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12 November 2017

 

Medioriente, quel che si vorrebbe e quel che purtroppo è

di Fulvio Grimaldi

 

Stavolta davvero verso un’altra guerra

 

Partiamo con una notizia esaltante. Liberata Abu Kamal, città al confine siro-iracheno, dalla vittoria congiunta dell'Esercito Libero Siriano e dalle truppe irachene, esercito e Forze di Mobilitazione Popolare. Una vittoria di altissimo valore simbolico, che vede uniti due paesi che l'imperialismo-sionismo, insieme ai clienti satrapi del Golfo, avevano tentato di distruggere. Un nuovo inizio di unità nazionale araba con il concorso della Russia, dell'Iran e delle forze antimperialiste libanesi. Che questa, per oggi, ci paia l'unica notizia buona non diminuisce la nostra gioia e gratitudine.

 

E’ un antico vezzo di intellettuali, tra cui carissimi amici di notevole livello teorico, attenti alle profondità degli eventi e, come insegnava Montessori, ai dettagli e alle connessioni (vedere gli alberi nel bosco), quello di cucire un vestito e metterlo addosso al soggetto di cui trattano, convinti che gli stia bene, benché una manica sia corta e le spalle caschino. Succede in particolare da chi scatta dagli stessi blocchi di partenza, anche quando sono cambiati, anche quando non ci sono proprio. Tipo Stati Uniti democrazia liberatrice, o URSS comunque dalla parte di classi e nazioni oppresse.

 

Ruolo che qualcuno poi trasferisce alla successiva Federazione russa. A volte adottando la sineddoche dove la parte per il tutto è la salvezza della Siria dalla disintegrazione programmata dai suoi nemici e il tutto (discutibile) è il ruolo salvifico di Mosca ovunque si aprano contraddizioni e pericoli.

 

Se qualcuno non fa quel che dice Mosca, allora gli Usa fanno bene a sgretolarlo

Ricordo, a proposito, come si infilarono nella trappola delle mistificazioni propagandistiche imperialiste quelli di Rifondazione quando, alla mia difesa dell’Iraq di Saddam maciullato, ripetevano a pappagallo la balla secondo cui il leader iracheno era stato per anni “l’uomo degli americani”, da loro armato, per cui ben gli stava (dagli Usa i dati e le immagini confermarono che in Iraq non era mai arrivato niente che non fosse vecchio armamentario sovietico e cecoslovacco). A questa balla occidentale sommarono quella sovietica, secondo cui Saddam non meritava nessuna solidarietà poiché aveva rotto la coalizione di governo con comunisti e curdi e di comunisti ne aveva poi uccisi 5000 (Il PC iracheno, all’atto dell’aggressione iraniana del 1980, su ordine di Mosca si schierò con Tehran. Nell’emergenza bellica, Saddam sciolse la coalizione a tre e impose ai comunisti la scelta tra entrare nel Baath, o andare in esilio in Siria. La maggioranza si schierò con il Baath e con la difesa della patria. Alcuni dirigenti, credo 150, che erano andati a combattere con gli iraniani, furono catturati, processati e giustiziati per alto tradimento). Essendo per i compagni l’URSS buona, Saddam era cattivo e gli Usa avevano ragione. Dove si vede l’eterogenesi dei fini degli schemi preordinati in cui incastrare la realtà.

 

Siria, Iraq: sembrava fatta. Una cippa

In Medioriente sta succedendo un ambaradan che fa di Casamicciola una festa di capodanno e rischia di dare ai sette anni di indicibile sconvolgimento siro-iracheno la qualifica di prodromo di qualcosa di peggio.

 

Ho tutta la stima per Putin e per il suo ruolo decisivo nel contrasto all’espansionismo necroforo degli psicopatici agli ordini dell’élite occidentale. Per i sacrifici che i militari russi hanno subito nell’impedire che la Siria fosse cancellata dalla faccia della Terra. Questo, a dispetto del fatto che certi mezzi di comunicazione dell’establishment russo, ci parlino di un Lenin “psicopatico sifilitico”, “terrorista e traditore”, di una Chiesa Ortodossa pilastro centrale ed eterno di tutte le Russie e di una “rivoluzione bolshevica che ha spazzato via l’illuminato e umano regime zarista e costituito per la Russia la più grande catastrofe di tutti i tempi”. Roba che fa leggermente barcollare e che ci fa capire che ogni questione morale o ideologica è ormai completamente esclusa dai rapporti internazionali.

