Originale: Middle East Eye

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28 ottobre 2017

 

Netanyahu rivela il segreto di Israele?

di Jonathan Cook

traduzione di Giuseppe Volpe

 

Mentre i parlamentari israeliani tornavano nel parlamento questa settimana, dopo la lunga pausa estiva, il governo di Benjamin Netanyahu ha annunciato un nutrito programma di riforme intese a muovere Israele ancora più a destra.

Le proposte di legge includono l’indebolimento dei poteri di revisione giudiziaria della Corte Suprema, la repressione delle organizzazioni di sinistra della società civile, l’espansione dei confini di Gerusalemme a includere altri insediamenti ebrei e l’autorizzazione della deportazione forzata di richiedenti asilo prevalentemente africani.

Ma nessuna si dimostrerà probabilmente tanto controversa – od otterrà altrettanta attenzione – quanto una misura riguardante lo status di Israele come stato ebraico.

Questa proposta di legge dalla lunga gestazione mira a far parte delle undici Leggi Fondamentali esistenti, l’equivalente di una Costituzione. Netanyahu pare base il suo vasto attacco legislativo sul successo della Legge Fondamentale proposta: Israele come stato-nazione del popolo ebreo.

Il suo scopo consiste nel dare una reputazione semi-costituzionale alla definizione di Israele come stato che appartiene non ai suoi cittadini – come in una democrazia liberale – bensì a tutti gli ebrei del mondo, compresi quelli che non hanno alcun rapporto con Israele.

Inoltre ci si aspetta che la legge declassi lo status dell’arabo, la madrelingua di un quinto della popolazione israeliana. Prevedrà anche che i tribunali israeliani diano nelle loro sentenze il giusto peso alla religione e all’eredità culturale ebraiche.

Gli avversari della legge

Le Leggi fondamentali sono molto più difficili da revocare rispetto alle leggi ordinarie. Varie versioni della legge sullo stato-nazione ebraico sono state prese in considerazione da quando è stata proposta, nel 2011, la prima bozza da Avi Dichter, un ex capo dello Shin Bet, la polizia segreta di Israele.

Ma dopo otto anni da primo ministro, Netanyahu pare impaziente di fare progressi. A maggio ha insistito che la legge doveva passare al più presto possibile. Un comitato speciale ha frettolosamente redatto una versione finale nelle ultime poche settimane.

L’opposizione alla legge viene da tre quarti del parlamento, ciascuno con motivi diversi.

Il primo è la Lista Congiunta, una coalizione di partiti che rappresentano la vasta maggioranza dei cittadini palestinesi di Israele – un quinto della popolazione – che sono il principale bersaglio della legge proposta. Tuttavia le loro voci non hanno alcun peso né nel parlamento, né nel governo.

Il secondo gruppo sono i piccoli partiti religiosi intransigenti della coalizione di governo, che hanno sempre avuto un atteggiamento ambivalente, quando non ostile, a Israele come stato. Credono che gli ebrei potranno essere sovrani solo quando si rivelerà il Messia. In pratica, comunque, se la legge sarà formulata attentamente, tali partiti potranno non opporre molta resistenza.

Più problematica per Netanyahu probabilmente è l’avversione dei partiti di centrosinistra dei banchi dell’opposizione, specialmente l’ex Partito Laburista, ora rinominato Unione Sionista. La maggior parte dei suoi parlamentari rifiutata la Legge Fondamentale proposta, ma non necessariamente perché dissente dalle sue clausole.

Rivelato un inganno di lungo corso

Gli atteggiamenti dell’Unione Sionista nei confronti dello stato-nazione ebraico sono complessi. Sono radicati nel ruolo del partito nella fondazione di Israele come stato ebraico nel 1948, sulle rovine della patria palestinese.

Secondo Mohammed Zeidan, direttore dell’Associazione per i Diritti Umani con sede a Nazareth, un gruppo di difesa dei cittadini palestinesi di Israele, i leader laburisti, specialmente il padre della nazione, David Ben Gurion, costruirono attentamente l’immagine di Israele in un modo che avrebbe ingannato la maggior parte degli osservatori esterni, inducendoli a credere che si trattava di una democrazia liberale in stile occidentale.

