https://medium.com/ https://comedonchisciotte.org 10 settembre 2018
L’ondata di caldo globale è sintomo della fase iniziale del ciclo di collasso della civiltà di Nafeez Ahmed Tradotto da nickal88
Benvenuti in un pianeta [con rialzo termico] di 1°C: il precursore della catastrofe di 8°C in 82 anni, se continuiamo a consumare combustibili fossili come se non ci fosse un domani. Pubblicato da INSURGE intelligence, una piattaforma di giornalismo investigativo finanziata dal crowdfunding per le persone e il pianeta. Sosteneteci per riferire dove gli altri temono di mettere piede.
Gli eventi meteorologici estremi dell’estate 2018 non sono solo sintomi della crisi climatica. Sono le prime avvisaglie di un processo di collasso della civiltà che si protrae, mentre le società industriali affrontano alcuni dei sintomi iniziali per l’aver già superato i limiti di un clima sicuro. Questi eventi sono un assaggio delle cose che verranno su una traiettoria di normalità. Essi suscitano la sensazione di quanto siano vulnerabili al collasso i sistemi di civiltà industriale, a causa dell’escalation degli impatti climatici. E sottolineano l’urgente necessità che le comunità intraprendano iniziative per raggiungere una transizione sistemica di civiltà, verso sistemi post-capitalisti che possano sopravvivere e prosperare dopo i combustibili fossili.
Il “destino tragico” del clima è già qui Il clima estremo di quest’estate ha colpito nel segno la cruda realtà. Il disastro climatico non è previsto che si verifichi in un remoto futuro astratto. È qui, e ora. Siccità che minacciano forniture alimentari, inondazioni in Giappone, precipitazioni estreme negli Stati Uniti orientali, incendi in California, Svezia e Grecia. Nel Regno Unito, i turisti che tentavano di attraversare il tunnel della Manica verso la Francia hanno dovuto affrontare massicce code, quando i servizi di condizionamento dell’aria sui treni sono andati in tilt a causa dell’ondata di caldo. Migliaia di persone sono state bloccate senza acqua per cinque ore a 30°C di calore. Nel sud del Laos, forti piogge hanno provocato il crollo di una diga, rendendo migliaia di persone senzatetto e inondando diversi villaggi. Le notizie sono giunte in modo fitto e veloce, da tutto il mondo. La maggior parte dei media tradizionali non ha segnalato questi incidenti come sintomi di una crisi climatica in evoluzione. Alcuni commentatori hanno sottolineato che gli eventi potrebbero essere collegati ai cambiamenti climatici. Proprio nessuno ha riconosciuto che questi eventi meteorologici estremi potrebbero essere collegati al fatto che, dal 2015, abbiamo sostanzialmente abitato un pianeta che è già circa 1°C più caldo della media preindustriale: e che quindi stiamo già, sulla base della migliore scienza disponibile, abitando in un clima pericoloso. Lo sfondamento del punto critico di 1°C – che l’ex capo della NASA James Hansen ha individuato come limite massimo per mantenere un clima sicuro – è stato dedotto a marzo dalle concentrazioni di carbonio nell’atmosfera che hanno raggiunto, per la prima volta dall’inizio delle registrazioni, 400 ppm (parti per milione). Ancora una volta, il limite superiore sicuro evidenziato da Hansen e colleghi – 350 ppm – è già stato superato. Eppure, questi obiettivi stabiliti sul clima sono stati violati consecutivamente, con appena un mormorio dei media tradizionali e alternativi. La recente ondata di eventi catastrofici non [è costituita da] semplici anomalie. Sono i segni più recenti di un sistema climatico che è sempre più squilibrato – un sistema che è stato già fatalmente compromesso secoli fa dall’eccessivo sfruttamento industriale delle risorse naturali.