 

Mohamed bin Salman: colpo di Stato e apertura delle porte dell’inferno

Sapete quel che è successo. Su ordine dei suoi padrini sauditi, si è dimesso un manigoldo di primo ministro libanese, Saad Hariri, cittadino libanese ma anche saudita e, come il padre Rafik, grande farabutto palazzinaro e speculatore, ammazzato da Cia e Mossad nel 2005. Come lui, infeudato ai petromonarchi di Ryad e fiduciario di Israele e Usa per la destabilizzazione del Libano. Dimissioni fattegli dare vergognosamente a Riyad, abbinando alla mossa l’insulto al paese che governava. Le ha giustificate accusando Hezbollah, partner di governo, di rovinare il paese per conto di un Iran che si propone di divorare l’intero Medioriente ingabbiandolo nell’ “Arco scita”. Lo ha dichiarato da fantoccio del ventriloquo Mohamed Bin Salman, figlio del re in carica, ma in effetti nuovo uomo forte della satrapia. Mohamed lo aveva richiamato in “patria”, appena compiuto quel colpo di Stato con il quale aveva rimosso qualche dozzina di principi della casa reale, ministri, parlamentari, tycoon miliardari ed eventuali rivali nella successione. MBS è anche colui che ha fortissimamente voluto il genocidio yemenita, realizzato con il concorso di Usa e Nato (decisivo per uno Stato militarmente tanto armato quanto inetto come la Saudia); che ha ostracizzato il Qatar, l’ex-compare di sterminio, tramite mercenari jihadisti, di siriani e libici, perché troppo tenero con l’Iran. E’ colui che ha annunciato la “modernizzazione dell’Arabia Saudita e dell’Islam”, non tanto mediante attenuazione della dittatura delle decapitazioni, quanto con miliardi da investire in orrende espansioni urbanistiche e tecnologiche, ovviamente gradite alle multinazionali Usa e occidentali in genere.

 

Tutto bene, madama la marchesa?

Tutto questo, nell’analisi di taluni, non inficerebbe minimamente “il visibile avvicinamento tra Arabia Saudita e Russia”. Rapprochement che “getterebbe scompiglio” nel fronte che include Usa, Nato, Turchia, Saudia, Qatar, Israele, UE. E prezzemoli vari. Scompiglio, ovviamente, per via diplomatica, ché l’alternativa sarebbero bombe su tutto e tutti e, inesorabile, l’olocausto nucleare. Tutto questo sarebbe favorito da quell’”avvicinamento” tra Ryad e Mosca. Non solo, ma addirittura dai “rapporti di odio-amore (sic) tra russi e israeliani”. Sarà pure scocciante che, a ogni tentativo di fermare il Golem che si avventa su ogni cosa, ci si debba appendere alle volatili armi diplomatiche perché sennò scatta il ricatto nucleare.

 

Sarebbe bello che gli asini volassero…

Alla base c’è una considerazione un po’ apodittica, un po’ frutto di grandissimo ottimismo della volontà: “Il tempo è contro l’Impero statunitense e Russa e Cina devono guadagnare tempo. Così diventerà impossibile, anche per i più folli, pensare a una guerra totale”. Direi un pio auspicio. I folli mica pensano. Mentre Russia e Cina guadagnano tempo, quegli altri militarizzano l’Africa, l’Oceano Pacifico, preparano qualcosa di brutto alla Corea del Nord, svuotano l’Africa dei suoi abitanti per riversarli, via Ong, su di noi, si radicano militarmente in Siria chiamando le loro basi Kurdistan, strappano al mappamondo lo Yemen…..

 

Stesso ottimismo della volontà afferma il “Progetto Isis in frantumi”. No, semplicemente sospeso o rivestito di altri panni.In frantumi lo sarà in Siria e in Iraq dove, sputtanato oltre ogni misura dalle sue pratiche orripilanti che dovevano servire a terrorizzare ogni resistenza fino alla resa e militarmente sconfitto da forze ben altrimenti motivate e capaci, siriane, russe, Hezbollah, iraniane, l’Isis è stato sostituito dai “democratici, laici, ecologici e femministi” curdi. Curdi capaci di entusiasmare di più le vivandiere “sinistre” dell’imperialismo, in quanto aguzzini di siriani e nemici di Assad, dei troppo bigotti jihadisti. Si parla compiaciuti di “rimasugli dell’Isis”. Rimasugli? Aspettiamo a vedere come verranno utilizzati in Libano, ma più probabilmente in Afghanistan, Cecenia altre repubbliche ex-sovietiche. Questi mica si sono fatti l'11 settembre e inventati la guerra mondiale al terrorismo per piantarla lì tra Tigri ed Eufrate.