“L’obiettivo dei fondatori dello stato consisteva nel celare la discriminazione strutturale”, ha dichiarato a Middle East Eye. “L’errore è stato credere che uno stato ebraico possa essere uno stato democratico e che possa rispettare valori e diritti universali”.

Secondo il centrosinistra la Legge Fondamentale di Netanyahu rischia di togliere il velo a quell’inganno immensamente riuscito.

Di fatto, indicativamente, le principali obiezioni del centrosinistra alla Legge Fondamentale di Netanyahu non sono che la misura è immorale o antidemocratica nel negare agli 1,7 milioni di palestinesi di Israele diritti uguali a quelli dei cittadini ebrei, bensì piuttosto che essa è “non necessaria”, “superflua” o “ingiustificata”.

A chi appartiene Israele?

Nel 2014, quando fu presentata al parlamento una bozza della legge, l’allora leader dell’Unione Sionista, Isaac Herzog, osservò: “Solo un primo ministro privo di fiducia in sé stesso, senza una visione e un piano, ha bisogno di leggi che trattino dell’ovvio, che non miglioreranno la vita di nessun cittadino israeliano”.

Analogamente il giornale liberale di Israele, Haaretz, ha definito la legge “del tutto ridondante”. Abraham Foxman, da capo del gruppo lobbistico israeliano con sede a New York, Anti-Defamation League, l’ha etichettata “benintenzionata ma non necessaria”.

In altri termini i successori ideologici della generazione fondatrice di Israele rifiutano la legge non perché modificherà fondamentalmente il carattere di Israele, bensì perché rischia di trascinare il suo più sgradevole segreto – ben celato per quasi sette decenni – alla luce chiara del sole.

Temono che l’estrema destra israeliana mostrerà la posizione di Israele codificando chiaramente il suo status di stato appartenente agli ebrei di tutto il mondo e privilegiante gli stessi, anziché i propri cittadini, che comprendono una vasta percentuale di palestinesi.

Una legge per gli ebrei, un’altra per gli arabi

Per capire perché c’è tanto in gioco per il centrosinistra di oggi è importante comprendere come i fondatori di Israele nascosero deliberatamente le strutture legali e amministrative di tipo apartheid da loro create.

La Dichiarazione d’Indipendenza di Israele, pubblicato all’atto della fondazione dello stato nel maggio del 1948, fu in effetti un sofisticato esercizio di propaganda. Notoriamente prometteva di “garantire completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i propri abitanti, indipendentemente da religione, razza o sesso”.

Ma, ha affermato Zeidan, per molti decenni Israele ha evitato di onorare il principio di uguaglianza in tutte le sue Leggi Fondamentali. Ha invece inserito la disuguaglianza a un livello fondamentale, nella legge israeliana sulla cittadinanza.

Ciò che è più notevole è che Israele ha due leggi sulla cittadinanza. Esse conferiscono diritti diversi in base a se un cittadino è ebreo o no. Negli Stati Uniti a metà degli anni ’50, nel mezzo della lotta per i diritti civili, la Corte Suprema sentenziò in una decisione epocale che “separato e intrinsecamente disuguale”, e così si è dimostrato anche in Israele.

La Legge del Ritorno di Israele del 1950 ha aperto la porta a tutti gli ebrei del mondo, consentendo un’immigrazione ebrea di massa. Qualsiasi ebreo che arrivasse in Israele poteva istantaneamente ricevere la cittadinanza, come hanno fatto molte centinaia di migliaia di ebrei durante i successivi sette decenni.

Perpetua maggioranza ebrea

Ma Israele voleva l’esito esattamente opposto per i palestinesi. Risultato? Ha creato una legge separata, la Legge sulla Cittadinanza del 1952, per i non ebrei. Il suo scopo principale è consistito nello spogliare del diritto al ritorno i 750.000 palestinesi espulsi da Israele quattro anni prima, nel corso della Nakba, il termine arabo per “catastrofe”.

A più lungo termine, comunque, la Legge sulla Cittadinanza era disegnata per garantire una vasta maggioranza ebrea perpetua bloccando l’accesso alla cittadinanza ai non ebrei.

Oggi c’è solo una via mediante la quale i non ebrei possono ottenere la cittadinanza in Israele: attraverso il matrimonio con una persona di cittadinanza israeliana. Questa eccezione è consentita perché solo poche dozzine di non ebrei vi hanno titolo ogni anno, in tal modo non rappresentando alcuna minaccia per l’ebraicità di Israele.

