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Feb 21, 2017

 

Il nuovo asse Israele-Arabia Saudita appoggiato da Trump seguirà il vecchio copione di guerre e caos?

di  Luciano Lago

 

A Monaco la scorsa settimana, nel corso della Conferenza sulla Sicurezza, si è ufficializzata la formazione di un nuovo asse di alleanza in Medio Oriente tra l’Arabia Saudita ed Israele in funzione anti iraniana, segnalando un crescente  allineamento degli interessi fra questi due paesi, mentre l’Amministrazione USA ha promesso di varare nuove sanzioni contro l’Iran e di contrastarne la crescente influenza della potenza sciita nella regione.

Il ministro degli Esteri saudita, dopo aver sciorinato il suo elenco di accuse, ha richiesto che l’Iran venga sanzionato per il suo appoggio fornito alla resistenza della Siria contro l’aggressione USA-Saudita, per il suo programma di sviluppo di missili balistici a medio raggio e per aver sostenuto  la resistenza delle forze yemenite all’aggressione dell’Arabia Saudita e degli USA contro il picolo paese arabo.

 

Le sanzioni contro l’Iran erano state ufficialmente tolte da circa un anno a seguito dell’accordo sul nucleare dei 5+1 patrocinato dalle potenze mondiali ma i senatori repubblicani neo-cons hanno dichiarato che avrebbero fatto pressioni per nuove misure punitive contro l’Iran per la questione dei missili e per le sue attività volte a “destabilizzare il Medio Oriente”.

Il ministro degli esteri saudita, Abel al-Jubeir,  è arrivato a dichiarare che “Teheran è il principale patrocinatore del terrorismo globale ed una forza destabilizzatrice in Medio Oriente”.

Il ministro israeliano della Difesa, Avidor Lieberman, ha sostenuto nella conferenza che Teheran  ha come suo obiettivo finale quello di affossare l’Arabia Saudita ed ha richiesto una alleanza di tutti i paesi sunniti (le Monarchie del Golfo) “per sconfiggere gli elementi radicali nella regione”.  In pratica un sostegno al progetto di creare una NATO dei paesi sunniti in funzione anti iraniana.

Con queste affermazioni Israele ha sancito ufficialmente la sua alleanza, la comunanza di interessi  e la stretta collaborazione con  l’Arabia Saudita contro  una presunta azione destabilizzatrice dell’Iran nella regione.

Questo fatto costituisce una svolta, per quanto fosse un fatto noto  che già da anni che  Israele aveva instaurato una stretta cooperazione militare con la Monarchia saudita, in particolare per fornire appoggio logistico e militare nelle operazioni conntro lo Yemen, che Riyad ha intrapreso da circa due anni e per l’appoggio sostanziale fornito da Israele ai gruppi jihadisti filo sauditi che combattono in Siria per rovesciare il Governo di Bashar al-Assad. attualmente l’Arabia Saudita pianifica di integrare sempre di più Israele nel suo dispositivo di difesa e questa evoluzione era stata preparata per tempo dai servizi di intelligence ed in particolare da   da Yossi Cohen, divenuto nuovo capo del Mossad.

Le dichiarazioni fatte dai due ministri dei rispettivi paesi, Arabia Saudita ed Israele, sanciscono questo nuovo asse costituitosi in Medio Oriente che cerca alleanze con gli altri paesi, primi fra tutti il Qatar, l’Oman,  gli Emirati Arabi, il Kuwait, la Giordania.

Evidente che il ministro israeliano Lieberman si sente le spalle coperte dalle assicurazioni fornite dalla Presidenza Trump circa il completo appoggio nelle politiche di espansione di Israele a spese dei palestinesi e nelle azioni contro l’Iran che viene visto come una “minaccia esistenziale” da parte del governo di Tel Aviv.

Facile pensare che l’argomento Iran sia stato anche al centro dei colloqui fra Trump e Netanyahu, nel primo incontro avutosi fra i due premier a Washington e che, nelle strategie di USA ed Israele ci sia al primo posto la questione di come neutralizzare la crescente presenza di forze filo iraniane e sciite in Siria, nel Libano (Hezbollah) ed in Iraq, dove la popolazione sciita è maggioranza nel paese.