 

Esprimo stupore per la fiducia di alcuni nelle mosse diplomatiche della Russia che si spinge fino a considerare che lo scapriciatiello al fulmicotone che ha liquidato metà della tribù del nonno fondatore, si sarebbe scavato la fossa perchè¸ pur di avvicinarsi a Mosca avrebbe fatto incollerire la Cia, Trump, il proprio esercito, Israele, e sarebbe dunque a un centimetro dalla fossa. Il resto del paese, invece, veleggerebbe sereno verso i lidi del Gruppo di Shanghai (Russia, Cina, altri minori, da cui, peraltro, si va staccando un’India sempre più amerikana). E qui diventa clamorosa una contraddizione: ma se l’erede al trono si è alienato Cia, esercito, tre quarti dell’establishment reale, è lui, o sono quelli che ha voluto far fuori a “slittare verso Mosca, Shanghai, Eurasia”? Il bandolo della matassa sta nel conflitto tra Cia e Trump? Con Mohamed filorusso che, per il suo golpe, avrebbe addirittura ricevuto una qualche copertura aerea da Mosca!!! A me parrebbe il contrario. Golpe amerikano contro il partito della moderazione e del dialogo. MBS sarà una testa calda, ma non si mette contro il mondo senza copertura, aerea o altra. Ma quella di Washington.

 

Torniamo al pessimismo della ragione e, ahinoi, ai mostri della guerra

Vado in visibilio. Da giornalista di strada, spesso obnubilato dai fumi delle battaglie, sono spesso in soggezione davanti alla preparazione teorica e alla capacità di analisi dei miei interlocutori amici. Ma da mezzo secolo sul campo del Medioriente e dello scontro imperialismo-altri, sono anche abbastanza attrezzato a vedere le fratture tra quel che si vede dal tavolino e quel che succede nel quadrante. E mi sembra che ci sia perfetta e lineare continuità nelle nuove vicende innescate dall’ “avventuriero” di Ryad. Al suo assalto allo Yemen in rivolta scita gli americani hanno fornito supporto logistico, militare, di sorveglianza, di blocco aereonavale. All’operazione dimissioni di Saad Hariri, con annessa accusa a Libano-Hezbollah-Iran di aver dichiarato guerra ai sauditi avendo, loro, lanciato un missile nei cieli di Riad, Trump non può non aver dato il proprio avallo, dato che pochi giorni prima era lì a firmare con Mohamed bin Salman accordi economici e militari per miliardi. Un Trump che, dopo aver riassunto in pieno, sotto ricatto Russiagate, impeachment e peggio, gli obiettivi e i modi da Armageddon dei neocon hillariani, sarebbe ora tornato sui suoi passi concilianti e multipolari? Ma dove? Ma come? E sarebbe felice di vedere la fine dello storico legame tra i massimi fornitori e massimi consumatori di idrocarburi e di armi del mondo? Sogno o son desto?

 

Dunque, la nuova direzione saudita, vistasi con il presidente Usa, potenzia il suo sbranamento dello Yemen, alleato dell’Iran e di tutto l’Arco scita, ribadisce che Assad se ne deve andare, vistasi sorvolare da un razzo promette distruzione e lutto a Libano e Iran e allo scopo defenestra il premier libanese. Tutto questo d’intesa, non solo con un Trump totalmente alla mercè dello Stato Profondo Usa, ma con Israele, da tempo strettissimo alleato, in perfetta sintonia. Da tempo né Usa, né Israele, sapendo il valore dei propri soldati (buoni più che altro per Abu Ghraib, o per il fosforo su Falluja) e le ricadute delle bare imbandierate che rientrano, non attaccano nemici potenti e non rischiano le proprie truppe.

