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Turchia, la marcia per la giustizia continua di Murat Cinar
Sono ormai passati 15 giorni dall’inizio della “marcia per la giustizia”. Le strade da Ankara a Istanbul hanno visto sfilare migliaia e migliaia di persone. Ora si attendono gli ultimi chilometri e la grande manifestazione finale.
Il giorno dopo l’arresto del parlamentare nazionale Enis Berberoglu, il partito di opposizione CHP ha deciso di lanciare una manifestazione di protesta intitolata “camminare per la giustizia” dalla capitale politica a quella economica della Turchia. Strada facendo il corteo è diventato sempre numeroso. Le persone hanno attraversato città e paesini. Migliaia di persone hanno dormito nelle tende, o sono state ospitate dagli abitanti nelle loro case. Il leader del CHP Kemal Kilicdaroglu invece ha dormito in un camper. Durante il cammino oltre al sostegno della cittadinanza ci sono stati anche dei momenti di contestazione. Un camionista ha tentato di investire i manifestanti che camminavano lungo la strada. Nel video da lui girato si sente il suo odio e la sua volontà di scontro. Il 27 giugno in località Kaynasli un piccolo gruppo ha insultato i manifestanti rappresentando il simbolo del partito al governo con le mani. Sempre nella stessa località quando i manifestanti si sono fermati per dormire in un campeggio hanno scoperto che i rubinetti erano stati bloccati. Il parlamentare Oguz Kaan Salici, che partecipava alla marcia, sospetta del Comune, amministrato dal partito al governo. Il giorno dopo, sempre di sera, quando i manifestanti si sono fermati a Duzce, il luogo dove dovevano dormire è stato coperto dal letame che un furgone aveva scaricato poco prima. Attraverso i video diffusi e le riprese delle videocamera di sicurezza il giorno dopo i colpevoli sono stati arrestati, multati e rilasciati. Il 28 giugno una macchina di passaggio ha tirato una pallottola contro i manifestanti. Nonostante i gesti di sabotaggio e le provocazioni, si registrano molte nuove adesioni. L’HTKP (Partito Comunista del Popolo di Turchia) ha deciso di partecipare alla marcia e il 28 giugno il suo segretario nazionale Erkan Bas ha iniziato a camminare con gli altri. Lo stesso giorno anche Haziran Hareketi (il Movimento di Giugno – movimento politico che raggruppa diversi componenti della rivolta popolare di Gezi Park del 2013) ha comunicato la sua adesione. Il 25 il Collettivo Nazionale per Fermare i Femminicidi (Kadin Cinayetlerini Durduracagiz Platformu) si è unito ai manifestanti per protestare per la lunghezza dei processi, alla fine dei quali gli assassini vengono liberati, oppure condannati a pochi anni di carcere. Membri del collettivo e familiari delle vittime provenienti da diverse città hanno iniziato a sfilare per difendere i diritti delle donne. Ha aderito alla marcia anche l’EHP (Partito del Movimento del Lavoro), con numerosi membri. Al tredicesimo giorno hanno deciso di marciare “per la giustizia” anche i familiari delle vittime della rivolta popolare di Gezi Park del 2013, unendosi ai manifestanti quando il corteo è arrivato nella città di Bolu. Stanno partecipando anche le “Mamme per la Pace”, un gruppo di donne che si ispira alle “Madri di Plaza de Mayo” argentine, madri delle vittime e dei detenuti per via del conflitto tra lo Stato ed il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). “Se c’è una persecuzione in un posto, presto si diffonde dappertutto; quindi siamo qui per chiedere giustizia per tutte le persone che non l’hanno ottenuta”, ha dichiarato una madre intervistata durante la marcia dal portale di notizie indipendente Sendika.org. Una delle domande più importanti che i cittadini si pongono è l’eventuale partecipazione/adesione del secondo partito di opposizione, l’HDP. Il Partito Democratico dei Popoli ha 12 parlamentari in carcere per