Fonte: http://blog.ilgiornale.it https://comedonchisciotte.org/ 10 maggio 2017
Soros: l’ebreo che odia Israele di Giampaolo Rossi
COMPLOTTISMO CARICATURALE Per la pubblicistica complottista George Soros è l’espressione di una sovrastruttura mistica identificata con un presunto progetto di conquista del mondo; la versione moderna del famoso complotto “pluto-giudaico” con cui il ‘900 giustificò l’antisemitismo. Lui, ebreo ungherese fuggito alla persecuzione nazista e uomo della grande finanza, rappresenta l’archetipo perfetto del cospiratore al soldo di Sion. Di questa pubblicistica caricaturale si serve il sistema di potere mediatico, che Soros finanzia abbondantemente, per delegittimare chiunque provi a dimostrare la reale pericolosità del personaggio e di quella finanza apolide a cui lui appartiene e che non ha scrupoli a realizzare rivoluzioni colorate, colpi di Stato democratici, a devastare nazioni e governi legittimi. Peccato che lui di sionista non abbia nulla, anzi: George Soros è uno dei principali nemici dello Stato di Israele. E proprio la sua ostilità verso Israele conferma quanto Soros sia pericoloso per chiunque crede in un ordine internazionale basato sulle sovranità dei popoli e non sul potere mondialista. Vediamo perché:
SOROS CONTRO ISRAELE George Soros finanzia, da anni, movimenti e associazioni palestinesi ed ebraiche anti-israeliane. Tra le migliaia di mail della Open Society, hackerate un anno fa e rese disponibili on line su DcLeaks, trapela la strategia che il finanziere ebreo-ungherese attua contro lo stato d’Israele e le sue politiche ritenute “discriminatorie e razziste”. L’ARO (Arab Regionale Office) è la struttura interna dell’Open Society, con sede in Giordania, che si occupa di finanziare le Ong medio orientali, le Istituzioni di ricerca e i media della regione che rispondono ai disegni politici di Soros. Secondo i documenti emersi, per un decennio la quasi totalità del portafoglio mediorientale della Open Society si è riversato sulla causa palestinese con oltre 9 milioni di dollari andati a finanziare le organizzazioni che si oppongono alla politica di Tel Aviv. L’accelerazione di Soros avviene nel 2009 con l’elezione di Obama di cui Soros, ricordiamolo, fu il principale finanziatore. Come è scritto in un “Memorandum interno” della Open Society: “un nuovo clima politico” si è aperto a Washington visto che la lobby filo-israeliana “ha perso credibilità, essendo strettamente associata alle politiche dell’amministrazione Bush in Medio Oriente”; al contrario, continua il Memorandum, “l’amministrazione Obama si distanzia da questa politica screditata e apre possibili spazi di critica alle politiche israeliane”. La strategia s’indirizza così su tre campi d’azione: 1) contrastare l’occupazione israeliana e combattere “le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale associati a questa”. 2) promuovere “politiche anti-discriminatorie a favore dei cittadini palestinesi di Israele” 3) promuovere “la società aperta e la pratica democratica nei Territori Palestinesi Occupati” Da quel momento s’intensifica il finanziamento da parte di Soros ad organizzazioni palestinesi o israeliane apertamente anti-sioniste. Alcune già finanziate da molti anni come Adalah (il Centro Legale per i Diritti della Minoranza Araba in Israele) che ha ricevuto dal 2001 oltre 2,5 milioni di dollari; Ong importante perché promosse la causa di condanna di Israele per crimini di guerra chiedendo ai governi di interrompere le relazioni internazionali con lo Stato ebraico. Tra le organizzazioni con maggiori finanziamenti anche I’lam (Media Center for Arab Palestinians in Israel), una rete di media indipendenti palestinesi che dal 2003 ha ricevuto oltre 1 milione di dollari dall’Open Society. Complessivamente sono decine le Ong anti-israeliane che hanno ricevuto (e ricevono) finanziamenti da Soros: alcune francamente imbarazzanti come Breaking the Silence un’associazione di ex veterani dell’esercito di Gerusalemme che organizza tour in Europa e Usa per denunciare i crimini di guerra delle Forze Armate israeliane; o Wattan, una delle principali reti televisive arabo-palestinesi, tuttora sponsorizzata con enfasi dall’Open Society come strumento di supporto della crescita civile e democratica in Palestina ma che non disdegna di ospitare contenuti apertamente anti-semiti e negazionisti. È superfluo notare come all’attenzione di Soros contro Israele (nel bene e nel male, unica democrazia del Medio Oriente) non corrisponda una altrettanto intenso impegno umanitario contro Hamas o contro la violazione dei diritti umani che si svolge nei territori palestinesi. SOCIETÀ APERTA MA NELL’OMBRA È interessante notare la strategia adottata: nei documenti si specifica che “per ridurre i rischi potenziali associati ad un possibile collegamento di queste operazioni con l’Open Society occorre” tra le altre cose “mantenere un basso profilo pubblico per quanto riguarda la sponsorizzazione della Open Society a queste iniziative”. Si, avete capito bene; coloro che predicano la Società Aperta, che pretendono la trasparenza nell’operato dei Governi, sono i primi a muoversi nell’ombra, a operare di nascosto per non farsi vedere. Piccola contraddizione umanitarista.
NEMICO DI OGNI NAZIONE Caroline Glick è un’influente analista ebrea americana e un’attiva intellettuale sionista. Sul Jerusalem Post ha denunciato la “natura megalomane del progetto filantropico di Soros” il cui obiettivo è “sovvertire le democrazie occidentali e rendere impossibile per i governi mantenere l’ordine o per le società mantenere la propria identità e i propri valori unici”. Non solo ma ha aggiunto, che Soros, con le sue Ong, alimenta l’immigrazione clandestina in Europa e in Usa “per minare l’identità nazionale e la composizione demografica delle democrazie occidentali” con lo scopo di “indurre il caos”. In fondo, l’intellettuale sionista non pensa cose molto diverse da quelle che abbiamo scritto noi sullo Shelob del Nuovo Ordine Mondiale e sul suo schema di immigrazione indotta. Tutti complottisti? La realtà è che per Soros, Israele è un nemico al pari della Russia di Putin, dell’America di Trump o dell’Ungheria di Orbán. Per lui il problema non è chi governa una nazione ma ogni nazione in quanto tale: ogni realtà storica che voglia difendere la propria sovranità e il proprio diritto ad esistere. Soros è nemico di ogni popolo che rivendichi la propria identità culturale e la propria specificità. Per Soros ogni sovranità nazionale è un ostacolo alla realizzazione della mitica Società Aperta (Open Society) che incarna il sogno globalista di un governo mondiale. Non c’è nessuno complotto dietro ma solo un lineare e limpido disegno di egemonia. Per Soros i popoli non esistono; esiste l’uomo globale, cittadino del mondo, apolide, senza radici, possibilmente senza memoria storica, senza confini; il suo uomo ha la stessa natura del suo denaro. Soros, il senza patria che deve la sua ricchezza solo alla speculazione, vuole imporre a tutto il mondo il suo stesso tragico destino di immigrato ed esule: in questa maniera culture, identità e memorie sono solo casualità della storia da eliminare per garantire il governo delle élite. Ecco perché Soros è un pericolo per ogni nazione che vuole difendere la propria sovranità: che si chiami Israele, Russia… o Italia.
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