 

Che l’Idra a tre teste Saudia-Usa-Israele attacchi direttamente l’Iran è fuori discussione ed è improbabile che assalga il Libano in prima persona. Lo farà assalire. Siamo nel tempo dei “proxy”, delle deleghe, dei surrogati. I sauditi e subalterni manderanno denari, gli Usa forze speciali e droni, Israele insegnerà ai suoi ascari libanesi come si fanno attentati e stragi.

In Siria l'Idra non ha perso, ma non ha neanche raggiunto l’obiettivo prefissato della distruzione del paese, del suo sminuzzamento, della cacciata di Assad. In compenso gli Usa si sono insediati nel Nordest dove costruiscono basi dopo basi per non andarsene più, come in Kosovo con Bondsteel. Ai riabilitati Al Qaida-Al Nusra, battezzati “moderati”, hanno condiviso che venissero assicurate ampie enclavi di autogoverno.(per future guerre civili). I turchi, alleati Nato che fanno giri di valzer con i russi, si sono assicurati una bella fetta del Nordovest siriano con la scusa di frenare i curdi, ma con l’effetto di essersi mangiati un pezzo di Siria. I curdi, il più fetido mercenariato USraeliano, sono usciti dalla loro ridotta e si sono fatti pulitori etnici e proconsoli degli Usa nel Nordest. La Siria non è stata rasa al suolo, non è stata squartata, ma è stata ridotta a pelle di leopardo e Mosca, sperando di irretire i curdi a stelle e strisce e con stella di David, sostiene un futuro assetto federale (premessa per ogni nequizia secessionista o spartitoria). Chi ha vinto? Con 300mila siriani morti e 4 milioni sradicati? Una cosa certamente non è vera, per quanto detta da un generale russo, quella che l’85% della Siria è stata liberata. E lo sarà, ora che Mosca ha annunciato il suo disimpegno militare?

Ma non è contento neanche il branco degli aggressori. Sentono il peso di uno stallo che può tornare utile solo se si riprende l’iniziativa. E fatto togliere di mezzo al principe con le zanne i dubbiosi ed esitanti di fronte all’accelerazione, sfasciata la convivenza nel governo di coalizione libanese tra Hezbollah e destra filo imperialista e filoisraeliana (“Futuro” di Hariri, falangisti di Geagea), invocata la santa alleanza contro Iran e Hezbollah, Usa, Israele e Sauditi riprendono l’iniziativa persa in Iraq e menomata in Siria, per asserirsi dominatori del Medioriente, delle sue fonti e condotte energetiche a spese di Russia, Iran, Qatar, Iraq, Libano.

 

Questo mi sembra lo stato delle cose. Ho lasciato fuori dalle considerazioni la Turchia, troppo inaffidabile e, dunque, imprevedibile. Non certo un elemento che correrà in soccorso al Libano, o che contrasterà la presa militare Usa su buona parte della Siria, per quanto in combutta con gli odiati curdi, o che si compiacerà a veder ricostituirsi un forte Iraq, seppure a spese dei meno odiati curdi iracheni. Tra i due poteri che, con rispettivi alleati, si contendono l’egemonia sul Medioriente, Iran e Saudia, uno con mezzi pacifici, l’altro, debole e inetto, con le armi altrui, la Turchia fa la parte del terzo incomodo. Si deve barcamenare. Non gli affiderei neanche la mia pianta di Ficus.

 

Previsioni non ne faccio di solito. Ma a me pare che la buona intenzione dei russi, di seminare subbuglio nell’alleanza Usa-Israele-Saudia, sia svaporata di fronte al cordone ombelicale che unisce in un fronte necessitato geopoliticamente e geoeconomicamente queste tre teste dell’Idra assassina. Possibile che, molto presto, se la prendano con l’anello più debole, il Libano. La defenestrazione di Hariri prefigura un ritorno alla guerra civile che impegnerà gli Hezbollah su un nuovo fronte (indebolendo lo schieramento patriottico siriano), rifarà entrare in funzione l’Isis, potrà richiedere, nel caso che le cose non vadano per il verso giusto, l’intervento di Israele. E qui diventa difficile che non si muova anche l’Iran. La Russia insisterà con il tram ammaccato della diplomazia? Tutto può succedere.

In Libano mi son fatto la guerra civile, la prima e la seconda invasione israeliana e, nel 2006, la vittoria di Hezbollah sugli aggressori israeliani. Mi dispiace che stavolta non sarò in condizione di esserci.

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