Il nostro apparato di produzione di senso ha fallito Ma per la maggior parte, l’apparato di produzione di senso con cui comprendiamo cosa sta succedendo nel mondo – il Global Media-Industrial Complex (una rete di portali di comunicazione mediatica composta sia da organi d’informazione tradizionali che alternativi) – non è riuscito a trasmettere queste realtà crude alla stragrande maggioranza della popolazione umana. Siamo in gran parte inconsapevoli che i cambiamenti climatici del 19° e 20° secolo, indotti dalla combustione industriale di combustibili fossili, abbiano già avuto effetti devastanti sul clima territoriale dell’Africa sub-sahariana; così come ora continua ad avere crescenti impatti devastanti sui sistemi meteorologici di tutto il mondo. La realtà che non ci viene raccontata è questa: queste sono le gravi conseguenze dell’abitare un pianeta, in cui le temperature medie globali sono circa 1°C più alte della norma [del periodo] preindustriale. Purtroppo, invece di affrontare questa minaccia fondamentalmente esistenziale per la specie umana – che nelle sue implicazioni potenzialmente fatali indica la bancarotta dei paradigmi prevalenti dell’organizzazione sociale, politica ed economica (insieme all’ideologia e ai sistemi di valori a essa associati) – la preoccupazione del Global Media-Industrial Complex è, nel peggiore dei casi, concentrare la mente e il comportamento umano sulle banalità del consumismo. Nel migliore dei casi, il suo obiettivo è trascinarci in inutili, dicotomie polarizzanti sinistra-destra e forme di indignazione impotente, che tendono a distrarci dall’adottare un’azione sistemica trasformativa, internamente (dentro di noi e passando attraverso noi stessi, le psicologie comportamentali, le credenze, i valori, la coscienza e lo spirito) ed esternamente (nelle nostre relazioni, così come nei nostri contesti strutturali, istituzionali e socioculturali). Il collasso si verifica quando il sistema è sovraccarico Questi sono gli ingredienti per l’inizio dei processi di collasso della civiltà. In ognuno di questi casi, capiamo come eventi meteorologici estremi, indotti dai cambiamenti climatici, creano condizioni impreviste per le quali le istituzioni internazionali, nazionali e locali sono tristemente impreparate. Sono implicate nuove massicce spese, come reazione, incluse le mobilitazioni di emergenza, nonché nuove spese per cercare di costruire adeguamenti più solidi che per “la prossima volta”potrebbero essere previsti meglio. Ma la realtà è che stiamo già fallendo nel tentativo di evitare una traiettoria ininterrotta di temperature globali che si innalzano non solo del livello pericoloso di 2°C (immaginate gli eventi di questo tipo che abbiamo visto questa estate, d’intensità raddoppiata, accadere anno dopo anno); ma, potenzialmente, fino a 8°C (i cui effetti catastrofici renderebbero inabitabile gran parte del pianeta). In questi contesti, possiamo cominciare a vedere come potrebbe svilupparsi un lungo processo di collasso. Un simile processo di collasso non garantisce di per sé la “fine del mondo”, o anche semplicemente la scomparsa della civiltà. Quanto ciò implica è che specifici sistemi politici, economici, sociali, militari e altri sistemi istituzionali rischiano sempre più di essere travolti, a causa dell’aumento dei costi, in reazione alle incognite del clima, imprevedibili e inaspettate. Va notato che mentre tali costi aumentano, stiamo affrontando contemporaneamente una diminuzione dei ritorni economici, a causa del nostro costante sovrasfruttamento delle risorse planetarie, in termini di combustibili fossili e altre risorse naturali. In altre parole, nei prossimi decenni, lo scenario business-as-usual implica un futuro di crescita economica tiepida, se non in declino, tra l’aumento dei costi del consumo di combustibili fossili, aggravato dall’accelerazione esponenziale dei costi di intensificazione degli impatti climatici, dal momento che cominciano a erodere e quindi a flagellare e quindi a distruggere l’infrastruttura abitabile della civiltà industriale, così come la conosciamo. Il collasso non arriva in questo scenario come un singolo punto di compimento terminale. Il collasso si verifica piuttosto come una serie di processi di feedback amplificati, discreti ma consecutivi e interconnessi, attraverso i quali queste dinamiche interagiscono e si influenzano tendendo al peggio. Earth System Disruption (ESD) – i processi biofisici di clima, energia e disgregazione ecologica – portano sempre più alla Human System Destabilisation (HSD). L’HSD a sua volta inibisce la nostra capacità di rispondere e adattarci in modo significativo alle condizioni dell’ESD. L’ESD, nel frattempo, non fa altro che peggiorare. Questo, alla fine, porta a un’ulteriore HSD. Il ciclo continua come un circolo vizioso che si consolida e si amplifica, e ogni volta il ciclo comprende un processo di collasso. Questo modello, che ho sviluppato nel mio studio Failing States, Collapse Systems, per Springer Energy Brief, dimostra che il tipo di collasso che probabilmente vedremo verificarsi nei prossimi anni è un processo ciclico prolungato che peggiora a ogni fase. Non è un processo finale, e non è scolpito nella pietra. In ogni momento, esiste ancora la possibilità di intervenire sui punti critici per mitigare, migliorare, adattare o sovvertire. Ma diventa sempre più difficile farlo in modo efficace, più si penetra nel ciclo di collasso che stiamo percorrendo.
