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6 luglio 2017

 

Turchia. Arrestata la direttrice di Amnesty International, Idil Eser

di C. Alessandro Mauceri

 

L’associazione Amnesty International ha comunicato che la direttrice dell’organizzazione per la Turchia, Idil Eser, è stato arrestato durante un meeting di formazione sulla sicurezza informatica in corso a Buyukada, un’isola al largo di Istanbul. Insieme a lui sono state arrestate altre sette persone.
Duro il commento del segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, per il quale “Siamo profondamente indignati e turbati dal fatto che alcuni leader a difesa dei diritti umani in Turchia, inclusa la direttrice di Amnesty International, siano stati fermati senza motivo. Si tratta di un abuso grottesco di potere e mostra la situazione precaria in cui si trovano gli attivisti in questo Paese. Le autorità turche devono rilasciare il gruppo in modo immediato e senza condizioni”.
L’arresto di Eser segue di un mese esatto quello di un altro esponente di spicco dell’associazione che da decenni si batte per i diritti dell’uomo. Il 6 giugno, nella città di Smirne, era stato portato in carcere Taner Kilic, presidente di Amnesty International Turchia accusato di aver avuto legami col movimento guidato da Fethullah Gulen, l’imam considerato dal presidente Recep Tayyip Erdogan l’ispiratore del fallito golpe del luglio 2016. Anche in quel caso con lui furono arrestate molte altre persone, tra cui ben 22 avvocati, e cinque sono ancora ricercate.
E anche in quell’occasione il commento di Salil Shetty fu quanto mai diplomatico: “Il fatto che la purga successiva al tentato colpo di stato abbia raggiunto persino il presidente di Amnesty International dimostra fino a che punto il governo turco sia arrivato. La storia di Taner Kilic parla chiaro: è quella di un uomo che ha sempre difeso quelle libertà che le autorità di Ankara stanno cercando di annullare”.
A meno di dieci giorni dal primo anniversario del fallito golpe in Turchia in tutto il Paese fervono i preparativi per ricordare le trecento persone che hanno perso la vita durante gli scontri. La giornata verrà proclamata come “Festa della Repubblica”. La decisione di arrestare gli attivisti di Amnesty International è certamente legata a questo evento: gli arresti sono avvenuti mentre Eser e altre persone stavano tenendo un seminario. Nell’ultimo anno, la situazione in Turchia si è fatta insostenibile: la repressione seguita al tentato colpo di stato ha portato all’arresto di più di 40 mila persone (tra cui molti insegnanti, magistrati, poliziotti, diplomatici, giornalisti) tutti sommariamente accusati di “legami con il terrorismo” o dichiarati vicini o aventi contatti con i “gulenisti”; a loro si aggiungono le 150 mila persone che sono state licenziate perché ritenute vicine al movimento “Hizmet”.
Dopo il fallito golpe dello scorso anno la Turchia ha deciso di sospendere la propria adesione alla Convenzione europea sui diritti umani, come annunciato dal vice primo ministro Numan Kurtulmus. Una scelta che Amnesty International aveva definito “presagio agghiacciante di ciò che avverrà”. In quell’occasione, il Consiglio d’Europa, di cui la Turchia è membro, si precipitò a specificare che, in nessun caso (nemmeno in caso di sospensione ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione, per emergenza pubblica), si può andare in deroga all’articolo 2 (diritto alla vita), all’articolo 3 (divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti), all’articolo 4 (in relazione al divieto della schiavitù) e all’articolo 7 (nulla poena sine lege, cioè nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale).
Un comportamento che nei mesi scorsi si è inasprito dopo il referendum costituzionale vinto con il 51% delle preferenze (e non senza voci di brogli: l’opposizione ha contestato almeno il 37% delle schede dopo che il Consiglio elettorale supremo, Ysk, aveva autorizzato, per la prima volta in Turchia, il conteggio di schede non timbrate) che ha concesso a Erdogan poteri ancora maggiori. Una situazione che fino ad ora molti paesi europei e stranieri hanno finto di non vedere.

 

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