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28 aprile 2017
Assopace Palestina Bologna sullo sciopero della fame di Marwan Barghouti
Marwan Barghouti ha indirizzato ai parlamentari di tutto il mondo, insieme ad una scheda informativa sui detenuti politici palestinesi nelle carceri israeliane, una lettera che – grazie al comunicato di Assopace Palestina Bologna – pubblichiamo di seguito e nella quale annuncia il suo sciopero della fame.
Barghouti è un parlamentare e leader politico palestinese condannato dal Tribunale Israeliano per reati di resistenza armata o di terrorismo che lui non ha mai personalmente condotto.
Una campagna per la sua liberazione è stata lanciata dalla cella di Nelson Mandela a Robben Island con personalità internazionali, tra cui 8 premi Nobel.
Attualmente Marwan Barghouti si trova in una cella di isolamento, trasferito dopo che un suo articolo sullo sciopero della fame dei prigionieri palestinesi, è stato pubblicato sul New York Times.
Vi sono circa 1.500 palestinesi su 6.500 detenuti nelle carceri israeliane che sono in sciopero della fame dal 17 aprile, per rivendicare diritti basilari previsti dalla Convenzione di Ginevra: avere accesso alle cure mediche, poter leggere e studiare, poter telefonare alle famiglia, ricevere visite e altre rivendicazioni, tutte previste dalla Convenzione di Ginevra che anche Israele ha firmato.
La risposta delle autorità israeliane allo sciopero della fame è di estrema durezza e disumanità. Il Ministro israeliano Lieberman (colono) ha affermato che per quel che lo riguarda i prigionieri possono finire tutti sottoterra.
I prigionieri con alla guida Marwan Barghouti hanno chiamato questo sciopero della fame lo “Sciopero della Dignità e della Libertà”.
Lettera del leader e parlamentare palestinese Marwan Barghouti ai suoi colleghi nel mondo in occasione dello sciopero della fame dei prigionieri palestinesi “Per la pace e la dignità”
Cari colleghi parlamentari,
se ricevete questa lettera è perché Israele, anziché andare incontro alle legittime richieste dei detenuti palestinesi, ha scelto di continuare nella sua politica provocatoria di persecuzione collettiva.
Insieme ai compagni che portano avanti con me lo sciopero della fame sono stato di nuovo messo in isolamento. Ma non staremo per questo in silenzio, né ci arrenderemo.
Lo sciopero della fame è uno strumento pacifico e legittimo di protesta contro la violazione dei più elementari diritti dei detenuti, garantito dal diritto internazionale. I detenuti palestinesi, sebbene in balia della forza occupante – e per questo protetti dalle leggi internazionali sui diritti umani- non sono per questo privi di volontà e risorse.
Abbiamo iniziato lo sciopero della fame perché le richieste che portiamo avanti da mesi rimangono inascoltate.
Noi chiediamo ragione degli arresti arbitrari di massa dei palestinesi, delle torture, dei maltrattamenti e delle misure punitive nei confronti dei detenuti.
I nostri diritti – alla salute, alle visite dei famigliari, i contatti con le persone care, all’istruzione- vengono deliberatamente ignorati. E questi sono diritti umani fondamentali.
Cari colleghi, cari amici,
grazie per la solidarietà con i vostri colleghi palestinesi imprigionati e per la solidarietà di tanti parlamenti nel mondo che sostengono i diritti del popolo palestinese all’autodeterminazione, la fine dell’occupazione e la conquista di una pace giusta e duratura fondata sui principi del diritto internazionale.
Sono stato il primo parlamentare palestinese ad essere arrestato nel 2002.
Da allora Israele ha arrestato 70 parlamentari palestinesi, più di metà del Consiglio Legislativo Palestinese. 13 di essi sono tuttora in prigione.
Questi atti rappresentano un insulto ai parlamentari di tutto il mondo, a tutte le democrazie e ai diritti umani in generale. Questi atti sono un insulto alla libertà e alla giustizia a cui è necessario rispondere.
Il destino dei parlamentari palestinesi riflette quello del popolo palestinese che essi rappresentano.
In 50 anni Israele, la forza occupante, ha arrestato centinaia di migliaia di palestinesi, l’equivalente del 40 % della popolazione maschile nei territori occupati.
6500 languono oggi nelle prigioni israeliane. Per Israele noi siamo colpevoli e il nostro crimine, mai esplicitato, è che vogliamo la libertà, siamo affamati di libertà, lottiamo e ci sacrifichiamo per la libertà.