Follia Un sintomo principale del processo di collasso è che mentre si intensifica, decrementa sempre più il grado di configurazione di civiltà prevalente che permette di capire cosa sta accadendo. Lungi dal risvegliarsi e dall’agire, vediamo che la specie umana sta diventando sempre più impantanata nell’ossessione della competizione geopolitica ed economica, in atti autolesionistici di “auto-conservazione” (dove il “sé” è completamente identificato in maniera erronea), e focalizzata interamente sulla proiezione dei problemi sull’”Altro”. Un segno chiave di quanto ciò sia insidioso, è in voi stessi. Cercate di capire come le vostre preoccupazioni cruciali non sono parte di voi stessi o di coloro con le quali le identificate; ma di quello e di quelli che voi contrastate e considerate “in torto”. Al centro, la precondizione critica per un’azione efficace a questo punto è che ognuno di noi possa sovvertire radicalmente e sfidare questi processi, attraverso una combinazione di introspezione interna e azione esterna. In noi stessi, il compito che ci attende è che ognuno di noi diventi il seme di quella nuova, potenziale forma di civiltà – “un altro mondo” che attende di nascere in futuro, non attraverso una “rivoluzione” remota, ma qui e ora attraverso le trasformazioni che intraprendiamo in noi stessi e nei nostri contesti. Per prima cosa prendiamo coscienza. Prendiamo coscienza della realtà di ciò che sta accadendo nel mondo. Prendiamo quindi coscienza della nostra stessa complicità in quella realtà e affrontiamo veramente gli intricati atti di autoinganno che abitualmente ci imponiamo di nascondere a noi stessi, per via di questa complicità. Poi cerchiamo di mobilitarci di nuovo per annullare questi fili di complicità laddove possibile, e per creare nuovi schemi di lavoro e azione che ci ricolleghino con la Terra e il Cosmo. E lavoriamo per collegare la nostra riprogrammazione con il lavoro di riprogrammazione degli altri, al fine di piantare le reti seme del prossimo sistema – un sistema che non è tanto ‘di qui a venire’, ma qui e ora, emergente dalle scelte nuove che prendiamo ogni giorno. Quindi … benvenuti. Benvenuti in un pianeta [con rialzo termico di] 1°C. Benvenuti alla lotta per salvarci da noi stessi. Quest’articolo è stato finanziato al 100% dai lettori. Supportate il nostro giornalismo indipendente per un minimo di 1 dollaro al mese e condividetelo ampiamente. Il Dr. Nafeez Ahmed è l’editore fondatore di INSURGE intelligence. Nafeez è giornalista investigativo da 16 anni, in origine del The Guardian per il quale faceva il cronista in materia della geopolitica delle crisi sociali, economiche e ambientali. Nafeez riferisce sul “cambiamento di sistema globale” per Motherboard di VICE e sulla geopolitica regionale per Middle East Eye. Firma articoli in The Independent on Sunday, The Independent, The Scotsman, Sydney MorningHerald, The Age, Foreign Policy, The Atlantic, Quartz, New York Observer, The New Statesman, Prospect, Le Monde diplomatique, e non solo lì. Ha vinto due volte il Project Censored Award per la sua copertura d’inchiesta; è stato inserito due volte nella classifica dell’Evening Standard dei 1.000 londinesi più influenti; e ha vinto il Premio Napoli, il più prestigioso premio letterario italiano, il quale è stato creato dal Presidente della Repubblica. Nafeez è anche un accademico interdisciplinare, ampiamente pubblicato e citato, che applica l’analisi di sistemi complessi all’impeto ambientale e politico. È Visiting Research Fellow presso il Global Sustainability Institute della Facoltà di Scienze e Tecnologia dell’Anglia Ruskin University.
Fonte: https://medium.com/ Link: https://medium.com/insurge-intelligence/global-heatwave-is-symptom-of-early-stage-cycle-of-civilisational-collapse-efef3c1dd7eb
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