Sotto attacco legale, Israele ha approvato una modifica della Legge sulla Cittadinanza nel 2003 per garantire che la vasta maggioranza dei palestinesi dei territori occupati e degli arabi di molti stati confinanti non potesse acquisire titolo alla residenza o alla cittadinanza israeliana in base alla norma sul matrimonio.

La Legge del Ritorno e la Legge sulla Cittadinanza sono due delle quasi settanta leggi israeliane – il numero sta aumentando – che discriminano esplicitamente in base al fatto che un cittadino sia ebreo o palestinese. Un gruppo legale, Adalah, che rappresenta i cittadini palestinesi di Israele, ha compilato un archivio di tali misure.

Razzismo legittimato dallo stato

Ma la Legge Fondamentale di Netanyahu minaccia di rivelare il significato più profondo di questa duplice struttura della cittadinanza.

Gli 1,7 milioni di cittadini palestinesi, ha osservato Zeidan, sono discriminati in un modo che va oltre quello praticato contro minoranze in stati democratici, cioè mediante decisioni arbitrarie, informali o non regolate di funzionati e di organi dello stato. In tali democrazie i dirigenti solitamente violano la legge quando discriminano gruppi di minoranza.

Ma in Israele, ha indicato Zeidan, “i dirigenti spesso violano la legge se non discriminano. Discriminare è il loro compito”.

Questo razzismo legittimato dallo stato è realizzato creando “nazionalità” separate dalla cittadinanza. Le principali nazionalità in Israele sono “ebrea” e “araba”. Lo stato si è rifiutato di riconoscere una “nazionalità israeliana”, una posizione appoggiata dalla Corte Suprema di Israele, precisamente per legittimare una gerarchia di diritti.

I diritti individuali sono goduti da tutti i cittadini in virtù della loro cittadinanza, che si tratti di ebrei o di palestinesi. A questo riguardo Israele appare una democrazia liberale. Ma Israele riconosce anche “diritti nazionali” e li riserva quasi esclusivamente alla popolazione ebrea.

I diritti nazionali sono trattati come superiori ai diritti individuali derivanti dalla cittadinanza. Dunque se c’è un conflitto tra i due, il diritto nazionale ebreo riceverà invariabilmente priorità da parte dei dirigenti e dei tribunali.

I diritti nazionali surclassano la cittadinanza

Come opera questa gerarchia di diritti è chiaramente illustrato dalla struttura della cittadinanza israeliana. La Legge del Ritorno stabilisce un diritto nazionale di tutti gli ebrei di ottenere la cittadinanza istantanea, così come molti altri diritti che derivano dalla cittadinanza.

La Legge sulla Cittadinanza, d’altro canto, crea solo un diritto individuale di cittadinanza per i non ebrei. La minoranza palestinese di Israele può trasferire la propria cittadinanza “in basso” alla progenie ma non può essere estesa “all’esterno”, come può un ebreo, a membri della famiglia estesa, in questo caso ai milioni di palestinesi che furono resi profughi da Israele nel 1948 e ai loro discendenti.

Questo privilegiare i diritti nazionali ebrei è ugualmente chiaro nel modo in cui Israele tratta le sue più preziose risorse materiali: terra e acqua.

Lo sfruttamento commerciale di queste risorse chiave è trattato in effetti come un diritto nazionale, riservato ai soli ebrei. In pratica, ha notato Sawsan Zaher, un avvocato di Adalah, l’accesso a queste risorse è limitato agli ebrei attraverso centinaia di comunità rurali in tutto Israele, compresa la più nota: il kibbutz.

Queste comunità rurali sono i luoghi nei quali Israele ha reso disponibili vaste fasce di terreni e offre acqua sussidiata. In conseguenza quasi tutta l’agricoltura commerciale e gran parte dell’industria sono situate in queste comunità.

Gli arabi “socialmente inadatti”

Ma queste risorse possono essere sfruttate solo dalla popolazione ebrea perché ciascuna comunità è governata da un Comitato di Ammissione che blocca l’ingresso dei cittadini palestinesi di Israele ai luoghi per i quali sono “socialmente inadatti”.