Le leggi di Israele autorizzano il colonialismo, la repressione collettiva, la discriminazione e l’apartheid. Perché coloro che votano queste leggi non debbono risponderne?
Alcuni parlamentari Israeliani hanno sostenuto e determinato il nostro arresto . Essi siedono fra di voi, noi non possiamo.
I tribunali israeliani sono parte integrante di questa occupazione militare e coloniale, che mira ad annettersi sempre più i nostri territori deportando e sostituendo la popolazione. I tribunali militari israeliani hanno espresso negli ultimi anni un tasso di condanne dei palestinesi che va dal 90 al 99 %!
L’ho già affermato e lo ripeto: questo è un regime di apartheid giudiziario in cui l’esistenza e la resistenza dei palestinesi viene criminalizzata, mentre gli israeliani che commettono crimini nei confronti dei palestinesi godono dell’immunità.
Io sono stato condannato da uno di questi tribunali illegittimi.
Io, come rappresentante di un popolo occupato, mi sono rifiutato di riconoscere la legittimità della corte che mi giudicava.
Sono stato condannato dal tribunale della forza occupante a cinque ergastoli e quarant’anni per terrorismo, in quello che è stato denunciato unanimemente dagli osservatori internazionali come un processo farsa.
Nessun paese ha riconosciuto questa sentenza.
Questo è un destino comune a tutti i leader dei movimenti di liberazione della storia mondiale.
Il processo di Rivonia che condannò Nelson Mandela all’ergastolo, non delegittimò né lui come leader né la sua lotta, bensì contribuì a delegittimare il regime di apartheid che lo perseguitava.
Per questo il compagno di Mandela e icona anti-apartheid Ahmed Kathrada ha lanciato la campagna internazionale “Free Marwan Barghouti and all Palestinian prisoners”, come aveva lanciato la campagna “Free Nelson Mandela” dopo aver egli stesso passato 26 anni in carcere.
Per questo egli ha lanciato la campagna proprio dalla cella di Mandela a Robben Island.
Per questo 8 premi Nobel, 120 governi e centinaia di parlamentari,leader, accademici e organizzazioni della società civile hanno aderito all’iniziativa.
Per questo due premi Nobel e diversi parlamenti e parlamentari mi hanno proposto per il premio Nobel per la pace, come gesto di solidarietà con la lotta del popolo palestinese per la libertà.
I detenuti palestinesi hanno sempre subito ingiustizie e violazioni dei loro diritti. Ma negli ultimi anni le autorità israeliane ci hanno tolto anche i diritti che avevamo ottenuto con precedenti scioperi della fame. Era necessario rispondere all’escalation di misure punitive e inumane nei confronti dei detenuti e dei loro famigliari. Abbiamo deciso questo sciopero della fame perché non avevamo altra scelta. Tutti i palestinesi soffrono e patiscono per ottenere i diritti che sono loro negati. I prigionieri palestinesi non sono diversi.
Abbiamo chiamato questo sciopero della fame “Per la pace e la dignità”. Queste due parole hanno un significato profondo per la nostra nazione, che da 70 anni lotta per ottenere pace e dignità.
Ma sono anche patrimonio universale, valori che fanno parte della storia universale e della lotta contro ogni forma di oppressione e asservimento. Valori al centro dell’umanità, indispensabili per la pace.
Non può esserci pace fra oppressore e oppresso, poiché pace e oppressione si escludono a vicenda. Non può esserci pace tra prigioniero e carceriere. La libertà è la strada che conduce alla pace.
Mi rivolgo a voi perché parliate in nome di quelli che Israele sta cercando di mettere a tacere.
Mi rivolgo a voi perché sosteniate i diritti di coloro che sono stati confinati in una cella oscura per essere dimenticati.
Mi rivolgo a voi perché sosteniate le richieste legittime del movimento dei prigionieri palestinesi e il rispetto delle leggi del diritto internazionale.
Mi rivolgo a voi perché sosteniate la libertà e la dignità del popolo palestinese, così che la pace possa prevalere.
Qualcuno forse potrebbe pensare che questa sia la fine e che io morirò qui in isolamento. Ma io so che anche qui in questa solitudine noi non siamo soli. Io so che milioni di palestinesi e molti molti di più nel mondo lottano con noi. E presto ci incontreremo, e saremo liberi.
Marwan Barghouti – 17 aprile 2017