Fonte: Voltairenet https://www.ariannaeditrice.it/ 15/11/2017
L’affronto inflitto a Macron in Arabia Saudita di Thierry Meyssan Traduzione di Rachele Marmetti - Il Cronista
Macron, che in tutta fretta ha deciso di fare una tappa in Arabia Saudita per portarsi via il primo ministro libanese, tenuto prigioniero insieme alla sua famiglia, ha subito un affronto pubblico senza precedenti. Benché la stampa francese e occidentale abbia fatto di tutto per nascondere parte dei fatti, l’opinione pubblica araba non ha potuto non constatare la caduta vertiginosa di prestigio e d’influenza della Francia in Medio Oriente. Il presidente Macron (nella foto con MBS) non è l’unico responsabile dell’umiliazione inflittagli dal re d’Arabia Saudita. Ha pagato sia i crimini di chi l’ha preceduto sia la propria inettitudine a mettere in atto una nuova politica in Medio Oriente.
La Francia è la potenza colonizzatrice storica che ha occupato il Libano fino alla seconda guerra mondiale. Per lungo tempo vi ha fatto il bello e il cattivo tempo. Oggi lo utilizza come succursale in Medio Oriente e paradiso fiscale. In tutti gli scandali politico-finanziari francesi degli ultimi trent’anni vi sono implicate personalità libanesi.
Agendo da protettore del Libano, il presidente Emmanuel Macron ha sostenuto la necessità che il primo ministro fosse lasciato libero di rientrare a Beirut. Una coincidenza temporale ha voluto che Macron si sia recato ad Abu Dhabi il 9 novembre per inaugurare il Louvre di Sabbia. Il presidente non poteva certo esimersi dall’agire. In quanto successore di “Jacques Chirac, l’arabo”, “Nicolas Sarkozy, il qataro” e “François Hollande, il saudita”, durante la campagna elettorale il presidente Macron non ha esitato a dire tutto il male possibile di Doha e Riad. Benché non avesse mai manifestato simpatia per le monarchie del Golfo, si è ritrovato giocoforza vicino agli Emirati.
L’Eliseo ha tentato perciò di organizzare una tappa di Emmanuel Macron a Riad per ottenere il rimpatrio di Hariri. Re Salman si è però rifiutato di ricevere il piccolo francese. Dal punto di vista del Consiglio di Cooperazione del Golfo (ossia di tutti gli Stati arabi della regione), negli ultimi sette anni la Francia si è dimostrata un alleato affidabile contro Libia e Siria. Ha preso parte militarmente – pubblicamente o in segreto – a tutti i colpi bassi contro questi due Paesi e fornito copertura diplomatica e retorica lenitiva a queste aggressioni. Tuttavia, ora che la Libia è in preda al caos e la Siria è, a dispetto di tutti, sul punto di vincere la guerra, la Francia si trova, di fatto, smarrita e inerte. Il nuovo inquilino dell’Eliseo, Macron, non sa nulla di questa regione; un giorno esprime riconoscenza alla Repubblica siriana, il giorno successivo ne insulta il presidente, democraticamente eletto. In aggiunta, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno preso molto male le esortazioni del presidente Macron a una de-escalation con il Qatar. Sapendo quanto costano loro gli sforzi appena intrapresi per rompere con gli jihadisti, per Arabia ed Emirati Arabi Uniti il sostegno di Doha ai terroristi è inaccettabile.
L’inaugurazione del Louvre di Sabbia doveva essere l’occasione di un discorso retorico sulla cultura che unisce tutti, show incluso nel pacchetto da un miliardo di dollari concordato tra i due Stati. Adempiuto alla formalità, il presidente Macron si è informato dal suo ospite, lo sceicco Mohammed Bin Zayed, su quanto stava accadendo nella vicina Arabia Saudita e sulla sorte di Saad Hariri.