La presenza di queste forze ed il potenziamento di Hezbollah in Libano, preoccupa notevolmente Israele che vede fallito il suo piano di ottenere il rovesciamento del Governo di Damasco e lo smembramento del paese. L’incubo di Israele è quello di avere adesso le forze iraniane direttamente ai suoi confini.

Per impressionare l’opinione pubblica occidentale, la propaganda di Israele definisce l’Iran come “il principale stato patrocinatore del terrorismo”, capovolgendo la realtà dove nei fatti risulta chiaro a tutti che l’Arabia  Saudita è la principale potenza ispiratrice dell’ideologia wahabita/salafita professata dai gruppi terroristi come al Nusra e l’ISIS che hanno devastato la regione, nascondendo il ruolo evidente dell’Arabia Saudita (e del Qatar) nel finanziamento e nella fornitura di armi a questi gruppi terroristi.

Rijad ha sempre perseguito  l’obiettivo (al momento fallito )  di creare un califfato islamico in Siria. Obiettivo sostenuto  anche dalle strategie dell’Amministrazione Obama in Medio Oriente, come risulta da una quantità di prove, docuumenti, testimonianze e dichiarazioni degli stessi esponenti dell’establishment USA.

Contro questo progetto si è frapposta la Russia con l’ intervento diretto delle sue forze aeree, avvenuto nel Settembre del 2015, a supporto dell’esercito siriano e del governo di al-Assad e che ha mandato all’aria i piani sia dell’amministrazione Obama, sia dei Saud.

Attualmente l’Amministrazione Trump sta prendendo tempo in attesa di decidere, sulla base delle valutazioni che i suoi strateghi del Pentagono stanno preparando, per un possibile intervento di forze di terra USA in Siria. Tuttavia sembra chiaro che il tentativo di Trump sarà quello di rompere l’alleanza strategica Russia-Iran e questo sarà l’obiettivo dei prossimi colloqui previsti tra Trump ed il presidente Vlady Putin.

A giudizio di tutti gli analisti, sarà comunque molto difficile che la Russia possa decidere di rompere quella che, a tutti gli effetti, è una alleanza strategica ed una cooperazione che sta diventando sempre più stretta fra i due paesi e d’altra parte non si vede cosa possa offrire Trump a Putin in cambio di sacrificare tale alleanza: la Crimea Putin già la ha integrata nel suo territorio ed ha fatto capire che non è negoziabile, in Medio Oriente la Russia ha conquistato una posizione di forza ed altri grandi paesi, come Egitto ed Iraq, tendono ad aggregarsi all’alleanza Russia-Iran-Siria. Le sanzioni non hanno avuto quegli effetti dirompenti sull’economia russa che Washington e Riyad speravano.

Piuttosto i danni maggiori  sono stati procurati alle economie di molti paesi europei ed in questi paesi esiste un forte fermento per un cambiamento nelle politiche verso la Russia. Se Trump riuscirà resistere alle pressioni dell’ala neocons al suo interno e riuscirà a prendere le distanze dal “cane pazzo” Natanyahu che vuole guerra e più guerra contro tutti i suoi nemici (Iran, Siria, ed Hezbollah), allora i rapporti tra Washington e Mosca saranno ad una svolta e si potranno stabilizzare le situazioni  nell’area medio orientale. Al momento, fra le lotte interne negli USA, fra le pressioni di Tel Aviv e di Riyad sul loro alleato USA, regna una grande confusione mentre dall’altra sponda Vlady Putin guarda impassibile i movimenti confusi e contraddittori dei suoi antagonisti occidentali.

pubblicato anche su nena-news.it

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22 febbraio 2017

 

Netanyahu: “Non abbiamo bisogno di creare un’alleanza con i sauditi contro l’Iran, esiste già”

di Stefano Mauro

 

Sono numerosi e preoccupanti i particolari emersi dopo il summit di Washington tra il primo ministro israeliano Netanyahu ed il neo presidente americano Donald Trump. La notizia più eclatante e maggiormente discussa è, ovviamente, quella legata alla questione palestinese e, forse, al definitivo tramonto degli Accordi di Oslo e della risoluzione dei Due Stati. La probabile sorte del popolo palestinese potrebbe essere legata, infatti, non tanto alla creazione di un unico stato “democratico, laico e multiconfessionale” come  sostenuto da alcuni partiti palestinesi di sinistra come il Fronte Popolare Liberazione Palestina (FPLP), ma purtroppo da uno stato esplicitamente razzista perché “unico ed ebraico” come dichiarato dall’esponente di estrema destra del governo di Tel Aviv, Naftali Bennet, leader del partito “Focolare Ebraico”.