“I comitati amministrano l’ingresso a 550 comunità in Israele, garantendo che le risorse che controllano siano disponibili solo alla popolazione ebrea”, ha dichiarato Zaher a MEE. “Questi comitati sono un anello della catena delle politiche razziste, segregazioniste e di esclusione da parte dello stato nei confronti dei cittadini palestinesi”.

Lo scopo principale di queste comunità rurali consiste nel far valere la “nazionalizzazione” israeliana del 93 per cento del suo territorio. La terra è “nazionalizzata” non a favore dei cittadini israeliani – poiché non è riconosciuta nessuna nazionalità israeliana – bensì a favore della nazione ebrea globale.

Contemporaneamente il quinto della popolazione che è costituito da palestinesi è confinato in meno del tre per cento del territorio israeliano, dopo che la maggior parte delle sue terre è stata confiscata ed è oggi detenuta fiduciariamente per conto degli ebrei di tutto il mondo.

Nessuna nuova comunità palestinese è stata costruita dopo la fondazione di Israele settant’anni fa, mentre dozzine di villaggi palestinesi sono stati “non riconosciuti” da una Legge sulla Pianificazione e l’Edilizia del 1965. I 120.000 abitanti di tali villaggi, criminalizzati da questa legge sulla pianificazione, non possono costruire legalmente una casa e sono loro negati i servizi pubblici.

“Padroni di casa” di Israele

Osservatori affermano che la Legge Fondamentale di Netanyahu rischia di far esplodere un mito su Israele che dura da sette decenni: che si tratta di una democrazia liberale nella quale cittadini israeliani, sia ebrei sia palestinesi, godono di diritti uguali.

La somma della Legge del Ritorno, che dà a tutti gli ebrei del mondo titolo all’istantanea cittadinanza israeliana, con le leggi fondiarie di Israele, che riservano la proprietà ultima agli ebrei come nazione globale, ha svuotato la cittadinanza del suo significato condiviso.

Invece, secondo la struttura legale esistente di Israele, lo stato appartiene collettivamente agli ebrei di tutto il mondo, piuttosto che alla cittadinanza del paese. Lo stato ebraico è “di proprietà” dell’ebraismo mondiale, anche se molti singoli ebrei non hanno concretizzato la loro cittadinanza venendo a vivere in Israele.

Come hanno indicato studiosi israeliani, Israele dovrebbe essere classificato non come una democrazia liberale bensì come uno stato fondamentalmente non democratico chiamato etnocrazia.

Ariel Sharon, un famoso generale e in seguito primo ministro, descrisse una volta l’ebraismo mondiale come “i padroni di casa” di Israele. Ciò lascia i cittadini palestinesi, un quinto della popolazione, nella condizione di poco più che stranieri residenti o lavoratori ospiti temporanei, su permesso fintanto che non minacciano l’ebraicità dello stato.

Il vero pericolo della Legge Fondamentale

Il moderno centrosinistra di Israele, erede di Ben Gurion, teme giustamente che Netanyahu e l’estrema destra stiano per dichiarare pubblicamente il più sporco segreto di Israele. La loro Legge Fondamentale ridurrà un sistema complesso e opaco di leggi e prassi a una Legge Fondamentale semplice e facilmente comprensibile che può evocare paragoni con il Sudafrica dell’era dell’apartheid.

O, come ha osservato Zaher, se la Legge Fondamentale di Netanyahu sarà approvata, essa trasmetterà “ai cittadini palestinesi di Israele il messaggio politico chiaro e pericoloso che non sono desiderati, che non sono cittadini uguali e che, di fatto, lo stato non è loro”.

L’estrema destra di oggi si cura dell’opinione mondiale molto meno dei fondatori di Israele. Nel loro fanatismo vogliono sradicare le ultime resistenze nella dirigenza liberale ebrea – quale la Corte Suprema, la società civile e parte dei media – in modo da poter far progredire il suo genere più aggressivo di sionismo, lanciare una nuova ondata di leggi antidemocratiche e intensificare il progetto d’insediamento.

Il vero pericolo della Legge Fondamentale di Netanyahu non è che cambierà quello che Israele è, ha avvertito Zeidan. “Quello che fa, invece, è mettere a disposizione una piattaforma più solida per quello che l’estrema destra intende far venire dopo”.


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/netanyahu-exposing-israels-secret/

 

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