufera politica, molte persone di coscienza sono scivolate in modalità di sopravvivenza, dedicando a scaramucce da retroguardia l’energia necessaria  costruire realmente un mondo al di là dell’imperialismo, l’oligarchia e l’intolleranza.

Come al solito, il 2017 se ne è andato con un atto finale di crudeltà. Alla fine di dicembre la ventisettenne Erica Garner, figlia di Eric Garner, che la polizia di New York aveva ucciso strangolandolo nel 2014, mentre egli  proferiva ripetutamente le parole: “Non riesco a respirare,” ha avuto un attacco cardiaco che alla fine le ha preso la vita. Anche se degli agenti dello stato avevano soffocato suo padre, Erica aveva contribuito a dare ossigeno alla resistenza, diventando una partecipante in evidenza di Black Lives Matter (Le vite nere contano) e sostenendo una quantità di altre cause. Aveva incarnato la resistenza e il coraggio in un periodo in cui c’era una necessità disperata di queste qualità. La sua morte ha inflitto un forte colpo  alla fine di un anno che aveva già scatenato una raffica psicologica ed emotiva.

Naturalmente, anche i giorni finali del 2017 hanno portato altre atrocità. Tra queste c’è stata la detenzione di Ahed Tamimi, la sedicenne ragazza palestinese che ha schiaffeggiato i soldati israeliani quando sono arrivati a casa sua per riprendere una campagna di persecuzione in seguito agli scontri con i giovani in Cisgiordania. L’arresto di Tamimi ha messo in luce l’impudenza dell’occupazione colonialista. Arrestando l’esile adolescente, ancora una volta Israele ha rivelato la depravazione della sua crociata intesa a schiacciare lo spirito dei Palestinesi.

Tuttavia, la vicenda di Ahed conteneva anche elementi di speranza. L’atto coraggioso della ragazza ha fornito una fonte di ispirazione  per le persone di che sono assediate in  tutto il mondo. Malgrado  le sofferenze dell’occupazione e il potere dei suoi avversari, l’adolescente ha trovato l’audacia di combattere contro l’impero a mani nude.

La giustapposizione di Erica e di Ahed offre un’ utile  inquadratura    dato che la sinistra recupera dal 2017 e si prepara ad affrontare le crisi che aumentano nel 2018. La morte di Erica simboleggia le dure perdite che abbiamo sperimentato l’anno scorso. Se dobbiamo raggrupparci in modo proficui,  dobbiamo riconoscere la portata di quelle perdite e il trauma che hanno inflitto. Dobbiamo incanalare nei nostri sforzi politici il nostro sdegno per le indecenze del razzismo, fattore ineluttabile nella vita e nella morte di Erica.

Come Erica, Ahed rappresenta la tenacia della lotta. Mentre la lotta eroica di Erica è completa, quella di Ahed è appena incominciata. Nei loro propri modi, entrambe le donne hanno fornito  modelli   trascinanti  per le forze della resistenza – dagli anti-razzisti del campus agli antifascisti nelle strade, che sono venuti fuori dal 2017, malridotti ma imbattuti.

Forse le persone della Sinistra potranno affrontare battaglie più accanite nel 2018. Tuttavia un esame di alcuni degli assalti politici che abbiamo già sopportato, sottolinea sia l’ampiezza della guerra dei conservatori contro il dissenso che il potere del nostro spirito combattivo.

I tentativi di manipolare la realtà e di soffocare l’espressione estremista, nel 2017 sono stati abbondanti. Uno di questi sforzi è stata la decisione dell’FBI di prendere di mira una misura di antiterrorismo quella che etichettava come “Estremisti di identità nera.” Anche se l’espressione è palesemente assurda, il suo intento è terribilmente serio. Alcuni osservatori hanno considerato questa denominazione un segno del desiderio del governo federale di formalizzare il suo attacco a Black Lives Matter e ad altri movimenti. Emergendo da un’ondata di attività di nazionalisti bianchi, la politica sembrava riflettere la volontà dell’FBI di funzionare come arma di reazione razziale.

Naturalmente, il 2017 è stato testimone di altri tentativi di criminalizzare la protesta. Moltissimi partecipanti alle manifestazioni che si erano svolte durante l’insediamento di Trump a Washington, D.C., il 20 gennaio, sono stati disturbati dalla polizia e stroncate con accuse di cospirazione. Le punizioni draconiane cercate dagli accusatori, indicavano uno sforzo maggiore per soffocare l’opposizione politica. Soltanto verso la fine dell’anno il proscioglimento degli attivisti del “J20” (Januaray 20 – 20 gennaio) hanno escluso la strategia. Allora le legislature in stati come l’Arizona, stavano elaborando misure ugualmente repressive, compresa l’espansione di leggi sui traffici, per penalizzare gli organizzatori di dimostrazioni politiche che si considerava “disturbassero la pace pubblica.”

Sopprimere la solidarietà internazionale, è stato un ulteriore scopo dell’ondata autoritaria. Alcuni membri del Congresso si sono mossi per vietare l’appoggio a “Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni,” cioè la campagna globale contro l’occupazione della terra palestinese. Nel frattempo, con un fenomeno che alcuni hanno soprannominato “imperialismo dei media sociali,” i funzionari statunitensi e israeliani hanno fatto pressione su Facebook e altre compagnie di Internet per eliminare il contenuto, considerato solidale con la causa palestinese.