A differenza dei beduini d’Arabia Saudita e Qatar, il popolo degli Emirati è un popolo di pescatori. I primi vissero per secoli unicamente nel deserto, i secondi percorsero i mari. Per questa loro peculiarità, i colonizzatori britannici annessero gli Emirati all’Impero delle Indie, assoggettandoli quindi all’autorità di Delhi, invece che direttamente a quella di Londra. Gli Emirati Arabi Uniti ora hanno investito i proventi del petrolio nell’acquisto di una sessantina di porti in venticinque Paesi (tra cui Marsiglia in Francia, Rotterdam in Olanda, Londra e Southampton nel Regno Unito). Cosa che permette ai servizi segreti emiratensi di fare entrare e uscire da questi Paesi ciò che vogliono, a dispetto dei controlli doganali locali, servizio che vendono anche ad altri Stati. Grazie alle sanzioni statunitensi contro Teheran, il porto di Dubai è diventato, di fatto, la porta dell’Iran e gli Emirati incassano profitti enormi per violare l’embargo USA. Per questa ragione Abu Dhabi ha un interesse economico vitale ad alimentare la disputa arabo-persiana. Da parte loro, gli Emirati rivendicano le isole di Tonb e di Bu-Mussa, ritenendole “occupate” dall’Iran. Non è un segreto per nessuno che lo sceicco Mohammed Bin Zayed abbia un forte ascendente sul principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman (MBS). Sicché, davanti al presidente Macron, Bin Zayed ha telefonato a MBS per organizzargli un incontro. Sulla via del rientro in Francia, il presidente francese (39 anni) ha fatto quindi scalo a Riad. All’aeroporto è stato accolto da MBS (32 anni) ed è stato suo ospite a cena.
Nella notte tra il 4 e il 5 novembre, MBS aveva posto fine al governo collegiale della dinastia Saud, sostituendolo con il potere personale del padre, re Salman. Per far questo ha dovuto arrestare o assassinare tutti i leader degli altri clan della famiglia reale, nonché i predicatori e gli imam loro devoti. In totale circa 2.400 personalità. Spin doctor israeliani fanno passare questa purga di Palazzo per operazione anticorruzione.
Contrariamente alle proprie aspettative, il presidente francese è andato a Riad inutilmente. Non ha potuto portare con sé il primo ministro libanese, tutt’ora in carica, non l’ha nemmeno incontrato. E, fatto ben più grave, MBS, dicendosi consapevole dei pesanti obblighi che lo aspettavano a Parigi, lo ha riaccompagnato all’aereo.
Il comportamento saudita è talmente grossolano che i lettori potrebbero non cogliere la gravità dell’offesa recata a Emmanuel Macron: il presidente francese non è stato ricevuto dal suo omologo, il re d’Arabia Saudita, sebbene costui in quei giorni abbia accordato un gran numero di udienze a personalità di secondo rango.
Questa villania, caratteristica dei modi della diplomazia araba, non è imputabile al solo MBS, bensì anche allo sceicco Mohammed Bin Zayed, che ben sapeva cosa che stava facendo quando ha spedito il giovane francese a farsi umiliare a Riad.
Conclusione: non adattandosi all’inversione di rotta dell’Arabia Saudita, seguita al discorso contro il terrorismo di Donald Trump di maggio scorso a Riad, e volendo mantenere i piedi in due scarpe, la Francia è l’artefice della propria messa al bando nella regione. Gli Emirati apprezzano il Louvre e le corvette della Marina francese, ma non prendono più sul serio i francesi. I Sauditi non hanno dimenticato le parole del candidato Macron contro di loro e nemmeno quelle del presidente Macron a favore del Qatar, attuale sponsor dei Fratelli Mussulmani. Hanno voluto far capire a Macron che non deve immischiarsi né nei problemi del Golfo né nella successione al trono dei Saud, tanto meno nella disputa con l’Iran, e, soprattutto, non deve occuparsi dei conflitti che ruotano attorno al Libano. La Francia è diventata straniera in Medio Oriente.
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