via di una votazione del 2016 in cui l’immunità parlamentare è stata cancellata anche grazie ai voti del CHP, ossia il partito che sta portando avanti la “marcia per la giustizia”. In modo molto sobrio, consapevole e costruttivo l’HDP ha riconosciuto sin dall’inizio la legittimità di questa marcia, pur criticandola. Mentre si attendeva una comunicazione ufficiale uno dei membri storici del partito, Ahmet Turk, ha annunciato la sua partecipazione a Kandira, località vicina alla città di Kocaeli, dove tuttora è incarcerata la co-presidentessa del partito, Figen Yuksekdag, che ha espresso con una breve lettera il suo apprezzamento per la marcia. Ha anche sottolineato l’importanza di costruire un “fronte democratico” che unisca diverse forze di sinistra. L’HDP vuole che la marcia non si fermi ad Istanbul, ma proceda fino ad Edirne dove si trova in carcere l’altro co-presidente del partito, Selahattin Demirtas. Sono arrivate adesioni anche dall’estero, come quella di Luis Ayala, Segretario Generale dell’Internazionale Socialista. “Questa è una manifestazione pacifica” ha dichiarato Ayala. “Ogni giorno che passa cresce sempre di più. Alla fine di questa marcia nasceranno nuove idee e nuovi sentimenti collettivi”. Anche dall’interno del carcere è stato lanciato un messaggio di solidarietà. Nuriye Semih è in sciopero della fame da più di 100 giorni e chiede di riavere il suo posto di lavoro all’università, che le è stato tolto grazie a un decreto legge promulgato sotto lo stato d’emergenza, come è successo a tanti altri accademici in Turchia. Nuriye, fedina penale pulita, è stata accusata di appartenere a un’organizzazione terroristica e ha deciso di trasformare la sua protesta in uno sciopero della fame con il suo amico/collega Semih Ozakcan. Dopo un periodo di sciopero in piazza ad Ankara i due sono stati arrestati e ora portano avanti la loro lotta all’interno del carcere. “Un saluto a tutti coloro che camminano per la giustizia. Siamo in sciopero contro le ingiustizie dello stato d’emergenza” sono le poche parole che sono riusciti a pronunciare; ormai sono entrati in una fase molto pericolosa per la loro salute. Già nei primi giorni della marcia il leader del CHP, Kemal Kilicdaroglu, aveva parlato della loro situazione durante un intervento davanti alle telecamere. Mentre migliaia di persone camminano verso Istanbul pian piano si scoprono i primi dettagli dell’imminente manifestazione di massa. In base a quanto è stato comunicato dal portavoce del partito, Bulent Tezcan, il 9 luglio alle 16:00 in piazza a Maltepe ci sarà una manifestazione di protesta. Il CHP non ha ancora deciso se arrivare o no fino al carcere dove è detenuto Selahattin Demirtas. La marcia comunque ha già superato i confini nazionali. A Parigi, Lyon e New York sono state organizzate diverse manifestazioni di solidarietà. Sembra che la marcia stia diventando un esempio per altre città turche. A Smirne si tiene dal 26 giugno un presidio di massa per esprimere la solidarietà con i manifestanti e lo stesso avviene nel Parco Maçka di Istanbul già dai primi giorni della marcia. Concerti, dibattiti, laboratori, riunioni, spettacoli teatrali e tante altre attività collettive uniscono i partecipanti. Esattamente come quelle 1.800 persone provenienti dalle città del nord della Turchia, Trabzon e Giresun, in cammino anche loro per raggiungere la “marcia per la giustizia”. Per la seconda volta in meno di cinque anni la Turchia sta costruendo una manifestazione di protesta di massa contro il potere che governa il paese da più di quindici anni. Diverse parti della società si sono unite per lottare contro le ingiustizie e la violenza, tentando di gettare le basi di un’alleanza democratica che possa governare il paese e portarlo verso un futuro più sereno e una convivenza pacifica.
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