Altrettanto inquietanti per il futuro della regione mediorientale, però, sono stati gli altri argomenti discussi durante il summit. Secondo la stampa araba, infatti, l’obiettivo principale dell’incontro sarebbe stato quello relativo all’Iran ed alla sua crescente egemonia nella regione, preoccupazione condivisa da entrambe le amministrazioni. Dopo anni di frustrazioni ed incomprensioni con il predecessore di Trump, quel Barack Obama, principale artefice dell’accordo sul nucleare di Vienna dei 5+1 (USA, Regno Unito, Francia, Cina, Russia e Germania) con Teheran, il primo ministro israeliano ha trovato un interlocutore che lo ascolta e, soprattutto, lo sostiene.

La strategia concordata sarebbe quella relativa ad “arginare in qualsiasi maniera“ la repubblica islamica iraniana ed i suoi principali alleati nella regione: Hezbollah.

Sono diversi mesi, infatti, che l’esercito di Tel Aviv si sta muovendo in maniera abbastanza disinvolta e provocatoria lungo il confine con Siria e Libano, attraverso sconfinamenti e bombardamenti lungo le alture del Golan.

Il primo ministro israeliano ha dichiarato alla stampa di aver richiesto a Trump di “riconoscere la definitiva sovranità dello stato ebraico sulle alture del Golan – occupate illegalmente dal 1967 – per questioni difensive e strategiche nell’area”. In effetti la notizia relativa alla volontà di Tel Aviv di annettersi illegalmente parte di quel territorio circola da diversi mesi, anche per vie ufficiali, nonostante la condanna dell’ONU e la Risoluzione 497 che indica come “nulla e priva di ogni rilevanza giuridica internazionale” l’annessione israeliana. Oltre a ciò c’è da aggiungere il sostegno militare e logistico dello stato sionista ai gruppi jihadisti nella zona di Dera’a, principalmente Daesh e Al Nusra, lungo il confine siro-libanese per la creazione di una zona “cuscinetto” da possibili attacchi o incursioni  di Hezbollah o dell’esercito di Damasco. Resta, comunque, da vedere quale sarà la risposta dell’amministrazione americana, visto che una presa di posizione simile, rischierebbe di unire ancora di più la comunità internazionale e l’ONU contro gli USA.

Trova ulteriori e concrete conferme, invece, la solida alleanza tra lo stato israeliano e l’Arabia Saudita. Interrogato dalla stampa americana circa i “ saldi rapporti di collaborazione tra Israele e alcuni paesi arabi”, la risposta del primo ministro è stata inequivocabile. In un’intervista sul programma “60 minuti”, dell’americana CBS News, Netanyahu ha ribadito “tutto quello che posso dire è che la situazione di Israele è cambiata nel mondo arabo……gli arabi e l’Arabia Saudita, in particolare, non ci considerano più come nemici, ma come degli alleati nella loro lotta contro l’Iran nella regione…..grazie a questa alleanza abbiamo raggiunto un ottimo livello di cooperazione economica e militare”.

La stampa araba, infatti, riprende notizie circa  la creazione di una base militare americana, in territorio saudita, con stanziamento  anche di  truppe israeliane per quanto riguarda il livello di cooperazione militare. A livello diplomatico ci sarebbe, invece, l’avvio di relazioni ufficiali con la prossima apertura dell’ambasciata saudita in Israele o le voci, riferite da Al Manar, di un futuro invito da parte di Netanyahu del re saudita Salman a Tel Aviv.

Un invito che sancirebbe una certezza fondata, ormai con l’avallo ufficiale  anche di Washington: l’alleanza strategica tra Tel Aviv e Ryadh. Una convergenza che rischia, però, di compromettere  e far esplodere tutta la regione mediorientale.

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