In effetti, i tentativi di riscrivere la realtà sembravano essersi moltiplicati nel 2017. Dei rapporti che il Dipartimento di Stato considerava avessero abbandonato il termine “occupazione” nei suoi riferimenti alla presenza di Israele in Cisgiordania, e che l’Associazione Nazionale di Basket era d’accordo a togliere dal suo sito una definizione della Palestina come “territorio occupato”, illustravano questa tendenza allarmante. Come sempre, contraffare i fatti della conquista rimaneva un imperativo del governo autoritario.

Il disprezzo per la conoscenza critica ha provocato anche un attacco intensificato all’università. Qui il meccanismo di repressione è stato un miscuglio di siti della Destra. I loro metodi sono diventati sempre più prevedibili. Aiutati da Fox News, dei siti di informazione come Campus Reform e Professor Watchlist hanno preso di mira le facoltà di Sinistra, scegliendo frammenti di post e di tweet e usando citazioni decontestualizzate per organizzare campagne di sdegno e infiammare i seguaci che li ascoltano. Inondati di mail di odio e di minacce, gli istruttori in difficoltà sono stati costretti a tirarsi indietro dall’ambito pubblico o a passare mesi a difendersi e a chiarire le loro opinioni. In ogni caso, le crociate di persecuzione hanno contribuito a servire l’obiettivo di isolare la sinistra accademica e a minare le sfide al capitalismo e alla supremazia dei bianchi.

I college e le università hanno supportato quella causa, cedendo a offensive contro singoli professori o impegnandosi in attività repressive loro proprie. Ansiosi di proteggere la loro immagine di “fornitori” di valori corporativi, varie istituzioni hanno fatto dei passi per emarginare la protesta studentesca o per abolire i programmi

e le lezioni che probabilmente offendevano le élite finanziarie e politiche. (L’Università del Nord Dakota per esempio, ha rifiutato proposte di corsi che esaminavano le critiche del Dakota Access Pipeline.) * In generale, gli amministratori dell’università hanno declamato la retorica della libertà accademica e tuttavia si sono ritirati in discorsi di civiltà e di relativismo, anche quando i nazionalisti bianchi di tutto il paese sceglievano i campus dei college come fertile terreno di reclutamento.

Considerate collettivamente, nel 2017, queste e altre manovre hanno contribuito ad alimentare un’ondata di reazione. Si sono intensificati gli assalti al dissenso. Le campagne di intimidazione e di distorsione hanno cercato di mettere a tacere le persone di sinistra e di punire chiunque osasse mettere in dubbio le prerogative della ricchezza e del potere.

L’aumento della repressione ha costituito una forma di guerra psicologica. La morte di Erica Garner ha messo in evidenza il costo dello sforzo politico estremo. Dappertutto le persone di sinistra e i progressisti hanno lottato contro un senso di disperazione. Lo stress quotidiano di coloro che sono ai margini economici e sociali, è aumentato.

Alla fine, però, le forze dell’opposizione hanno continuato a essere risolute. Certo, il 2017 è stato un anno disgraziato in termini delle nostre aspirazioni collettive alla dignità e alla giustizia. Il corso degli avvenimenti, però, ha dimostrato che la barbarie non è stata in grado di infrangere la nostra risolutezza. In effetti, il carattere coercitivo del nostro apparato di governo, rifletteva le ansie di una classe dirigente che sa di aver voluto strafare  e che teme terribilmente la resa dei conti che sta per arrivare.

Il compito della sinistra nel 2018 è quindi quello di riorganizzare, di dare di nuovo energia e di aumentare. Abbiamo bisogno di meccanismi concreti di lotta per contribuire a ricuperare la ricchezza sociale che il capitalismo ci ha rubato. Tuttavia, abbiamo anche bisogno di forme creative di auto-sviluppo e di autodifesa. Abbiamo bisogno di gruppi di studio radicali. Abbiamo bisogno di organi di guarigione collettiva e di ringiovanimento. Ci servono nuovi metodi di rivelare le bugie, d combattere la stanchezza e di sostenere uno spirito di sfida.

Qualsiasi lotta che si protrae porterà momenti di trionfo e di dolore. In questo nuovo anno, dobbiamo prepararci a entrambi. Come l’attivista palestinese Bessam Tamimi, padre di Ahed Tamimi ha detto a sua figlia in una lettera pubblicata l’ultimo giorno del 2017:

“Ahed, nessun genitore al mondo desidera ardentemente che sua figlia passi i suoi giorni in una cella di detenzione, tuttavia, Ahed, nessuno potrebbe essere più orgoglioso di quanto io lo sono di te. Tu e la  tua generazione siete sufficientemente coraggiose, infine, da vincere. Le tue azioni e il tuo coraggio mi riempiono di timore reverenziale e mi fanno venire le lacrime agli occhi, ma, nel rispetto della tua richiesta, queste non sono lacrime di tristezza o di rimpianto, ma, piuttosto, lacrime di lotta.”

 

nota

*http://www.ilpost.it/2016/11/30/dakota-access-pipeline/

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://www.counterpunch.org/2018/01/05/tears-and-struggle-from-erica-garner-to-ahed-tamimi/

Originale: non indicato

 

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